- La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è scesa, restando comunque al di sopra dei livelli del 2020, con 3.339 miliardi di euro (-3,3% sul 2021). Sulla ricchezza finanziaria delle famiglie ha pesato l’effetto negativo del calo dei mercati finanziari (-5,7% contro +2,8% del 2021) e il rallentamento dei flussi di risparmio (+2,4% contro +3,5% del 2021).
- Ma la buona notizia è che nel 2023 l’Aipb (l’Associazione italiana private banking) stima una ripresa della ricchezza delle famiglie del 2,8% a 3.433 miliardi pur «senza recuperare i livelli del 2021», che si erano attestati 3.452 miliardi di euro.
- Più nel dettaglio il presidente AIPB, Andrea Ragaini prevede che le masse gestite dall’associazione nel corso del 2023 aumenteranno da 994 a 1.047 miliardi di euro, con un incremento di 33 miliardi nella raccolta netta (+3,3%) e un effetto mercato positivo da 20 miliardi (+2%), «riportandosi sopra i livelli del 2021 e mostrando ancora una volta la capacità di recuperare velocemente le perdite subite in un anno eccezionalmente negativo».
Nel recente studio dell’Aipb, l’Associazione italiana del private banking, condotto in collaborazione con il centro studi Prometeia e presentato il 4 maggio scorso a Milano presso la sede milanese delle Generali a Citylife c’è un dato molto interessante che merita qualche riflessione: nel 2022 i mercati finanziari internazionali (annus horribilis avrebbe detto la regina Elisabetta) hanno mostrato «una volatilità elevata, con un aumento eccezionale dell’instabilità dei titoli di stato, più pronunciata rispetto a quello dei corsi azionari.
Gli indici azionari hanno registrato un trend al ribasso rispetto ai massimi storici del 2021, colpiti dall’inflazione elevata e dall’aumento dei tassi di interesse». Il rapporto prosegue così: «Anche le obbligazioni hanno mostrato andamenti negativi, al pari di quelli azionari, come non si era mai registrato negli ultimi 50 anni». E per dirla come in una telenovela brasiliana: anche i ricchi piangono.
Date queste premesse la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è scesa, restando comunque al di sopra dei livelli del 2020, con 3.339 miliardi di euro (-3,3 per cento sul 2021). Sulla ricchezza delle famiglie ha pesato l’effetto negativo dei mercati finanziari (-5,7 per cento contro +2,8% del 2021) e il rallentamento dei flussi di risparmio (+2,4 per cento contro +3,5 per cento del 2021), determinata dalla riduzione della propensione al risparmio scesa al 7,9 per cento rispetto al 13 per cento registrato nel 2021).
L’aspetto positivo è che nel 2023 l’Aipb stima una ripresa della ricchezza delle famiglie del 2,8 per cento a 3.433 miliardi pur «senza recuperare i livelli del 2021», che si erano attestati 3.452 miliardi.
Diversificare per ridurre i rischi
Ma che fare in questo contesto finanziario molto volatile che assomiglia sempre di più alle montagne russe? Le risposte sono articolate e necessitano di continui aggiustamenti in corso d’opera. In questo panorama il presidente dell’Aipb, Andrea Ragaini, ha ricordato, nella conferenza stampa tenuta il 4 maggio scorso dopo l’assemblea degli associati, che la regola d’oro del risparmiatore accorto è semplice, ma troppo spesso dimenticata: «Non mettere tutte le uova nello stesso paniere».
Più nel dettaglio Ragaini prevede che le masse gestite dall’associazione nel corso del 2023 aumenteranno da 994 a 1.047 miliardi di euro, con un incremento di 33 miliardi nella raccolta netta (+3,3 per cento) e un effetto mercato positivo da 20 miliardi (+2 per cento), «riportandosi sopra i livelli del 2021 e mostrando ancora una volta la capacità di recuperare velocemente le perdite subite in un anno eccezionalmente negativo», quale l’anno scorso.
Nel 2022 infatti la ricchezza gestita dal private banking era scesa del 4,1 per cento nonostante «una ripresa negli ultimi mesi dell’anno» che ha consentito «una chiusura migliore delle attese a 994 miliardi (949 la previsione di ottobre 2022)».
Il secondo messaggio lanciato da Ragaini ai risparmiatori del private banking ha riguardato una delle quattro tipologie in cui è suddivisa la clientela con più di 500mila euro: oltre ai “silent”, ai giovani della generazione X e a quella Z, c’è quella dei baby boomer, i nati dal 1954 al 1965, che ricordano l’inflazione a due cifre e i “bot people”, cioè l’investimento obbligazionario in titoli di stato a difesa dell’aumento vertiginoso dei prezzi che erode il potere d’acquisto.
Proprio da questa fascia di clientela torna prepotentemente alla ribalta la richiesta di aumentare la propria esposizione in titoli, fra bond governativi, societari e azioni, con un incremento del 12 per cento che supererà quello previsto per fondi comuni e gestioni di portafoglio (+5 per cento) e per i prodotti assicurativi (+3,9 per cento).
A spingere sui titoli singoli sarà soprattutto la richiesta di Btp, ha spiegato Ragaini. Dopo anni di rendimenti obbligazionari vicini allo zero a causa della politica monetaria espansiva del quantitative easing voluto dalla banche centrali soprattutto americana (Fed) ed europea (Bce) per combattere prima la mancanza di inflazione e poi gli effetti economici della pandemia Covid-19, torna l’interesse dei risparmiatori verso questo tipo di titoli nonostante gli avvisi contrari di banche d’investimento internazionali, da ultimo quello lanciato dal gigante americano Goldman Sachs che ha detto di preferire nel medio termine i bonos spagnoli ai Btp italiani. Ma tant’è. Una previsione, per quanto di una autorevole banca d’investimento, resta solo un’ipotesi da sottoporre alla verifica del mercato, giudizio ultimo e inappellabile di ogni predizione.
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