Il gruppo guidato da John Elkann produce nel paese iberico più vetture che in Italia e Francia. Sempre più incerto il destino di Mirafiori dopo lo stop alla produzione della Maserati Levante
Mentre gli operai di Mirafiori scendono in sciopero contro la ventilata chiusura dalla fabbrica e il governo italiano accusa Stellantis di privilegiare la Francia rispetto all’Italia negli investimenti, fra i due litiganti un terzo paese festeggia: la Spagna, che nel 2023 ha prodotto più auto di Italia e Francia sommate, e che si prepara a premere l’acceleratore anche sull’elettrificazione.
Il paese iberico è diventato nel decennio scorso il secondo produttore di auto in Europa, preceduto solo dalla Germania, e dopo la crisi del Covid ha confermato questa posizione: nel 2023 le sue fabbriche hanno sfornato complessivamente 1,9 milioni di automobili (+7 per cento sul 2022) di cui circa un milione della sola Stellantis nei tre stabilimenti di Vigo, Saragozza e Madrid. Il paese iberico ha prodotto più auto di Italia e Francia sommate, con rispettivamente 751.000 unità (fonte Fim-Cisl) e 737.000 (secondo il quotidiano francese Les Echos).
In principio fu Seat
Madrid ha attirato dalla fine della dittatura franchista investimenti da parte di molti altri costruttori, sfruttando un costo del lavoro allora nettamente inferiore ai paesi dell’Europa occidentale e una legislazione sindacale più favorevole. La Seat, unico costruttore locale, nacque negli anni Cinquanta come joint venture con Fiat ma fu acquistata negli anni Ottanta dal gruppo Volkswagen.
Il paese ancora oggi può contare sulla presenza di quasi tutti i maggiori costruttori, dai due leader europei Stellantis e Volkswagen a Renault, Ford e Nissan.
Privi di un campione nazionale, i vari governi spagnoli hanno saputo offrire agli investitori le agevolazioni richieste, sfruttando di recente anche i fondi del piano NextGen EU. Un esempio recente è il lungo negoziato con Volkswagen per la produzione di una piccola auto elettrica nello stabilimento di Barcellona e la creazione di una nuova fabbrica di batterie a Sagunto, presso Valencia. Il gruppo tedesco dovrebbe investire 10 miliardi di euro entro il 2026, di cui poco meno di 500 milioni di contributo dai governi spagnolo e regionale, somma alzata da Madrid dopo che Vw aveva minacciato di abbandonare il progetto.
Madrid ha anche finanziato con 300 milioni la cinese Envision per un’altra fabbrica di batterie nella regione dell’Estremadura, una delle meno sviluppate del paese.
La Spagna è in corsa inoltre per altre due gigafactory di batterie, una del gruppo indiano Tata (che possiede i marchi di auto Jaguar e Land Rover) e una della Inobat; senza contare l’ipotesi che in futuro anche Stellantis ne apra una, come ha ventilato già a fine 2022 Uwe Hochgeschurtz, numero uno di Stellantis per la regione Europa.
La produzione complessiva di batterie prevista in Spagna entro la fine del decennio è di 90 gWh (gigawatt/ora), sufficiente ad fornire da 1,5 a 2 milioni di veicoli.
Per quanto riguarda l’Italia, l’unica fabbrica di batterie in progetto di grandi dimensioni è quella che ACC, joint venture fra Stellantis, Mercedes e Total, dovrebbe costruire nel sito dell’attuale fabbrica di motori di Termoli. L’investimento da oltre 2 miliardi di euro, annunciato due anni fa, vedrà un contributo statale di poco più di 300 milioni per la fabbrica da 40 gWh, sufficiente per 600-800mila veicoli, ovvero l’attuale produzione italiana. Il ministro Urso da Bruxelles ha detto giovedì di aspettarsi che la gigafactory «presto sia realizzata anche nel nostro Paese». Stellantis conferma che il progetto procede secondo i piani, in vista dell’avvio della produzione entro il 2026.
Mirafiori si spegne
In questi giorni però il fronte più caldo per il gruppo presieduto da John Elkann è a Mirafiori, che ha visto nei giorni scorsi il ritorno di scioperi improvvisi per protestare contro la ventilata chiusura dalla fabbrica.
Lo storico impianto torinese era già sottoutilizzato lo scorso anno: secondo l’ultimo rapporto della Fim-Cisl, già nel 2023 ci sono stati 31 giorni di fermo produttivo sulla linea della 500 elettrica e ben 99 giorni (il 40 per cento del totale) sulla linea Maserati.
Quest’anno è iniziato ancora peggio, prima con l’annuncio di nuova cassa integrazione su entrambe le linee e poi, nei giorni scorsi, con la notizia dello stop alla produzione del suv Levante entro fine marzo. Se si aggiunge la fine della produzione delle Maserati Ghibli e Quattroporte a fine 2023, per la linea Maserati restano la sportiva GranTurismo e la sorella GranCabrio che dovrebbe arrivare nel secondo trimestre; entrambe però con volumi bassi e non sufficienti a saturare la linea di produzione: il Levante rappresentava finora i tre quarti dei volumi.
Maserati ha annunciato qualche giorno fa che le eredi di Quattroporte e Levante non arriveranno prima del 2027 e del 2028. Si prospettano dunque tre o quattro anni di Cassa integrazione ma c’è un altro rischio: se le future grandi Maserati verranno prodotte sulla piattaforma STLA Large, quella che dovrebbe servire anche alle eredi di Alfa Romeo Giulia e Stelvio, Stellantis potrebbe valutare di concentrarle nello stabilimento di Cassino, dove già si producono le due Alfa e il SUV Maserati Grecale. Una fabbrica, quella di Cassino, anch’essa sottoutilizzata: meno di 50mila auto prodotte nel 2023, con un calo della produzione dell’11 per cento nonostante l’arrivo a pieno regime del Grecale, contro le oltre 150mila del 2017.
© Riproduzione riservata