- Il nuovo amministratore dell’Anas sposa la linea dei predecessori e in una lettera chiede al ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, una «conferma della proroga della concessione fino al 31 dicembre 2052».
- La concessione dello stato all’azienda delle strade è valida fino al 2032. Alla base della proroga ventennale rivendicata c’è una semplice consulenza legale a pagamento.
- La proroga della concessione valutata circa 1 miliardo e mezzo di euro è il fondamento finanziario della fusione dell’Anas nelle Fs. La svalutazione del patrimonio appare l’unica via percorribile.
L’Anas avrà anche tanti difetti, ma è dotata di un pregio granitico: l’insistenza. Peccato che questa qualità i dirigenti dell’azienda delle strade che fa parte del gruppo Fs la stiano mettendo al servizio di una causa discutibile: l’allungamento automatico di 20 anni della concessione statale dal 2032 al 2052.
Sono quattro anni che insistono solfa e ora anche il nuovo amministratore delegato, Aldo Isi, porta il suo contributo. In una lettera di tre pagine indirizzata tra gli altri al ministro delle Infrastrutture (Mims), Enrico Giovannini e all’amministratore della capogruppo Fs, Luigi Ferraris, Isi chiede «conferma di un adeguamento della durata della concessione … entro il limite massimo del 31 dicembre 2052».
Tanta pervicacia ha un presupposto incerto, una semplice consulenza legale a pagamento, un parere che esprimeva solo una probabilità: l’allungamento della proroga si può fare all’80 per cento.
Tanto è bastato per indurre i dirigenti Anas e i ministri dei Trasporti che di fatto li hanno fiancheggiati a ingaggiare una battaglia con la quale non hanno fatto un passo in avanti, ma della quale pare non riescano a fare a meno.
La divisione dell’Anas
In tutto questo tempo hanno ricevuto solo dinieghi come quelli dell’Avvocatura dello stato prima e di recente della Corte dei conti. Nonostante ciò insistono considerando quegli autorevoli pronunciamenti acqua fresca, come se l’Anas fosse una repubblica autonoma.
A sostegno del nuovo ciclo di rivendicazioni per l’allungamento della concessione c’è il decreto Infrastrutture dell’autunno dell’anno passato.
Quel provvedimento poi convertito in legge è intervenuto sull’Anas dividendo l’azienda in due: l’Anas 1 per la solita gestione e manutenzione dei circa 30 mila chilometri di strade statali. E l’Anas nuovo modello o Anas 2 con dentro le molte partecipazioni azionarie nelle autostrade a pedaggio e la missione di gestire quelle eventuali future, dalla Salerno-Reggio Calabria al Grande raccordo di Roma.
In pratica è stato adottato uno schema societario simile a quello già vigente alle Poste e alla Rai dove esistono due contabilità parallele e separate, una per i contributi statali concessi per lo svolgimento del servizio pubblico e una seconda per la parte a mercato.
Anche l’Anas ha proceduto a una separazione contabile dei due tipi di attività e l’amministratore Isi lo ricorda ai suoi interlocutori nella lettera: «L’impianto del sistema di contabilità separata è già esistente».
Il punto è che ciò non basta, come ha ribadito il magistrato Pino Zingale della Corte dei conti nella sua relazione annuale sull’azienda delle strade. Tra i tanti motivi di insufficienza ce n’è uno palese: per quanto l’Anas 1 sia organizzata come una sorta di parente povero di Anas 2, essa non è un’azienda completamente svincolata dal mercato.
Svalutazione inevitabile
Prima di tutto essa riceve dallo stato una remunerazione del 9 per cento sugli investimenti effettuati (fino a qualche mese fa era il 12,5) e poi oltre ai contributi statali necessari allo svolgimento del servizio regolato dal Contratto di programma con lo stato, l’Anas 1 incassa pure proventi dal mercato.
Il magistrato della Corte dei conti è stato chiaro: «La circostanza che Anas gestisca “solo” tratte non a pedaggio non pare possa configurarsi come dirimente del problema, poiché alla gestione delle tratte stradali ed autostradali non a pedaggio è connessa tutta una serie di proventi ulteriori scaturenti dalla gestione delle aree di servizio, distributori, passi carrai e trasporti speciali, per i quali, anche su quelle tratte, gli utenti sono tenuti al pagamento di un corrispettivo in favore di Anas e, quindi, di assoluto rilievo ed interesse per il libero mercato».
La conclusione della Corte dei conti è che «la norma (il decreto del governo ndr) non appare risolutiva del problema, in quanto non ha inciso sul tema critico della prorogabilità dell’attuale concessione» e in ogni caso non si può procedere senza un parere della Commissione europea.
La soluzione sarebbe la svalutazione del patrimonio Anas di un miliardo e mezzo di euro, ma quel patrimonio è alla base dell’incorporazione di Anas nelle Fs.
Svalutare significa far saltare quell’operazione che è servita a poco e a distanza di quattro anni dall’avvio non ha prodotto neanche un euro di efficienza operativa, come ha riconosciuto con onestà intellettuale l’ex amministratore Massimo Simonini. A Domani risulta che il presidente del Consiglio Mario Draghi abbia avocato a sé l’intricata faccenda per poi decidere.
Daniele Martini
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