Dal 2029 le transazioni economiche dei club dovranno essere segnalate al nuovo organo, che con sede a Francoforte avvierà l’attività nel 2025. In particolare verranno monitorate le operazioni realizzate con investitori e agenti. Così il calcio entra ufficialmente nella cerchia delle attività infiltrabili dall’economia criminale
L’eccezionalismo del calcio. Il gioco più bello e diffuso del mondo. E il più inquinato. Ecco la doppiezza che ha costruito la grandezza storica di questo sport, ma che ne decreta pure le miserie.
Se per un verso assistiamo allo spettacolo che cattura passioni in ogni angolo del pianeta, ecumene globale fra i più potenti dell’era moderna, dall’altro ne registriamo lo stato di sistema permeabile a corruzione, finanza opaca e interessi criminali. E che quest’ultimo aspetto abbia superato il limite di guardia è opinione non già di teorici della cospirazione, o di chi si ritiene che per hobby avveleni i pozzi dell’entusiasmo popolare; perché adesso l’allarme viene lanciato dal parlamento europeo.
Che nel presentare, la scorsa settimana, il nuovo pacchetto di misure per il contrasto al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo internazionale ha messo nel mirino proprio l’economia del calcio. Percepita esattamente per ciò che oggi è: una vasta zona grigia, agevolmente infiltrabile, sfornita di strumenti di autodifesa. Una prateria per chiunque voglia praticare finanza sporca, con ottime probabilità di farla franca.
L’allarme è suonato
Il comunicato stampa rilasciato la scorsa settimana dal parlamento europeo indica i soggetti su cui verranno rafforzati i controlli: banche, gestori di beni materiali e criptovalute, gestori di real e virtual estate. E, accanto a loro, anche i club del calcio professionistico “top tier” (cioè, impegnati nel massimo campionato del loro paese) sono tenuti a verificare e riportare le informazioni sui soggetti con cui concludono accordi di investimento o di sponsorizzazione, anche per semplici campagne pubblicitarie. Una particolare attenzione viene dedicata alle operazioni di trasferimenti di calciatori e ai rapporti con gli agenti.
Secondo quanto stabilito dalla nuova disciplina, le società di calcio dovranno segnalare i dati all’Unità di investigazione finanziaria (Uif), che a sua volta sarà dotata di poteri rafforzati. Fra i quali, quello di sospendere le transazioni sospette. Tutte le operazioni faranno capo alla nuova Autorità antiriciclaggio europea, che con sede a Francoforte (Germania) avvierà le proprie attività a metà del 2025.
L’attenzione per il calcio
Un eccezionalismo, appunto. Se cercava una dimostrazione di quanto speciale sia il suo posto nella società e nell’economia della globalizzazione, e soprattutto nei processi di finanziarizzazione, il calcio l’ha avuta.
Non la più edificante, tuttavia. Perché dal parlamento europeo è giunta una segnalazione di allarme nei confronti dello stato del calcio e della sua vulnerabilità.
Di fatto, il settore calcistico è stato dichiarato “inquinabile” al pari di settori che storicamente vengono indicati come estremamente sensibili e perciò guardati con attenzione.
L’ingresso in questa cerchia è un segno di quale tumultuosa e disordinata crescita il calcio abbia attraversato in parallelo con la globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia. La trasformazione da uno status di disciplina sportiva a uno status di pilastro dell’economia globale dello svago e intrattenimento (che a sua volta è un pilastro dell’economia globale del Ventunesimo secolo) ha segnato un salto verso una diversa dimensione del business.
Scomparsi i mecenati (che invero sono stati una peculiarità soprattutto italiana), e col modello associativo messo in crisi dall’inarrestabile crescita della dimensione economica, si è aperta la strada per gli investitori esterni. Che ragionano da investitori, dunque fanno del calcio un incubatore finanziario.
Il loro denaro viene iniettato per essere incrementato di valore e essere riportato fuori dal mondo del calcio quando l’incremento avrà raggiunto una misura congrua per l’investitore. Ma anche, e più brutalmente, il denaro viene iniettato nell’incubatore calcistico per essere ripulito. Un meccanismo, quest’ultimo, che non è una novità per chi segue le traiettorie di economia grigia del calcio. Ma che, evidentemente, ha raggiunto una dimensione tale da destare allarme anche tra le agenzie investigative internazionali che si occupano di criminalità finanziaria.
Il ruolo degli agenti
Il comunicato stampa aggiunge alcune informazioni rilevanti. Viene reso noto che sarà data trasparenza alle informazioni ricavate dall’attività di sorveglianza, con possibilità di accesso per giornalisti e altri soggetti portatori di uno specifico interesse. Viene aggiunto anche che l’attività di monitoraggio e sorveglianza partirà soltanto nel 2029.
Dunque mancano cinque anni, un lasso di tempo eclatante vista la velocità con cui si consumano i mutamenti nell’economia e nella politica del calcio globale.
Questo ritardo è un fattore negativo, visto che il problema richiederebbe un intervento molto più celere. Che giungerebbe in ritardo già adesso. Si parlava di riciclaggio attraverso il settore calcistico già nel 2009, in un rapporto pubblicato a cura della Financial Action Task Force (Fatf), un gruppo di investigazione intergovernativo che monitora il rischio di inquinamento delle transazioni finanziarie globali. Da allora sono trascorsi quindici anni, che diventeranno venti quando nel 2029 l’Autorità antiriclaggio europea potrà stringere le maglie sulle finanze del calcio.
Nel frattempo le cose sono cambiate in modo deciso. E sono cambiate le logiche di investimento nel calcio da parte degli attori finanziari. Quando il rapporto di Fatf veniva pubblicato, si era nel pieno dell’epoca delle Third Party Ownership (Tpo), il meccanismo che permetteva di investire su quote dei diritti economici dei calciatori per lucrare sui loro trasferimenti. Le Tpo sono state messe definitivamente al bando dalla Fifa a partire dal 1° maggio 2014, e giusto pochi giorni fa c’è stata la ricorrenza del decennale, passata sotto totale silenzio.
Dal canto loro, gli investitori hanno cambiato strategia. Sono entrati massicciamente nei club, soprattutto in Sud America, dove la trasformazione delle società sportive dalla forma associativa alla forma della società di capitali è stata congegnata ad hoc per favorire il loro ingresso. Ma hanno anche investito nelle società di gestione delle carriere, con l’effetto di creare gigantesche agglomerazioni e di infeudare singoli agenti. Si sta creando una nuova struttura di oligopolio, rispetto alla quale i super agenti alla Jorge Mendes o alla Pini Zahavi si trasformano in anomalia.
A rimanere intatta, in questo passaggio strutturale è la spesa per intermediazioni. Che cresce in modo inarrestabile. I dati presentati nell’ultimo rapporto della Fifa (novembre 2023) riferiscono che si era raggiunto un record nel 2019, quando nel sistema del calcio globale erano stati spesi 654,7 milioni di dollari. La pandemia aveva fatto abbassare drasticamente la cifra nel 2020 (497,5 milioni di dollari), ma già nel 2021 la cifra aveva ripreso a salire (501,2 milioni di dollari), per toccare un nuovo record nell’ultimo anno censito: 888,1 milioni di dollari nel 2023, con incremento impressionante rispetto ai 623,2 milioni di dollari del 2022. Molto denaro. Troppo, per pensare che rimanga fuori dai circuiti dell’economia criminale.
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