Tre settimane di cassa integrazione per 2.200 lavoratori dello stabilimento torinese a partire dal 12 febbraio. Fiom-Cgil: «Fabbrica è in agonia. servono nuove produzioni per darle ossigeno»
Mirafiori si ferma di nuovo. Nella giornata di ieri i vertici di Stellantis hanno comunicato ai rappresentanti sindacali uno stop di tre settimane della Carrozzeria, con i 2260 lavoratori interessati che andranno in cassa integrazione. Neanche il tempo di tornare al lavoro, dopo un mese di vacanze di forzate - tra cassa e allungamento delle ferie - che per i dipendenti dello stabilimento torinese è già tempo di tornare a casa.
Nulla di inaspettato, visto che l’ultimo anno in cui Mirafiori ha funzionato a pieno regime è stato il 2007. È il sedicesimo anno di fila in cui l’azienda ricorre a questo strumento per sopperire ai bassi livelli di produzione, in quello che è lo stabilimento simbolo della Fiat, che però da tempo, nei suoi diversi assetti societari (prima Fiat Group, poi Fca, ora Stellantis), ha voltato le spalle a Mirafiori e alla città di Torino.
Il fermo produttivo alla Carrozzeria scatterà tra meno di un mese, il prossimo 12 febbraio, e durerà fino al 3 marzo.
Stellantis ha motivato questa decisione con la necessità di adeguare i flussi di produzione delle vetture assemblate al transitorio andamento della domanda di mercato. Una produzione automobilistica che a Mirafiori cala inesorabilmente anno dopo anno: nel giro di 15 anni si è passati da più di 200 mila vetture prodotte a circa 20 mila vetture realizzate ogni anno, un calo che supera il 90%. Un vero e proprio tracollo che non ha mai visto una seria proposta di rilancio da parte dell’azienda, che al contrario sembra voler condurre lo stabilimento torinese verso la morte naturale, con il 70% dei lavoratori che sarà in pensione entro la fine del decennio.
Adesso però i lavoratori si preparano a un altro anno segnato dal ricorso alla cassa integrazione, che è già costata decine di migliaia di euro alle loro buste paga, e i sindacati sono nuovamente sul piede di guerra, denunciando la volontà sistematica da parte di Stellantis di concentrare le produzioni in altri stabilimenti e in altri Paesi, alla luce anche delle recenti inaugurazioni in Serbia e in Algeria.
Edi Lazzi, segretario generale della Fiom-Cgil di Torino, dichiara: «Il 2024 non poteva iniziare peggio di così. Dopo lo stop per un intero mese a scavallo dell’anno, ecco che arriva la nuova comunicazione di cassa integrazione. Sono numeri inquietanti, tanto più alla luce dello sbarco nel mercato statunitense della 500 elettrica». Quest’ultima è uno degli ultimi modelli prodotti a Torino, ma non basta da sola a garantire la sopravvivenza dello stabilimento. «Mirafiori è in agonia - continua Lazzi - , è necessario darle ossigeno con nuove produzioni. Questo è un altro segnale che mi fa sostenere che abbiamo fatto bene con Fim e Uilm, a scrivere il documento unitario per il rilancio di Mirafiori e dell’automotive in generale».
Considerazioni condivise da Gianni Mannori, responsabile della Fiom per lo stabilimento di Mirafiori: «La cassa integrazione penalizza in modo significativo a livello economico le lavoratrici e i lavoratori. Con il 2024 siamo entrati nel diciassettesimo anno consecutivo di utilizzo degli ammortizzatori sociali in Carrozzeria. Questo vuol dire che gli operai hanno perso decine di migliaia di euro di stipendio nel corso di questo lunghissimo tempo».
Mannori pone anche l’attenzione sugli ingenti profitti che vengono registrati da Stellantis ma non sono reinvestiti nel nostro Paese, nonostante la dose importante di aiuti statali ricevuti nel corso degli anni: «Ecco perché abbiamo chiesto all’azienda, senza al momento ricevere risposta, di integrare economicamente il differenziale retributivo anche a fronte dei grandi introiti che il gruppo Stellantis ha fatto nel corso del 2023». Una richiesta netta, ma che difficilmente verrà esaudita dall’azienda, che ha deciso di focalizzare il suo business e le sue produzioni lontane dall’Italia e da Torino, e quella che una volta era la capitale dell’auto è sempre più abbandonata a sé stessa, dove l’unica iniziativa sembra il ricorso alla cassa integrazione.
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