- I costi dei fertilizzanti hanno raggiunto livelli record, Russia e Ucraina hanno bloccato le esportazioni, che si erano già ridotte con lo stop della Cina a fine 2021 per via dell’aumento dei prezzi dell’energia. Gli agricoltori sono preoccupati.
- Se per Russia e Ucraina dipende dalla guerra, a bloccare la Cina alla fine dell’anno scorso ci hanno pensato i costi dell’energia che hanno portato alla contrazione della produzione anche in Europa. Confagricoltura già a settembre 2021 lanciava l’allarme: «A livello mondiale, ci sono segnali di vero e proprio accaparramento».
- L’Unione europea, partendo dalla politica agricola comune, punta su una riduzione dell’utilizzo, ma non sarà facile. Per gli agricoltori l’Europa deve agire in maniera coordinata.
La guerra in Ucraina è sempre più un pericolo per i raccolti agricoli. I costi dei fertilizzanti hanno raggiunto livelli record dopo che Russia e Ucraina hanno bloccato le esportazioni, ma le quantità disponibili si erano già ridotte per via dell’aumento dei prezzi dell’energia dalla fine dell’anno scorso, quando la Cina ha deciso di bloccare l’export e le imprese europee hanno cominciato a produrre di meno per via dei costi dell’energia.
Gli agricoltori lanciano l’allarme: «Le conseguenze – ha detto il presidente di Confagricoltura, Mauro Giansanti – possono essere particolarmente pesanti sul piano della disponibilità e dei prezzi. Rischiamo una contrazione dei raccolti».
«Le conseguenze – ha detto il presidente di Confagricoltura, Mauro Giansanti giorni fa – possono essere particolarmente pesanti sul piano della disponibilità e dei prezzi. Rischiamo una contrazione dei raccolti». Il ministro per l’Agricoltura Stefano Patuanelli ha detto venerdì in tv che questa «è la vera emergenza».
Lo stop della Russia
Ammoniaca, azoto, nitrati, fosfati, potassio e solfati, i componenti dei fertilizzanti chimici, spiega Cnbc, sono aumentati del 30 per cento dall'inizio dell'anno e ora superano i prezzi visti durante la crisi alimentare ed energetica nel 2008.
Questo perché la Russia e l'Ucraina sono tra i più importanti produttori di materie prime agricole al mondo ma anche di concimi chimici, ed entrambe all’inizio di marzo hanno bloccato le esportazioni a seguito del conflitto.
Secondo la Fao (l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), nel 2021, la Russia è stata il primo esportatore mondiale di fertilizzanti azotati e il secondo fornitore di fertilizzanti potassici e fosforici.
La Federazione Russa produce 50 milioni di tonnellate di fertilizzanti, circa il 15 per cento dell’intera produzione mondiale. L’Unione europea e il Brasile sono i principali acquirenti.
Alla decisione della Russia si aggiungono le sanzioni dirette anche alla Biellorussia. L’Unione europea ha infatti deciso di bloccare l’import di cloruro di potassio, un altro ingrediente base dei fertilizzanti. L’esito avrà un forte effetto a catena sui mercati alimentari globali.
Il commercio nel resto del mondo inoltre, riporta Cnbc, non si è fermato, ma è stato comunque gravemente rallentato perché importatori e noleggiatori di navi si tengono alla larga dalla Russia alla luce dell'invasione dell'Ucraina.
I prezzi dell’energia
Il responsabile del settore fertilizzanti della società di consulenza Cru, Chris Lawson, ha ricordato l’impatto dei picchi del prezzo del metano: «Il gas è un input chiave per la produzione di fertilizzanti. I prezzi elevati del gas hanno portato a una riduzione della produzione in regioni come l'Europa, restringendo ulteriormente un mercato già ristretto».
Il calo della produzione infatti è partito alla fine dell’anno scorso e ha riguardato anche l’Italia. A settembre 2021 Confagricoltura registrava tagli dell’attività da parte delle principali imprese produttrici di fertilizzanti e spiegava che alla chiusura di alcuni stabilimenti nel Regno Unito, si è aggiunto l’annuncio del taglio del 40 per cento della produzione in Europa da parte di uno dei principali produttori a livello mondiale di ammoniaca – da cui si ricavano i fertilizzanti –, la Yara International, primo operatore italiano del settore.
I costi di produzione non vengono generalmente trasferiti sui prezzi di vendita dei prodotti, come si vedrà a breve: «L’ulteriore aumento dei prezzi dei fertilizzanti, o addirittura una prolungata carenza, porterebbe fuori controllo la situazione sotto il profilo economico e produttivo, con possibili ripercussioni sociali nei paesi meno avanzati, dove la spesa per l’alimentazione ha un’incidenza elevata sul costo della vita» si legge in un comunicato di Confagricoltura. Già ora «a livello mondiale, ci sono segnali di vero e proprio accaparramento».
In un approfondimento recente, Wired ha spiegato che la sintesi industriale dell’ammoniaca, che avviene a partire da azoto e idrogeno attraverso un processo chimico noto come Haber-Bosch, impegna tra l’1 e il 2 per cento di tutta l’energia generata a livello globale.
La prima a reagire, creando ancora più difficoltà al mercato, è stata la Cina, che a novembre del 2021 ha deciso di vietare l’esportazione di fertilizzanti fino a giugno del 2022 per tutelare il proprio mercato.
Ridurre la dipendenza dai concimi
La guerra ha complicato ulteriormente le cose. In Italia l’uso di prodotti chimici è in costante calo da anni ma i fertilizzanti continuano a essere fondamentali per ottenere quantità e rese adeguate. L'Unione europea tutta con la Politica agricola comune vuole provare a ridurre i consumi, e ha promesso che saranno ampliate ulteriormente le strategie e le tecnologie per produrre alternative a base biologica con proprietà simili o migliori a partire da residui di provenienza locale.
Oltre a quella agricola, la guerra tocca anche la produzione della carne, visto che l’Ucraina è uno dei principali paesi esportatori di mangimi.
La Commissione prova a dare una soluzione al doppio problema promuovendo l’incremento delle proteine vegetali coltivate nell'Ue e l’utilizzo di materie prime per mangimi alternative. Si tratterebbe di piante come pisello proteico, fave e favette, lupino dolce, proteoleaginose (girasole, soia, colza) e foraggere leguminose (erba medica, trifoglio), che arricchiscono naturalmente il suolo riducendo l'esigenza di ricorrere a concimi sintetici.
Nello specifico, nella strategia "Dal produttore al consumatore" si punta a ridurre l'uso di concimi di almeno il 20 per cento entro il 2030 e nel destinare almeno il 25 per cento dei terreni agricoli dell'Ue all'agricoltura biologica entro il 2030. Per finire l’Unione europea raccomanda le modalità più tradizionali: la rotazione delle colture.
In attesa che le misure diano i loro frutti, la Commissione ha invitato gli stati membri a rivedere con urgenza i rispettivi piani strategici della Pac per spingere gli agricoltori all'adozione di pratiche che riducano l'uso di concimi e ne ottimizzino l'efficienza.
Adesso però serve coordinamento: «La situazione va attentamente monitorata - ha puntualizzato il presidente Giansanti -. Potrebbe rendersi indispensabile una reazione concertata in sede multilaterale per garantire al massimo le operazioni colturali in vista dei nuovi raccolti».
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