Arriva da Parigi l’influenza ideologica che ha spinto a vedere i piani di ripresa europei come l’inizio di filiere industriali continentali. Giovedì e venerdì il ministro LeMaire è venuto in Italia: il suo piano destina all’industria 35 miliardi e viene monitorato provincia per provincia
- Il piano di ripresa francese prevede 35 miliardi di euro di investimenti a favore dell’industria, di cui però venti miliardi di tagli di tasse. L’ambizione, in ogni caso, è invertire la tendenza dopo decenni di delocalizzazioni.
- Per Grégory Claeys, ricercatore al think tank Bruegel. «La Francia ha veramente esercitato un’influenza ideologica: questa idea di sovranità industriale con campioni non più nazionali ma europei è al cuore del piano di rilancio europeo».
- Le Maire giovedì e venerdì ha incontrato Vittorio Colao e Giancarlo Giorgetti e con il suo sistema di monitoraggio provincia per provincia e tutte le filiere su cui cooperare, il plan de relan francese è per forza un punto di riferimento anche per l’Italia.
Per gestire al meglio la pioggia di miliardi che arriverà dall’Europa, il metodo conta almeno quanto il contenuto e forse anche di più. La Francia ne sa qualcosa visto che già da settembre per rilanciare l’economia investe fondi propri in attesa di quelli europei. A guardare tempistica ed esecuzione, il confronto è impietoso per l’Italia. Difficile che il concetto scappi ai consulenti McKinsey assoldati dal nostro governo per creare un benchmark con gli altri paesi.
Giovedì e venerdì, Vittorio Colao e Giancarlo Giorgetti hanno ricevuto il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire, guardiano del plan de relance da 100 miliardi di euro voluto dal presidente Emmanuel Macron. Anche Daniele Franco ha incontrato Le Maire. Per il nostro trio di ministri, è stata l’occasione per confrontarsi sul nostro recovery plan atteso dalla commissione europea entro fine aprile e sull’agenda del G20.
Come Giorgetti, anche Le Maire deve far fronte a situazioni critiche in molte aziende con migliaia di posti di lavoro a rischio. Ma sul tavolo delle discussioni tra i due ministri c’è soprattutto la preoccupazione di dare slancio all’industria europea facendo leva sul recovery fund e su partenariati in campi come il cloud, i semiconduttori, le batterie elettriche e lo spazio.
«Un acceleratore di sovranità»
Il piano francese, come quello italiano, segue le linee guida europee. Si mira a proteggere l’ambiente, favorire la competitività digitale e ridurre le disuguaglianze. Ma sottotraccia, la Francia ha un piano massiccio di più di 35 miliardi di euro a favore dell’industria. L’ambizione è invertire la tendenza dopo decenni di delocalizzazioni.
«France Relance è stato concepito come un acceleratore di sovranità», ha detto Macron nella presentazione del piano.
I partner europei sembrano ricettivi al messaggio. «Da trent’anni la Francia spingeva per una politica industriale europea che era abbastanza tabù a Bruxelles, ma con la pandemia questa idea ha finalmente trovato favore», dice Grégory Claeys, ricercatore al think tank Bruegel. «La Francia ha veramente esercitato un’influenza ideologica: questa idea di sovranità industriale con campioni non più nazionali ma europei è al cuore del piano di rilancio europeo. Resta da vedere che forma prenderà nei vari paesi».
Dieci anni di investimenti
Con stanziamenti di fondi globalmente inferiori rispetto all’Italia, la Francia scommette su circa 15 settori d’avanguardia quali idrogeno, cyber security e medicina digitale. Alcuni di questi temi appaiono anche nella bozza del Recovery italiano, ma in Francia i finanziamenti all’innovazione fluiscono grazie a un programma investissement d’avenir (investimenti sul futuro, ndr) collaudato da un decennio. Il piano francese ha poi anche misure per giovani, salute, efficienza energetica degli edifici, trasporti: temi centrali anche per la nostra ripresa.
Certo anche in Francia le difficoltà non mancano nella gestione della crisi sanitaria ed economica. Ci sono le controversie sui vaccini. Ci sono le proteste di operai per assicurare il futuro di fabbriche come quella di Renault in Bretagna. Ma sul fronte Recovery, la Francia sta giocando d’anticipo e 26 miliardi di euro sono già stati immessi nell’economia, di cui 860 milioni di euro che hanno aiutato più di mille imprese a investire in attività industriali.
Questa grossa differenza dipende dal fatto che, mentre in Italia quasi tutto ruota intorno ai fondi europei, il piano di rilancio francese è finanziato al 60 per cento con risorse nazionali, prevalentemente via debito pubblico, su cui si innesterà Next Generation Eu. Il ministro Le Maire, anziché cedere ad appelli a incrementare la taglia del piano di ripresa, vuole spendere bene e rapidamente.
«Oggi ciò su cui i governi devono lavorare non è tanto la questione dell’ammontare degli investimenti con una corsa a chi annuncerà il piano più grosso», dice Hélène Baudchon, economista alla banca Bnp Paribas. «Ciò su cui bisogna lavorare sono misure efficaci e mirate.”
Venti miliardi di tagli fiscali
Il piano francese si smarca anche sull’aspetto fiscale. In Italia la riforma del fisco dovrebbe rimanere a parte, ma per le imprese francesi ci sono 20 miliardi di tagli di imposte di produzione e di tasse sui fabbricati. La metà di questi tagli fiscali perenni sono già attivati. In Italia, per la verità, la bozza di gennaio del Recovery prevede 24 miliardi di euro di crediti di imposta grazie a Transizione 4.0, di cui è responsabile il ministro dello sviluppo economico, Giorgetti. Si tratta di agevolazioni temporanee per favorire gli investimenti digitali di piccole e medie imprese.
Cooperazione pubblico – privato, ma trasparenza sui dati
Un fattore che permette alla Francia un’esecuzione rapida del piano è la migliore affidabilità della pubblica amministrazione. Nelle prefetture, trenta funzionari sono stati nominati per aiutare a concretizzare il piano a livello locale. Però, reduce dalle proteste dei gilets jaunes (gilet gialli, ndr), il governo vuole stare alla larga da ogni accusa di dirigismo. I rappresentanti degli enti locali criticano una selezione dei progetti troppo centralizzata e alcune province hanno addirittura lanciato micro-piani di ripresa.
Il piano di investimenti è frutto di una concertazione durata due mesi che ha coinvolto enti locali, parlamentari, sindacati e soprattutto grandi imprese e rappresentanti delle filiere industriali.
Se in Italia sono soprattutto le partecipate dello stato ad essere coinvolte per preparare le misure di rilancio, in Francia il governo coopera (o interviene) su un ampio ventaglio di imprese. Se circa quattro miliardi di euro vanno a ricapitalizzare la compagnia ferroviaria, nel settore aeronautico ad esempio si amplificano risorse pubbliche con un fondo privato a cui partecipano gruppi bancari come Crédit Agricole e quelli industriali come Thales e Airbus.
Almeno sulla carta una grande attenzione nel plan de relance è rivolta ai territori: esistono comitati regionali per informare, seguire progetti e risolvere eventuali intoppi. C’è poi un esercizio di trasparenza quasi maniacale con dati provincia per provincia pubblicati su un portale web accessibile a tutti. Che piaccia o no, il piano francese sia nel metodo sia nello spirito è un punto di riferimento inevitabile per il governo Draghi.
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