- La sostenibilità del debito pubblico italiano sarà influenzata anche dalla sorte dei nostri titoli detenuti dal Sistema europeo delle banche centrali (Sebc) a seguito del quantitative easing e degli acquisti per la crisi Covid.
- Un possibile passaggio dei titoli al fondo salva stati libererebbe la gestione della politica monetaria della Bce dall’esigenza di non destabilizzare il debito pubblico dei paesi più indebitati.
- La sottrazione permanente dai mercati di circa un terzo del debito pubblico dei paesi dell’eurozona darebbe stabilità a quei mercati, consolidando la fiducia degli investitori.
La sostenibilità del debito pubblico italiano sarà influenzata anche dalla sorte dei nostri titoli detenuti dal Sistema europeo delle banche centrali (Sebc) a seguito del quantitative easing e degli acquisti per la crisi Covid. Questi titoli ammontano a circa 700 miliardi di euro, quasi 28 per cento del totale del nostro debito e più del 17 per cento del totale del debito pubblico detenuto dal Sebc.
Un totale che ha raggiunto circa il 30 per cento del Pil dell’eurozona e di tutto il suo debito pubblico. Gli acquisti continueranno l’anno prossimo, seppure a un ritmo più ridotto; anche quando si fermeranno, l’ipotesi è che il Sebc continuerà per qualche tempo a rinnovarli, per smussare la restrizione monetaria che deriverebbe dal loro rimborso.
In futuro
Si può però chiedersi se sarà consentito alla Bce continuare a detenere quei titoli per sempre, o se dovrà gradualmente liberarsene, quando verranno meno le ragioni dello stimolo monetario che ne avevano giustificato l’acquisto.
La nostra lettura del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articoli 123 e 125) e della giurisprudenza della Corte europea di giustizia è che il Sebc di quei titoli dovrà trovare il modo di disfarsi, altrimenti la sua azione contrasterebbe col Trattato perché consisterebbe in politica fiscale.
Il problema potrebbe essere affrontato cedendo quei titoli a un’altra istituzione pubblica dell’eurozona, il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il cosiddetto Fondo salva stati. Tra l’altro il Mes è in cerca di una missione, dopo che quella di strumento di finanziamento dei paesi in difficoltà è stato reso incerto dal desiderio dei governi di evitare lo “stigma” che deriverebbe dall’esserne assistiti.
Il Mes acquisirebbe i titoli dal Sebc con un programma pluriennale di acquisti mensili, con fondi raccolti sul mercato emettendo eurobonds da rinnovare poi a tempo indeterminato; diventerebbe così un’agenzia del debito pubblico dell’eurozona.
L’operazione è giuridicamente e tecnicamente possibile, come spiega nel dettaglio uno degli autori di questo articolo in un Ceps Policy Insight (n.17 del Novembre 2021). Gli interventi avverrebbero in base all’articolo 18 del Trattato Mes, che prevede la possibilità del Meccanismo di acquistare titoli dei paesi membri sul mercato secondario, al fine di salvaguardare la stabilità finanziaria dei singoli paesi e dell’eurozona nel suo complesso.
Il debito in mano al Mes
Ogni paese dell’eurozona dovrebbe rispettare criteri di eleggibilità, i quali per i paesi in regola con il patto di stabilità e crescita si limiterebbero a una lettera di intenti; solo per gli altri occorrerebbe un protocollo d’intesa con specifici impegni di politica economica monitorati dal Mes.
Gli eurobonds emessi dal Mes sarebbero garantiti dal suo capitale (oltre 700 miliardi) e, prima ancora, dalla buona qualità del suo attivo, diversificato fra i titoli del debito pubblico dei paesi dell’eurozona, molti dei quali estremamente sicuri e tutti con rischio trascurabile.
Basti pensare che persino nella ristrutturazione del debito della Grecia l’intero costo fu fatto ricadere sul paese, senza perdite per il Mes né per il fondo salva stati provvisorio che ne precedette la creazione. Le passività del Mes potrebbero dunque continuare a godere della tripla A e costituirebbero il “titolo sicuro” dell’eurozona che le autorità monetarie, le banche e gli esperti invocano da anni.
Il passaggio dei titoli al Mes libererebbe la gestione della politica monetaria della Bce dall’esigenza di non destabilizzare il debito pubblico dei paesi più indebitati. Infatti, acquisti e vendite della Bce avverrebbero prevalentemente sul mercato dei titoli emessi dal Mes.
Il quale avrebbe inoltre nuove funzioni di gestore del debito pubblico dell’eurozona e potrebbe liberamente compensare con nuovi acquisti parte dell’impatto di aumenti dei tassi d’interesse sui mercati dei Paesi ad alto debito come il nostro. Ai paesi debitori il Mes non rimborserebbe più gli interessi percepiti sui titoli detenuti, come ora fa la Bce pagando ai governi i suoi dividendi. L’onere aggiuntivo sarebbe però limitato e chiarirebbe opportunamente la natura onerosa del finanziamento a debito.
La sottrazione permanente dai mercati di circa un terzo del debito pubblico dei paesi dell’eurozona darebbe stabilità a quei mercati, consolidando la fiducia degli investitori. Trattandosi di titoli inclusi in un’operazione di solidarietà comunitaria, potrebbe ridursi nella stessa misura anche il debito contabilizzato dal patto di stabilità e crescita, facilitando la convergenza dei paesi ai rapporti di indebitamento cui mira il patto.
Le passività del Mes potrebbero diventare uno strumento di riserva internazionale, promovendo il ruolo dell’euro come strumento di pagamento globale, di gestione della liquidità dei grandi intermediari e di accumulazione di ricchezza. L’area dell’euro condividerebbe col dollaro maggiori benefici di “signoraggio” internazionale.
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