- Nonostante il netto divario tra l’Italia e i paesi nord europei che emerge in settori strategici quali l’energia,l’ambiente il ciclo idrico e i trasporti pubblici la legge sulla Concorrenza è stata rinviata.
- La strategia attuale delle utility è quella di macinare utili nei settori regolati con tariffe amministrate sempre in aumento.
- I settori più redditizi sono la gestione del ciclo dei rifiuti (+80 per cento negli ultimi 10 anni), le reti di distribuzione energetiche (elettricità + 9,9 per cento e gas+ 15,3 per cento da luglio), infine l’acqua (+ 3 per cento).
Nonostante il netto divario tra l’Italia e i paesi nord europei che emerge in settori strategici quali l’energia,l’ambiente il ciclo idrico e i trasporti pubblici la legge sulla Concorrenza è stata rinviata il 1 luglio scorso e non se ne è più saputo nulla. Tutti felici i monopolisti di quei settori, che in maggioranza sono gruppi pubblici grandi e piccoli controllati dalla politica. Applicare il Pnrr senza cambiare il contesto rischia di essere problematico.
I ritardi
Da uno studio A2A-Ambrosetti emerge che nel settore dell’energia, con il trend di crescita degli ultimi 5 anni, non si colmerà il gap di 7 punti percentuali nella potenza istallata nell’eolico e nel fotovoltaico.
Molte realtà sono ancora lontane dal raggiungere l’obiettivo massimo del 10 per cento di conferimento in discarica dei rifiuti urbani al 2035. Con un tasso medio di riciclo dei rifiuti urbani del 49,8 per cento siamo ancora comunque lontani dai migliori paesi europei (Germania 67,3 per cento, Slovenia 58,9 per cento e Austria 57,7 per cento).
Zoppichiamo anche nel recupero energetico dei rifiuti urbani che è pari al 19 per cento contro un valore medio del 53 per cento di Finlandia,Svezia e Danimarca). Male anche nel ciclo idrico dove emerge che la nostra rete è obsoleta.
Il 60 per cento delle condotte ha più di 30 anni e il 25 per cento più di 50 anni con la metà dell’acqua distribuita che va dispersa. Siamo per questo fanalino di coda negli investimenti nel settore con 40 euro per abitante anno rispetto alla media europea di 100 euro, però siamo il quarto Paese per consumi d’acqua pro-capite con 220 litri/giorno.
Chi regola il settore?
La frammentazione dei regolatori pubblici e la dipendenza dalla politica non di quella che programma ma di quella che gestisce esclusivamente il consenso nei settori dell’acqua (ATO), dell’energia (Autority) e dei rifiuti (Regioni) e l’alto tasso di campanilismo non hanno consentito alle Multiutility di investire con efficacia le risorse derivante dalle rendite di posizione.
Gli obiettivi dichiarati dalle multi utility sono condivisibili e ambiziosi perché vogliono superare la situazione di arretratezza dei servizi che caratterizza e condiziona negativamente l’impatto ambientale sui territori e sulla qualità della vita dei cittadini.
Si continua con il passato fatto di ricchi utili e dividendi o di pesanti perdite ripianate puntualmente (trasporti pubblici). Peccato che sono le vecchie politiche poco efficienti e poco green a garantire gli utili delle “gallina dalle uova d’oro” che non assicureranno sviluppo sostenibile, innovazione tecnologica e l’avvio della transizione ecologica.
I nuovi investitori
Cambiare pagina sarà sempre più difficile perché nelle compagini azionarie si sono incuneati i fondi d’investimento che non ne vogliono sapere di mutamenti di strategia che guardano al “ bene comune” o alla “transizione ecologica”.
Con questi standard diventa impossibile aumentare l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabili e quindi raggiungere gli obiettivi di de carbonizzazione che il Pese si è dato. Queste aziende hanno uno stretto rapporto con il consumatore/cittadino che è anche (alla larga) proprietario di queste aziende. Ma ancor più stretto con la politica che si serve di queste per il consenso. Le pratiche consociative nelle relazioni sindacali lo dimostrano.
Poche critiche si levano da chi conosce le inefficienze di queste aziende anzi dietro la cosiddetta “socialità” dei servizi e la tutela dell’occupazione queste aziende sono difese dal sindacato.
L’analisi per una valutazione politico/elettorale in vista dei rinnovi dei consigli comunali di Milano, Roma,Torino, Napoli ecc. dovrebbe cominciare proprio da qui. Valutare la qualità dei servizi offerti e i loro costi di gestione non è semplice sta di fatto che si tratta di controllare l’attività di monopoli naturali regolati da norme nazionali o locali/regionali.
Le bollette
La strategia attuale delle utility è quella di macinare utili nei settori regolati con tariffe amministrate sempre in aumento, quali la gestione del ciclo dei rifiuti (+80 per cento negli ultimi 10 anni), le reti di distribuzione energetiche (elettricità + 9,9 per cento e gas+ 15,3 per cento da luglio), infine l’acqua (+ 3 per cento).
Le bollette sono sempre in aumento ma la qualità dei servizi è invariata). Aumentano anche i portafoglio clienti con le acquisizioni di altre imprese che producono energia rinnovabile anche a costo di calpestare le regole sulla concorrenza e della correttezza amministrativa, senza gare pubbliche.
Le acquisizioni sottraggano risorse agli investimenti e alla digitalizzazione delle reti del gas, dell’elettricità e dell’acqua ma aumentano l’influenza politica del comune che ne è proprietario. La transizione verde annunciata rimane un titolo di moda di un tema ancora da svolgere.
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