L’ad dell’Eni è intervenuto durante la consegna degli Eni Award al Quirinale e ha lanciato la proposta di un terzo rigassificatore. Nella Nadef si legge che se la Russia smettesse di venderci metano ci sarebbe un ammanco di tre miliardi di metri cubi di gas. Attualmente esportiamo solo perché le compagnie guadagnano di più, ma bisogna riempire gli stoccaggi
L’Eni è pronta a pagare al posto di Gazprom pur di far ripartire i flussi di gas che da Mosca arrivano nel paese, interrotti ufficialmente da sabato scorso: «Stiamo vedendo se possiamo subentrare o al trasportatore o a Gazprom, che non ha pagato 20 milioni di euro di garanzia al trasportatore che deve portare il gas dall'Austria all'Italia», ha detto l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi intervenendo durante gli Eni Award che si svolgono al Quirinale.
Il metano «è già in Austria e in Germania in questo momento, non è nelle mani di Gazprom. Entro questa settimana spero che si possa risolvere».
Dal primo ottobre una nuova normativa austriaca prevede che al confine il trasporto passi dall’operatore estero a quello locale, tutti si sono adeguati tranne Gazprom che così non ha potuto consegnare ai punti di consegna austriaci verso gli altri paesi, tra cui l’Italia. I contratti a lungo termine con Eni prevedono che il gas si ritiri a Tarvisio ma il deposito cauzionale che Gazprom deve versare all’operatore austriaco è propedeutico all’adeguamento alla nuova normativa. La compagnia russa vorrebbe pagare in rubli, ma il paese accetta solo euro.
Chi pensava che l’Italia fosse pronta a fare a meno del gas russo che in questi giorni non arriva dovrà ricredersi: «Il contributo addizionale di questo gas russo, che speriamo ritorni, è fondamentale: 20 milioni di mc al giorno sono il 9-10 per cento del supply che arriva in Italia. Ma ci sono tante variabili. Ecco perché un sistema energetico deve essere in ridondanza non solo nel supply ma anche nelle infrastrutture perché possono esserci delle interruzioni per fatti tecnici non necessariamente geopolitici», ha spiegato Descalzi.
I conti del governo confermano i timori. La nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, arrivata venerdì in parlamento, riporta che se Vladimir Putin chiudesse i rubinetti «per non dover attingere alla riserva strategica tra la fine del 2022 e i primi mesi del 2023 si dovrebbero ridurre i consumi di imprese e famiglie di almeno ulteriori 3 mld di metri cubi».
Il mercato
Il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, in questi giorni ha detto più volte che l’Italia non solo ha il metano che serve ma lo esporta. Si tratta in realtà di una situazione di mercato dovuta agli stoccaggi quasi pieni e ai consumi oggettivamente bassi visto che il clima è ancora mite.
Descalzi ha spiegato: «L’Italia ha gas. L’hub italiano è a 140, 150, 130 euro per megawattora, dipende dai momenti. Il Ttf 180-200. c’è una differenza. Questo è dovuto al fatto che l'offerta in questo momento supera la domanda e a questo punto anche gli stoccaggi sono pieni». Quindi «questi metri cubi in più che stiamo portando stanno anche andando verso mercati che hanno prezzi più attraenti e questo è un problema che dobbiamo risolvere». In parole povere, stoccaggi quasi pieni e prezzi bassi in Italia fanno sì che gli operatori, inclusa Eni, preferiscano vendere dove il prezzo è più alto: cioè all’estero.
«Questo come si risolve? Intanto riuscendo ad avere ancora la possibilità di stoccare, arrivando come ha detto il ministro Cingolani anche al 100 per cento della capacità di stoccaggio».
Al momento riempirli è fondamentale, perché i consumi sono bassi ora, ma quando arriverà il freddo saliranno: «Più sono saturi – ha spiegato Descalzi -, più si arriva al 100 per cento, più riusciamo a mantenere dei picchi. Negli ultimi quattro inverni abbiamo avuto dei picchi che sono durati 3-4 giorni quindi non tantissimo per i quali gli stoccaggi hanno dovuto dare tra i 120 e i 130 milioni di metri cubi».
Il terzo rigassificatore
Per Eni non solo bisogna installare i due rigassificatori galleggianti a Piombino e Ravenna, ma addirittura ipotizzarne un terzo: «Lo sforzo lo abbiamo fatto con i tubi, il resto verrà dall’Lng e se non avremo rigassificatori il gas che viene dall'Angola, dalla Nigeria, dall'Egitto andrà da altre parti, in quei paesi che hanno rigassificatori». Sarebbe quindi importante anche «la realizzazione di un altro rigassificatore»: «Il gas ci accompagnerà ancora e quindi è necessaria una ridondanza di installazioni».
La Spagna, ha proseguito, consuma 30 miliardi di mc ma ha tra rigassificatori e tubi capacità per 65-70 miliardi: «Noi consumiamo 75 miliardi e abbiamo una rigassificazione per 17 miliardi di mc». Un terzo rigassificatore «entrerebbe in quella ridondanza di infrastrutture che fa tenere i prezzi più bassi perché in un mercato libero, l'offerta deve superare la domanda per tenere i prezzi bassi e il nostro sforzo è quello ma poi bisogna avere elementi di ricezione», ha concluso.
Aumentare l’import di gas naturale liquefatto è un progetto che va nella direzione del piano industriale della società.
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