Il ministro dell’Economia condividerà le schede dei progetti con i parlamentari
Sulle consulenze: «Nessuna struttura privata ha informazioni privilegiate».
- Il ministro dell’Economia Franco in audizione di fronte alle commissioni parlamentari su NextGenerationEu annuncia una «struttura di coordinamento» presso il Mef e la condivisione delle schede progetto.
- Spiega che i fondi sono 191,5 miliardi in tutto, di questi 65 miliardi per ora sono destinati a progetti già in essere.
- Su McKinsey: :«Come ex dirigente del Mef, mi fa piacere sapere che ci sia molta fiducia nella dirigenza statale, garantisco che nessuna struttura privata ha informazioni privilegiate».
Trasparenza sui vecchi progetti, molta meno sulle questioni che hanno il nuovo governo protagonista.
L’audizione del ministro dell’Economia, Daniele Franco, sul piano nazionale di ripresa e resilienza di fronte alle commissioni bilancio, finanze e politiche europee di camera e senato, ha portato a una novità apprezzata da diversi deputati e senatori: le schede tecniche dei progetti preparate dal governo precedente verranno condivise con i parlamentari.
Meno risposte sono arrivate, però, su quello che pensa di fare il nuovo esecutivo che è chiamato in poco tempo a decidere se mantenere i 65 miliardi di spesa su progetti già in essere, a scrivere i dettagli delle riforme “strutturali” e a riempire di concretezza i piani di assunzione della pubblica amministrazione.
Poco chiara è stata, poi, la risposta del ministro sul contratto alla società di consulenza McKinsey di cui ha dato notizia Radio Popolare. Franco ha detto che era un contratto già aperto e lo ha ridotto alla «produzione di cronoprogrammi» e a «aspetti più editoriali che di sostanza»: se «devi fare presentazioni e confezionare le slide», ha argomentato, questo tipo di società è molto più efficiente dei dirigenti.
Il ministro da una parte ha assicurato che nessuna informazione riservata è stata condivisa con privati, ma allo stesso tempo ha ammesso «che è essenziale potenziare le strutture decisionali pubbliche».
Il metodo
In generale nella sua relazione, Franco ha parlato soprattutto del metodo con cui il governo affronterà il piano di ripresa per cui, ha ricordato, «abbiamo meno di due mesi».
Gli ultimi calcoli hanno fatto calare a 191,5 miliardi i fondi totali con una diminuzione di cinque miliardi sul lato dei prestiti. Si tratta di fondi da impegnare entro il 2023, smentendo le statistiche che per l’ultima programmazione comunitaria ci hanno visto spendere 34 miliardi e impegnarne circa 50 sui 73 a disposizione.
Assieme al ministero dell’economia altri tre ministeri avranno un ruolo orizzontale nella gestione del Pnrr: la transizione digitale, guidata da Vittorio Colao, la transizione ecologica di Roberto Cingolani e il ministero del Sud, affidato a Mara Carfagna.
Il piano ottenuto in eredità dal vecchio governo, ha detto il ministro, «ha moltissimi elementi di solidità», ma è tuttavia necessario rafforzarne alcune parti. In particolare, «bisogna tarare le risorse» da utilizzare e «alcuni progetti non sono pienamente definiti».
Per questo l’esecutivo starebbe pensando a una governance su due livelli: ci sarà una struttura centrale con ruoli di coordinamento e supervisione. Il suo compito sarà occuparsi della gestione dei flussi finanziari, della rendicontazione dell’avanzamento, del controllo della spesa, di valutazione di impatti e risultati.
Questa sarà però affiancata da un’altra «struttura di audit indipendente». In ogni ministero, poi, ci dovrebbero essere presidi di audit e di controllo.
Valutare le risorse
«La redazione del piano deve essere fatta in maniera rapida. I progetti devono effettivamente essere completati e dobbiamo predisporre un sistema di monitoraggio e rendicontazione», ha detto il ministro. Il passaggio è delicato perché il paese ha difficoltà proprio «nel fare valutazione ex ante» dei progetti e in quella d’impatto.
Diversi progetti sono in realtà già in essere: erano già urgenze per lo sviluppo del paese, per cui è stato deciso di impiegare i fondi del Recovery. Tra questi gli interventi sul dissesto idrogeologico, i piani di housing sociale o i progetti dell’alta velocità.
In tutto valgono 65miliardi, quasi un terzo del totale. Il nuovo governo, tuttavia, si riserva di scegliere se includerli tutti nel piano di ripresa o usare parte di questi fondi per progetti più nuovi.
A molte domande di merito – sono stati trentatre gli interventi di deputati e senatori per una sessione che, al netto dei ritardi dovuti ai problemi di trasmissione, è durata più di due ore – Franco ha risposto delegando ai vari ministri competenti, il più citato neanche a dirlo è stato quello alle Infrastrutture Enrico Giovannini.
Centrale è, in compenso, il ministero di Renato Brunetta che sta lavorando a individuare soluzioni per immissioni in tempi brevi di personale giovane nella pubblica amministrazione. Domani, 10 marzo, Brunetta firmerà un patto con i sindacati alla presenza di Draghi.
«Abbiamo detto a tutti i ministri che dovrebbero dotarsi di strutture in tempi rapidi, strutture che aiutino in questa prima fase e in quella successiva, in cui servirà monitorare l’andamento dei progetti».
Al solo ministero dell’Economia sono cinquanta i funzionari che si occupano del Recovery, una presenza che, slide a parte, è destinata a essere rafforzata ancora.
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