Per la Corte di Lussemburgo a gestire i diritti d’autore possono essere anche società private: gli artisti sono liberi di scegliere a chi affidare i loro brani. Fino ad ora la Siae aveva dominato il mercato. Il presidente Nastasi: «È un vantaggio che ci siano norme chiare per tutti»
La Corte di giustizia dell’Unione europea dà una nuova spinta alla concorrenza nel mercato della raccolta del diritto d’autore. Con la sentenza pubblicata il 21 marzo ha stabilito che le norme nazionali rappresentano «una restrizione alla libera prestazione dei servizi che non è né giustificata né proporzionata».
L’impianto italiano, per cui oltre alla Siae – la Società italiana autori ed editori, che dal 1882 si occupa di tutelare le opere di ingegno – possono raccogliere il diritto d’autore solo associazioni e cooperative (Ogc), e non le società private (Egi), non regge più. A cantare vittoria è soprattutto la Soundreef, la startup londinese che per affiancare i suoi assistiti, ormai dieci anni fa, ha dovuto adeguarsi e fondare la Lea (Liberi editori e autori).
La battaglia della Lea
In Italia la raccolta dei diritti d’autore – cioè i compensi che gli artisti ricevono per l’utilizzo delle loro opere in Internet, televisione e dal vivo – è regolata da un sistema complesso e che ora andrà rivisto. La direttiva Barnier, approvata dall’Unione europea nel 2014, stabilisce che gli autori hanno il diritto di autorizzare un organismo collettivo di loro scelta per la gestione dei diritti autoriali.
La normativa italiana ha recepito solo formalmente la direttiva, impedendo ad alcune categorie di enti di svolgere attività di intermediazione: la legge sul diritto d’autore preclude alle società private di operare in Italia. Per poter svolgere il loro lavoro, questi enti sono costretti a concludere accordi di rappresentanza con la Siae o con altre Ogc. È ciò che ha fatto la Soundreef, costretta appunto a creare la Lea (una no-profit) pena l’esclusione dal mercato.
Nel 2022 la società lussemburghese Jamendo è poi stata chiamata in giudizio dalla Lea, non essendo iscritta all’elenco degli organismi autorizzati. A quel punto i difensori di Jamendo hanno sollevato un’eccezione, portando la pratica davanti alla Corte di giustizia europea.
I legali si chiedevano se la direttiva Barnier contemplasse «l’opzione di riservare la raccolta del diritto d’autore solo alle Ogc, escludendo invece le Egi». No, ha risposto la Corte di giustizia: «La normativa italiana è incompatibile con il diritto dell’Unione perché costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi», si legge in un suo comunicato.
Il dominio della Siae
La pronuncia europea è subito esecutiva. Tutte le società private, dopo essersi iscritte all’Agcom, potranno operare in Italia: gli artisti potranno scegliere più facilmente la società da cui farsi rappresentare, tenendo conto dell’efficienza dell’intermediario in termini di costi, trasparenza e rapidità. La Soundreef è molto soddisfatta, avendo vinto una sua storica battaglia: d’ora in poi potrà operare direttamente sul mercato, senza passare per la Lea.
«La decisione mostra l’importanza di un mercato liberalizzato che accoglie entità private, promuovendo l’innovazione», dice Davide d’Atri, fondatore di Soundreef. Di un passaggio storico parla anche l’avvocato Giovanni Maria Riccio, che ha seguito il caso: «È una buona notizia per autori ed editori, che avranno la libertà di scegliere a chi affidare la gestione dei brani musicali». Per alcuni addetti ai lavori, a uscire sconfitta dalla sentenza sarebbe invece la Siae: il suo mercato, finora condiviso solo con la piccola Lea, sarà presto aperto e concorrenziale.
«Avere una cornice normativa in cui operare a tutela dei nostri autori rappresenta un vantaggio per la Siae. È un intervento che ci viene chiesto dall’Europa, ma soprattutto lo esige il comparto della creatività italiana, che può crescere solo se il diritto d’autore viene protetto», si legge in una nota del presidente Salvatore Nastasi.
Ma la sentenza chiama in causa anche governo e parlamento, che dovranno adeguare la normativa nazionale agli indirizzi della Corte: i giudici di Lussemburgo, infatti, hanno lasciato intendere che c’è «un problema di proporzionalità» tra la restrizione assoluta alla concorrenza della legislazione cassata e la protezione del diritto d’autore, comunque valida.
In passato l’Antitrust aveva già aperto un procedimento verso Siae per abuso di posizione dominante, segnalando al governo la necessità di superare la riserva legale e aprire il mercato alla concorrenza. Sulla vicenda è intervenuta anche l’Agcom, che ha suggerito di pesare la rappresentatività delle società che si occupano della riscossione e creare una banca dati unica. Tutte misure che fino ad oggi sono rimaste lettera morta. Spetterà adesso al legislatore attivarsi e regolare il mercato.
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