Infranta la barriera psicologica dei 3.000 dollari l’oncia, sulla spinta delle politiche protezioniste della nuova amministrazione Trump e dei timori per un rallentamento economico globale: +14 per cento dall’inizio del 2025. Il timore che il tycoon possa imporre dazi anche sul lingotto ha provocato un massiccio spostamento di oro fisico verso gli Usa. Il ruolo delle banche centrali
Il prezzo dell’oro raggiunge vette mai toccate prima, superando i 3.000 dollari l’oncia per la prima volta nella storia, spinto dalle politiche protezionistiche della nuova amministrazione Trump e dai timori di rallentamento economico globale.
Un Rally Senza Precedenti
L'oro ha infranto una barriera psicologica significativa, superando per la prima volta nella storia i 3.000 dollari per oncia troy nelle contrattazioni di venerdì. Questo traguardo segna un momento storico nei mercati delle materie prime e conferma la straordinaria corsa del metallo giallo, che dall'inizio dell'anno ha già registrato un apprezzamento del 14 per cento.
La performance dell'oro si inserisce in un contesto di crescente nervosismo sui mercati internazionali. Gli investitori, allarmati dalla rapida escalation della guerra commerciale promossa dalla seconda amministrazione Trump, stanno cercando rifugio in asset considerati più sicuri.
Le misure protezionistiche e i continui cambiamenti nella politica tariffaria statunitense hanno innescato preoccupazioni concrete riguardo a potenziali spinte inflazionistiche e a un rallentamento dell'economia globale. Il fenomeno attuale presenta caratteristiche peculiari: il timore che l'amministrazione Trump possa imporre dazi anche sul lingotto ha provocato un massiccio spostamento di oro fisico verso gli Stati Uniti.
Dal giorno dell'elezione, oltre 70 miliardi di dollari in oro sono stati trasferiti a New York, portando le scorte sul Comex a livelli mai visti prima, sebbene questo flusso stia ora iniziando a rallentare. L'impennata dei prezzi ha colto di sorpresa numerosi analisti, costringendo le principali banche d'investimento a rivedere drasticamente le loro previsioni.
Dal 2000, il lingotto ha moltiplicato il suo valore di quasi dieci volte, superando le performance dei principali indici azionari. Questa ascesa è stata alimentata non solo dai vari shock di mercato – dalla crisi finanziaria del 2008 al voto sulla Brexit nel 2016 – ma anche dall'aumento delle tensioni geopolitiche.
Il Ruolo delle Banche Centrali
Un altro fattore chiave dietro il rally dell'oro è rappresentato dagli acquisti massicci da parte delle banche centrali, in particolare quelle dei mercati emergenti, che da tre anni consecutivi acquisiscono oltre mille tonnellate annue di metallo prezioso. Questa tendenza riflette un chiaro intento di diversificazione delle riserve lontano dal dollaro americano.
Con la Fed che segnala possibili tagli ai tassi d'interesse, l’oro — asset privo di rendimento — potrebbe beneficiare ulteriormente della riduzione del costo del denaro. Gli analisti concordano sul fatto che, in assenza di una distensione sul fronte commerciale internazionale, il metallo prezioso manterrà il suo ruolo di bene rifugio per eccellenza, con potenziali ulteriori apprezzamenti all'orizzonte.
In un’epoca caratterizzata da crescenti incertezze economiche e geopolitiche, il metallo che ha attraversato millenni di storia umana dimostra ancora una volta la sua capacità di attirare investitori alla ricerca di stabilità in un mare di turbolenze.
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