Ho acquistato lo scorso anno dei fondi d’investimento specializzati nelle energie rinnovabili e anche diversi titoli del settore come Siemens Gamesa o Vesta Wind System convinto che qui fosse il futuro grazie al megatrend della transizione energetica unito a quelli degli investimenti Esg, verdi e sostenibili.

Nel 2021 tutto bene, anzi benissimo finché non ho investito un cent. Ma da quando ho comprato queste azioni mi sembra di essere come Paperoga, il papero sfortunato della banda Disney, perché i titoli hanno iniziato a scendere a capocollo e ora su alcuni perdo anche il 50 per cento. Cosa sta succedendo? Ma i titoli green ed Esg non dovevano comportarsi meglio come rendimenti e rischio?

G.


Caro G.,
Quello che è successo suona un po’ beffardo ma non è infrequente ed è spiegabilissimo, anche se sui mercati finanziari spesso accade che investitori (con commentatori e analisti illustri) perdano la memoria e si lascino sedurre dalle mode del momento. Così dimenticano la regola numero uno: il prezzo di nessuna azione può salire per sempre.

Le prospettive future positive sono certo importanti ma le valutazioni di una società (o di un settore) quando si discostano troppo dalle medie (e diventano abnormi) rischiano di pagare poi il dazio quando qualcosa va storto. Perché, semplicemente, si potrebbe assistere al ritorno verso la media (in statistica si parla di “regressione”). Quello che prima era salito così tanto inizia improvvisamente a scendere con la stessa violenza.

Quando c'è troppo entusiasmo su un argomento o su un comparto è facile assistere a esagerazioni nelle valutazioni. Così si crea anche un effetto opposto a quello che si attende la massa degli investitori. 

Investire nel settore delle energie pulite ed Esg è certamente lodevole. Molte banche e reti hanno però cavalcato l’onda, veicolando come pifferai magici migliaia di miliardi di euro di masse dei risparmiatori su molti di questi titoli, privilegiando nell’investimento società attente soprattutto ai fattori ambientali, sociali e di governance. Così hanno fatto volare le quotazioni di molte di queste società.

Chi scrive nel suo piccolo aveva paventato questo pericolo di “bolla” e come la narrazione “guadagnare bene, facendo anche del bene” fosse un po’ troppo semplicistica. Anche perché concentrare troppo gli investimenti su un tema ha i suoi rischi. Resto della vecchia idea che un consulente finanziario deve prendere sempre in considerazione il rapporto rischio-rendimento oltre ai criteri di sostenibilità.

Perché quasi nessun investitore sarebbe disposto a perdere denaro con un investimento sostenibile o ad accettare rischi sproporzionatamente elevati. Che aumentano inevitabilmente se le valutazioni di alcuni titoli o comparti raggiungono livelli stratosferici. Alimentati magari dalla grancassa mediatica e da un’industria del marketing finanziario che ha sempre bisogno di seducenti storytelling per vendere nuovi prodotti e tosare commissioni.

In questo primo scorcio del 2022 molti dei fondi e degli Etf più famosi con una specializzazione in energie rinnovabili (e quindi più virtuosi sulla lettera E di Environmental), ovvero eolico e solare, si sono presi una bella botta, con una discesa a oggi di quasi il 50 per cento rispetto ai picchi di un anno fa. Ci sono diversi investitori istituzionali che pensano addirittura che la discesa potrebbe continuare.

Il motivo? Secondo alcuni money manager quotano a prezzi a volte ingiustificatamente alti. Certo, spesso sono società ad alto potenziale, ma i loro utili crescenti futuri con tassi d’interesse, visti ora in netta risalita, valgono meno. Anche quando si tratta di società che fanno bene all’ambiente.

La prospettiva di quattro o cinque rialzi dei tassi di interesse statunitensi quest'anno rappresenta una sfida anche per i titoli green. Tassi di interesse più elevati significano maggiori oneri finanziari per le imprese e un minor valore attribuito ai flussi di cassa futuri. Quindi i prezzi di alcuni titoli sono ingiustificati, sostengono i gestori ribassisti.

Alcuni di questi titoli scendono poi perché hanno annunciato revisioni al ribasso degli utili (profit warning, in gergo tecnico). Siemens Gamesa (il cui titolo nell’ultimo anno ha perso il 60 per cento) è uno dei leader mondiali nella progettazione, costruzione, installazione e manutenzione di turbine eoliche. Ed è il leader indiscusso nella categoria off-shore soprattutto in Europa per le turbine posizionate in mare, in un’area con eccezionali aspettative di crescita. È un esempio di sostenibilità ed è una delle aziende più adatte al raggiungimento dell’agenda Onu 2030 che fissa gli obiettivi di sviluppo sostenibili.

«Questa società è frutto della fusione della divisione Wind power di Siemens e la spagnola Gamesa – spiega Massimo Baggiani, gestore e fondatore di Niche Asset Management –. Purtroppo ha annunciato però ben tre profit warning di fila in nove mesi, di cui l’ultimo settimana scorsa».

Secondo l’ultimo rapporto 2021 del Global Wind Energy Council (Gwec) il potenziale del comparto dell’energia eolica off-shore resta comunque elevatissimo, anche perché rappresenta meno dello 0,5 per cento della produzione di energia elettrica globale e potrebbe entro il 2030 moltiplicarsi per sette volte e addirittura quasi di 50 volte nel 2050.

Per questo motivo questo gestore italiano non è negativo sul comparto e guarda con attenzione soprattutto a Siemens Energy, che controlla Siemens Gamesa ma è esposta anche al gas naturale e all’idrogeno.

La Borsa è naturalmente bella perché è varia e ci sono anche gestori che sul settore vedono grigio e nel caso di Vestas Wind System (le cui azioni segnano circa meno 50 per cento rispetto a 12 mesi fa) ci sono gestori come Barry Norris, direttore investimenti di Argonaut Capital, che pensano che possa scendere ancora (la sua società è al ribasso sul titolo) perché «in un mercato ribassista, una società non scambia a 60 volte gli utili solo perché fa qualcosa di moralmente buono».

Vestas è un'azienda danese che progetta, fabbrica e commercializza turbine eoliche e questa società negli scorsi giorni ha annunciato utili inferiori al previsto spiegando che i problemi della catena di approvvigionamento continueranno per il prossimo anno.

Il lato poi paradossale di quanto sta accadendo per i titoli green e delle rinnovabili è che le azioni che invece sono andate meglio nell’ultimo anno sono state quelle legate alle vecchie energie, scartate dagli investitori focalizzati su fattori ambientali, sociali e di governance.

Nel corso del 2021 l’indice azionario mondiale delle energie rinnovabili è sceso, infatti, del 17,9 per cento mentre quello delle energie tradizionali (petrolio e gas) è salito del 50,2 per cento. La ruota (e la pala) gira.

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