Affinata l’offerta per le Autostrade con altri 200 milioni di remunerazione di capitale. Oltre a 300 milioni di aiuti Covid. Oggi il consiglio di amministrazione di Atlantia dovrà farà una valutazione, prima che si esprima l’assemblea. Sul fronte della rete, Cdp ha trovato l’accordo con Macquarie sulla governance di Open Fiber. Secondo gli analisti è un passo verso la rete unica, su cui il governo ancora non ha fatto chiarezza.
- Affinata l’offerta per le Autostrade con altri 200 milioni di remunerazione di capitale. Oltre a 300 milioni di aiuti Covid. Oggi il consiglio di amministrazione di Atlantia dovrà farà una valutazione, prima che si esprima l’assemblea.
- Sul fronte della rete, Cdp ha trovato l’accordo con Macquarie sulla governance di Open Fiber.
- Secondo gli analisti è un passo verso la rete unica, su cui il governo ancora non ha fatto chiarezza.
Nello stesso giorno in cui il governo dava il via libera definitivo al Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Cassa depositi e prestiti di Fabrizio Palermo si accingeva a mettere ordine ai dossier più importanti delle infrastrutture italiane, di trasporto e digitali, cioè all’offerta per Aspi (Autostrade per l’Italia) dei Benetton e fondi azionisti che è stata affinata e per la presentazione dell’offerta del dieci per cento per Open Fiber alla Enel di Francesco Starace.
A Benetton e soci mezzo miliardo in più
Per ora i due dossier finiscono come ci si poteva attendere. L’»affinamento» dell’offerta per la quota di Aspi presentata dal consorzio formato dalla controllata di Cdp Equity, Blackstone e il fondo australiano Macquarie vale per Atlantia 200 milioni di euro in più di remunerazione di capitale, che dovrebbero sommarsi a 300 milioni di euro di aiuti Covid che sarebbero stati, secondo le indiscrezioni, un punto nei negoziati, seppure non dipendano da Cdp e debbano anche essere autorizzati dalle autorità di regolamentazione. In totale la faccenda dovrebbe risolversi con mezzo miliardo in più.
Il consiglio di amministrazione di Atlantia azionista di Aspi si riunirà questo pomeriggio per valutare l’offerta e poi sarà l’assemblea del 31 maggio a dare eventualmente l’ultimo disco verde.
Cdp e soci si impegnano ad acquistare fino al 100 per cento della società «in caso di esercizio del diritto di co-vendita da parte dei soci di minoranza».
Secondo il comunicato di Cdp, l’offerta ha lo scopo, tra le altre cose, a contribuire «alla realizzazione di un ingente piano di investimenti esteso all’intera rete autostradale di Aspi, con l’obiettivo di accelerare i programmi di manutenzione dell’infrastruttura, assicurando i più elevati standard di performance e sicurezza per gli utenti» e di stabilizzare la governance di «una infrastruttura chiave per l’Italia in un’ottica di lungo periodo». Il primo obiettivo condivisibile sulla carta, visto che che stiamo parlando di un concessionario statale, doveva e poteva essere garantito dalla convenzione che regola le concessioni, l’altro ci dice dunque che i nuovi soci sono pronti a restare a governare l’infrastruttura autostradale, che però in teoria sarebbe appunto è in concessione da parte dello stato.
Secondo dossier: il caso Open Fiber, società partecipata al 50 per cento da Cdp, tramite sempre Cdp Equity, e Enel. Dopo che l’onnipresente fondo australiano Macquarie ha presentato l’offerta al socio Enel per acquisire tra il 40 e il 50 per cento della società, Cdp aveva il margine per decidere se prendere il controllo della società e, nonostante la valutazione molto generosa di Macquarie su Open Fiber fosse un ostacolo, alla fine l’intesa è stata trovata. Le due società hanno infatti sottoscritto un accordo vincolante, che precede la due diligence, sulla governance. Il cda di OpenFiber ha espresso poche ore dopo il gradimento all’ingresso di Macquarie, un passaggio necessario ma di fatto una pura formalità.
Cdp, si legge nel comunicato, «si è impegnata ad apportare nuove risorse prima del closing, finalizzate a sostenere l’accelerazione del piano di sviluppo della rete infrastrutturale», che significa probabilmente un aumento di capitale.
L’aumento della quota di Cassa depositi e prestiti in Open Fiber era un tassello del progetto della rete unica voluto dal governo Conte due che puntava a creare una società unica della rete, AccessCo, che sarebbe dovuta nascere, sotto la regia di Cdp, dalla fusione tra FiberCop partecipata da Tim e OpenFiber e con Tim al 51 per cento.
Oggi dopo la notizia dell’accordo tra Macquarie e Cdp Equity su Open Fiber la borsa ha reagito premiando Tim, considerandolo un passo avanti verso quel progetto. Che tuttavia il governo non ha di Mario Draghi non ha ancora detto di voler sposare o abbandonare.
Scrive Equita: «Pensiamo che la notizia sia positiva per Tim perché, una volta sbloccato l'impasse su Oper Fiber, ci aspettiamo che Cdp ritorni sul dossier rete unica, sulla linea della lettera d'intenti siglata con Tim ad agosto, scrivono gli analisti di Equita.
Ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza non aiuta a chiarire le cose: punta a garantire la concorrenza con un sistema di gare per l’infrastruttura digitale aperto a tutte le tecnologie, fisse e mobili, ma elude la risposta sulla rete unica, attorno alla quale si è creato un nuovo groviglio: la presentazione della lista per il rinnovo del cda di Tim include anche il presidente di Cdp. L’unica certezza è che il closing dell’operazione tra Enel e Macquarie è fissato a giugno. E prima di allora ci sono da rinnovare i vertici di Cassa depositi e prestiti: secondo il calendario diffuso ieri l’assemblea ordinaria che dovrà esprimersi sulle nomine è convocata il 20 e il 27 maggio.
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