Le scelte del governo dimostrano un’intenzione che è solo di facciata. E che così rischia di fare ancora più danni
Sarà la coda delle restrizioni del Covid, sarà la calura estiva, ma la gente ha voglia di viaggiare e gli aerei sono presi di assalto. Però il Covid ha tenuto a terra gli aerei, e non ne sono stati ordinati di nuovi; ci sono da riassumere e addestrare piloti e meccanici; gli aeroporti congestionati hanno imposto la cancellazione di migliaia di voli; la guerra in Ucraina ha reso impraticabili alcune rotte, e a tutto questo si aggiungono gli scioperi a singhiozzo.
Che siano aumentati i biglietti, specie sulle tratte turistiche, non dovrebbe stupire. Ma il governo, conscio che per gli italiani le vacanze sono sacre, e a caccia di qualche consenso, per bocca del ministro Urso ha dichiarato il caro-voli « inaccettabile », aggiungendo «interverremo». Come, non si capisce, visto che il mercato è libero.
Sussidi ai vacanzieri
A prescindere che il tutto esaurito sui voli per le vacanze non è esattamente sintomo di un’emergenza sociale da richiedere un intervento governativo; che le vacanze in aereo non mi sembrano un bene di prima necessità; che se una tratta è troppo cara si può cambiare meta; un improbabile intervento governativo che calmierasse i prezzi costituirebbe un sussidio per qualcuno che in vacanza ci sarebbe andato comunque. Adesso si dice di voler intervenire solo sui voli per le località turistiche dove non c’è alternativa.
Ma se non c’è alternativa il problema è la mancanza di concorrenza. Ci si doveva pensare prima. Ironico da parte di un governo che ha avuto il controllo di una compagnia aerea. Che forse dovrebbe finalmente capire quanto la concorrenza sia importante per il bene dei consumatori, invece di difendere lobby varie.
Interventi irrilevanti
Adesso si replica con i mutui a tasso variabile, la cui rata è schizzata con gli aumenti della Bce. Anche qui il governo è intervenuto per promuovere un accordo con le banche, se capisco bene, per facilitare la rinegoziazione del mutuo passando al tasso fisso (entro certi limiti di importo e reddito) e permettere allungamento dell’ammortamento per ridurre le rate, ma solo per l’acquisto della prima casa. Intervento irrilevante.
Il passaggio al tasso fisso e il cambiamento della durata del mutuo è già possibile con la surroga, un provvedimento del 2007 che ha realmente favorito la concorrenza. Inoltre il tasso fisso oggi può non essere conveniente. Chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile in passato ha beneficiato a lungo di una rata inferiore al tasso fisso. Ora paga di più, ma per quanto ancora?
La maggioranza degli economisti prevede a settembre un tasso Bce al 4 per cento, ma stima che questo tasso scenda rapidamente al di sotto del 3 per la fine del 2024, per poi scendere ulteriormente. Poiché il tasso Irs a 10 anni, il riferimento al quale verrebbe fissato il mutuo a tasso fisso, è oggi superiore al 3, è molto probabile che il tasso variabile torni ad essere conveniente fra 18 mesi. Perchè quello che conta è la convenienza del mutuo calcolato su tutto l’arco della sua durata.
Manca invece un incentivo perché le banche volontariamente riducano le rate, rimodulando l’ammortamento del capitale, a favore dei debitori in oggettiva difficoltà coi pagamenti. Una soluzione che converrebbe anche alle banche perché l’ultima cosa che vogliono è un mutuo che diventa una sofferenza, andando a impattare il conto economico.
Si potrebbe per esempio intervenire permettendo alle banche di considerare il mutuo così rimodulato in bonis ai fini del bilancio e dei modelli di rischio; o tramite incentivi fiscali mirati. Tanta voglia dirigismo del governo, quindi, ma inutile e di facciata. Peggio del dirigismo c’è solo il suo uso a caccia di consensi.
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