- L’ex presidente Consob per pochi mesi, Mario Nava oggi è a capo della direzione Reform pensata per sostenere i paesi nelle riforme che con l’ultimo bilancio sono collegate a nuove linee di finanziamento.
- Lo strumento di sostegno della commissione serve a quegli stati che non hanno una burocrazia attrezzata per portare avanti certe riforme e per cambiare le procedure interne.
- Finora sei si sono già rivolti alla direzione per farsi aiutare con il piano di ripresa tra cui la Spagna. L’Italia ha chiesto supporto soprattutto per progetti per l’uso dei dati nella pubblica amministrazione.
Presidente della Consob per pochi mesi nel 2018, designato dal governo dell’attuale commissario europeo Paolo Gentiloni e contestato dal governo Conte uno, Mario Nava occupa oggi una posizione rilevante nella partita dei piani di ripresa europei. Dall’inizio del 2020 è infatti il direttore generale della direzione Reform della commissione europea, un struttura che sostiene gli stati nei processi di riforma e a cui l’Italia ha già chiesto sostegno.
Sono otto, secondo i documenti della commissione, le riforme selezionate finora per l’Italia e tra queste c’è un piano di lotta all’evasione fiscale basato sull’analisi dei dati e una nuova politica di scambio dei dati tra le pubbliche amministrazioni.
La direzione Reform è di fatto una burocrazia europea messa a servizio dei paesi membri. Il gruppo di funzionari di Nava accompagna i paesi per realizzare riforme negli ambiti più svariati: dalle finanze pubbliche al fisco fino alla sanità.
La responsabilità delle riforme sta in capo allo stato membro, ma a Bruxelles hanno pensato a un meccanismo che dovrebbe riempire i vuoti di quegli stati che non hanno nella loro pubblica amministrazione le competenze per raggiungere gli obiettivi e anche un modo per far circolare gli esempi migliori. Inoltre potrebbe essere un sistema che permette di risparmiare soldi in consulenze di cui di solito si avvale una pubblica amministrazione – l’associazione nazionale consulenti ipotizza una spesa almeno di qualche miliardo per il piano di ripresa nazionale. Il regolamento del piano di ripresa prevede, invece, di un paese possa decidere di dare un contributo del quattro per cento per finanziare il supporto tecnico di Bruxelles per un contributo massimo pari al 4 per cento dei fondi.
Quest’anno dei 226 progetti selezionati nell’ambito del sistema di sostegno, il 60 per cento ha a che fare con lo sviluppo con lo sviluppo dei piani nazionali di ripresa e resilienza. Per valutare i progetti vengono prese in considerazione sia la valutazione sull’urgenza, ampiezza e profondità» delle riforme, sia le «esigenze di sostegno» che vengono valutate sulla base «degli indicatori socioeconomici e della capacità istituzionale e amministrativa generale dello stato membro richiedente».
A oggi sei stati hanno chiesto «sostegno per sviluppare la loro capacità di preparare e attuare i propri piani», questo significa per esempio poter essere accompagnati nell’adozione di nuove procedure amministrative o nella valutazione dei costi del piano di ripresa. Per la Spagna, per esempio, «il sostegno si concentrerà sulla trasformazione digitale della pubblica amministrazione».
L’Italia per ora non ha domandato supporto per il piano in generale, ma per una serie di otto riforme. Tra queste spicca un progetto per l’uso dei dati «per l'analisi del rischio di evasione fiscale», ma anche la riforma delle ispezioni a livello regionale e nazionale, la riforma del sistema di valutazione della disabilità e della protezione sociale, un progetto per inserire i principi di sostenibilità per lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto. Ma anche procedure molto più generali come la valutazione nella programmazione e gestione della spesa pubblica o il miglioramento della metodologia per lo scambio di dati del settore pubblico, il rafforzamento della gestione del cambiamento dei dirigenti e persino «la promozione del processo decisionale basato sull’evidenza».
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