Il ministro Giancarlo Giorgetti torna a proporre sconti fiscali per rilanciare le nascite. Ma non basta un intervento sulle detrazioni, e una vera riforma affonderebbe i conti pubblici
Si fa presto a dire “meno tasse a chi fa figli”. Poi, quando lo slogan va tradotto in fatti concreti, passando dalle parole della propaganda alla concretezza delle norme di legge, c’è il rischio di infilarsi nel vicolo cieco delle risorse che mancano.
Due giorni fa, per dire, è spuntato dal gran frullatore delle ipotetiche misure della prossima manovra anche una nuova proposta attribuita a Giancarlo Giorgetti. Il ministro dell’Economia vorrebbe combattere a suon di incentivi fiscali la cronica carenza di culle nel nostro paese.
L’ipotesi allo studio sarebbe quella di aumentare gli sconti sulle tasse ai genitori in proporzione al numero dei figli a carico. Tutto si gioca sulle detrazioni d’imposta, che avranno un tetto ad altezza variabile anche per favorire le famiglie numerose. Il limite non sarà quindi applicato solo in base al reddito, come già accade con la franchigia di 260 euro per tutte le detrazioni, salvo quelle sulle spese sanitarie, che riguarda chi guadagna più di 50 mila euro. Queste, secondo le indiscrezioni, sarebbero le ipotesi su cui stanno lavorando i tecnici del ministero.
Costi incerti
Difficile stimare quanto potrà essere il costo a carico delle casse pubbliche dei provvedimenti allo studio, anche perché non c’è chiarezza sull’entità dello sconto e neppure sulle spese che, secondo il governo, sarebbero in grado di incentivare le nascite e quindi andrebbero favorite con un’agevolazione fiscale.
Tra le detrazioni in vigore c’è per esempio quella che riguarda “le spese per la frequenza di scuole per l’infanzia”, che nel calderone delle agevolazioni fiscali sono associate a quelle per la scuola secondaria e ai corsi di istruzione universitaria. Questa categoria di detrazioni costa complessivamente allo stato 613 milioni l’anno, secondo quanto si legge nella relazione della commissione in materia di “tax expenditures”. Se l’agevolazione in questione fosse rimodulata in base al numero dei figli, l’onere per lo stato potrebbe lievitare di qualche centinaio di milioni, ma anche molto meno se lo sconto venisse ridotto o tagliato del tutto per il contribuente senza prole. La stessa manovra potrebbe essere applicata per altri capitoli che in qualche modo riguardano l’infanzia.
Da quel che emerge dai documenti governativi, questo gran lavoro di tagli e cuci forse non avrebbe effetti devastanti sui conti pubblici, ma c’è anche il rischio che produca ben pochi effetti concreti sulle nascite. Sempre secondo la relazione sulle tax expenditures, la detrazione del 19 per cento per le spese di frequenza agli asili nido costa allo Stato 9,6 milioni l’anno. Poca cosa davvero, anche perché il problema principale che devono affrontare milioni di genitori è l’assenza di asili nido, non tanto il loro costo.
Altra cosa sarebbe istituire quello che è stato definito “quoziente familiare per le detrazioni”. In sostanza, tutte, ma proprio tutte, le detrazioni verrebbero rimodulate favorendo i genitori rispetto ai single e alle famiglie senza figli. Questa però sarebbe una vera e propria rivoluzione che pare difficile da tradurre in norme concrete in tempo per la prossima manovra di bilancio. E poi c’è il tema, non proprio secondario, degli oneri per i conti pubblici di un intervento di così vasta portata.
Difficile, anche in questo caso, dare indicazioni precise, ma siamo nell’ordine dei miliardi. Un costo che sembra fuori portata per un governo che fatica a mantenere le promesse su molti altri capitoli, dalla previdenza alla sanità. In questi giorni è stato tirato in ballo il riordino delle tax expenditures, cioè del complesso delle agevolazioni fiscali, un elenco lunghissimo che comprende ben 625 voci, tra detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta, che nel 2023 sono costate all’erario, in termini di minor gettito, 82 miliardi.
In sostanza, si tratterebbe di cancellare o rimodulare alcuni di questi sconti per finanziare le nuove misure a favore della natalità. Il problema è che da quasi un decennio tutti i governi promettono una revisione delle tax expenditures che è rimasta solo sulla carta. Anzi, le agevolazioni censite da una commissione ad hoc sono addirittura aumentate.
Azione shock?
Sembra difficile che adesso nel giro di poche settimane il governo trovi il modo di risolvere il rebus, anche perché toccare alcune agevolazioni può avere un costo elevato in termini di consenso politico. Molti sconti sono infatti tagliati su misura di alcune categorie, sono provvedimenti che hanno «prevalente finalità di scambio con i vari gruppi di interesse», si legge nell’ultima relazione sull’argomento redatta dagli esperti scelti dall’esecutivo. Ecco perché l’auspicio di Giorgetti – meno tasse per chi fa figli – rischia, nella migliore delle ipotesi, di trasformarsi in un obiettivo da centrare nell’arco della legislatura. «Dobbiamo immaginare un’azione shock» per rilanciare la demografia italiana scandì lo stesso Giorgetti in parlamento nel corso dell’audizione sul Def di aprile 2023. Il ministrò spiegò che vanno rimossi “gli ostacoli alla natalità, perché non possiamo tassare ugualmente sigle e genitori”. Nell’ultima manovra, quella del 2024, il governo ha varato solo alcuni interventi in tema di natalità, con modesti risultati concreti. Nessuna “azione shock” finora, ma molta propaganda.
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