- Il numero uno della banca centrale tedesca, Nagel, si è opposto allo scudo anti spread nella riunione di emergenza della Bce di metà giugno.
- La rivelazione di Reuters è stata confermata dallo stesso Nagel all’Euro Finance summit di Francoforte dove si è il banchiere centrale si è dichiarato pubblicamente scettico sullo strumento anti frammentazione e ha anche bocciato l’estensione della sospensione del patto di stabilità.
- La Bundesbank torna a fare l’opposizione alla Bce e, dal punto di vista dell’Italia, nel momento peggiore.
Si torna alle vecchie abitudini a Francoforte. Secondo una ricostruzione della agenzia Reuters, il numero uno della banca centrale tedesca, Joachim Nagel, si è opposto allo scudo anti spread. Lo ha fatto nella riunione del direttivo della Banca centrale europea convocato d’urgenza il 15 giugno, dopo che il 14 lo spread tra i titoli decennali del debito italiano e quelli tedeschi aveva toccato quota 250 punti base e i rendimenti il rialzo maggiore dal 2013.
Allora la presidente Christine Lagarde, dopo appena una settimana dall’annuncio del rialzo dei tassi, aveva cercato di rassicurare i mercati con la riunione straordinaria. Da lì è nato l’annuncio di un nuovo strumento anti frammentazione che dovrebbe essere discusso nella prossima riunione del 21 luglio del consiglio direttivo della banca centrale.
L’opposizione di Nagel, rivelata da tre fonti che hanno chiesto l’anonimato, considerato che il confronto all'interno del board della Bce è riservato, è qualcosa di più quindi della “normale” posizione di quelli che vengono comunemente definiti i banchieri “falchi”.
La Bri meglio della Bce
Entrato in carica a gennaio per sostituire Jens Weidmann, l’uomo che per dieci anni si è opposto alla linea di Draghi, sfidando apertamente e perfino per via giudiziaria la presidenza della Bce, Nagel è considerato il più morbido dei falchi tedeschi. Eppure dopo l’annuncio della Lagarde sullo strumento anti frammentazione, altri banchieri del nord hanno sostenuto pubblicamente l’iniziativa, non il capo della Bundesbank.
Una sua lunga intervista rilasciata alla rivista tedesca Der Spiegel a fine maggio, cioè pochi giorni prima delle mosse scomposte della Bce, e quando già l’inflazione aveva portato il burro a costare «già il 30 per cento in più dell’anno passato», dava già l’idea della direzione che avrebbe preso il dibattito all’interno del board dell’Eurotower.
Incalzato dai cronisti che continuavano a cercare di strappargli una giudizio negativo sull’operato della Lagarde, Nagel aveva dato risposte sibilline ma significative. «Come è potuto accadere», gli chiedevano gli intervistatori, che la Bce abbia «minimizzato la questione per mesi e commesso un errore colossale nei suoi calcoli».
«L’entità dell’aumento dell’inflazione non era prevedibile in questi termini e ha colto di sorpresa la maggior parte degli analisti. Alcuni però hanno anche richiamato l’attenzione sui rischi al rialzo dell’inflazione, per esempio la Banca dei regolamenti internazionali (Bri)», è stata la risposta di Nagel che prima di essere nominato alla Bundesbank, guarda caso era il vicedirettore del dipartimento bancario presso la Bri.
I cronisti di Der Spiegel gli avevano anche chiesto più volte se la Bce avrebbe dovuto aiutare l’Italia. Per due volte, Nagel aveva risposto: «Una cosa è chiara: le finanze pubbliche in Italia, in Germania o in un altro paese non devono essere determinanti per la politica monetaria europea». E ancora: «Una cosa è sicura: non dobbiamo fornire finanziamento monetario agli stati».
No alla sospensione del Patto di stabilità
La fuga di notizie sul suo no allo scudo anti spread è una conferma di questa linea. A poche ore dalla sua pubblicazione, intervenendo all’Euro Finance Summit di Francoforte, Nagel ha ribadito il suo scetticismo pubblicamente. E ha rincarato la dose, dichiarando la sua opposizione anche alla estensione della sospensione del Patto di stabilità fino al 2023.
«Gli stati membri hanno ora il compito di rafforzare la fiducia nelle loro future politiche fiscali» e ha aggiunto: «A volte sembra esserci l'impressione che le regole di bilancio non saranno più realmente vincolanti in futuro. Questi sono i segnali sbagliati da inviare se vogliamo generare fiducia in finanze pubbliche sane, anche in un contesto di tassi di interesse in aumento».
La Bundesbank è tornata e, dal punto di vista di Roma, nel momento peggiore.
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