Da alcuni giorni la politica e i media italiani si appassionano a una delle più strepitose fiction di fanta-economia degli ultimi anni, la scalata del fondo d'investimento americano Kkr alla Tim, la società telefonica proprietaria niente di meno che della rete telefonica nazionale. Per capirsi, in quasi tutte le decine di milioni di case e uffici quel filo che collega al mondo è di proprietà della Tim, società quotata in Borsa e privata dal 1997.

La partita sarebbe dunque di importanza capitale per il futuro del paese, se fosse davvero in corso. Punto sul quale è doveroso avanzare qualche dubbio. Invece la narrazione di questi giorni dà tutto per vero ed è quello che, legittimamente, sono portati a credere i lettori non esperti, circa il 99 per cento.

Cominciamo dai fondamentali. Che cos'è un'Opa? L'Offerta pubblica di acquisto è lo strumento con cui un soggetto può acquistare un grosso pacchetto di azioni di una società quotata in Borsa senza telefonare a casa a tutti gli azionisti, decine di migliaia.
Si passa attraverso la Consob, l'autorità indipendente che vigila sui mercati finanziari e si rivolge a tutti gli azionisti un'offerta formale: a tutti gli azionisti che andranno in banca a firmare i moduli di adesione verranno pagati tot euro per ogni azione consegnata. Nel momento in cui l'Opa viene annunciata essa è vincolante per l'offerente, cioè non può essere ritirata.

La vicenda Tim-Kkr non risponde in niente a questi presupposti. Basta rivedere il film degli ultimi giorni per farsi delle domande.

L’andamento del titolo

La settimana scorsa il titolo Tim è andato bene in Borsa, dopo mesi di agonia al ribasso. Venerdì 19 addirittura ha guadagnato il 3,6 per cento in una giornata in cui il listino di Milano ha chiuso la giornata in perdita. Appena chiusa la Borsa la Standard & Poor's ha comunicato di aver abbassato il rating di Tim, cioè di aver constatato che la società è messa peggio di quanto si credesse.

Sabato mattina la Repubblica scrive che la maggioranza dei consiglieri di amministrazione di Tim ha chiesto l'immediata convocazione del consiglio per discutere del pessimo andamento della gestione dell'amministratore delegato Luigi Gubitosi. Sullo sfondo si intravede l'idea di cacciarlo.

Queste due notizie dovrebbero spiegare perché il giorno prima, sulla base di queste indiscrezioni, qualcuno si è precipitato a comprare azioni Tim facendo salire il prezzo? Non torna.

Infatti domenica mattina il Corriere della sera dà la notizia vera (diciamo), cioè che il fondo Kkr si appresta a lanciare un'Opa su Tim e che infatti Gubitosi ha chiesto la convocazione di un cda straordinario per il pomeriggio stesso di domenica. Questo sì che spiega il rialzo di venerdì.

Nel cda di Tim di domenica pomeriggio si verificano alcuni fenomeni sopranaturali, comunque senza precedenti nella storia del capitalismo italiano che pure è sempre stato in grado di combinarne di ogni tipo.

Alla fine del cda una nota ufficiale della Tim informa il popolo che a Gubitosi è arrivata una lettera con cui Kkr ha avanzato una "manifestazione di interesse non vincolante" per il lancio di un'Opa. Notate bene. Kkr non comunica niente a nessuno.

Tocca a Tim, la società obiettivo dell'Opa, la preda, comunicare al mercato che c'è una finanziaria americana che ha scritto a Gubitosi per dirgli che forse, ma forse, lancerà un'Opa. E che se lo facesse lo farebbe al prezzo di 0,505 euro per azione (notate la precisione al millesimo di euro), e però questo prezzo è da considerarsi "oltre che non vincolante, anche meramente indicativo".

Quindi: forse (ma forse) Kkr farà un'Opa, e che se la farà, ma nessuno si impegna a dire che la farà, lo potrebbe fare al prezzo per azione di 0,505 euro, che potrebbero anche essere 0,405 oppure 0,705, o magari 1 euro per azione.

Tim comunica di non sapere come girerà l'umore nelle prossime settimane ai signori di Kkr, comunque è bene che il mercato azionario inizi a scommettere. La Consob tace, cioè acconsente.

Venerdì scorso il titolo aveva chiuso poco sotto i 35 centesimi, lunedì c'è stato un boom di acquisti che ha portato il prezzo a sfiorare i 46 centesimi, con un progresso vicino al 30 per cento.

Chi venerdì ha comprato azioni Tim per 10 milioni di euro le ha potute rivendere lunedì per 13 milioni. Sono i momenti meravigliosi del libero mercato. Peraltro già ieri le azioni Tim hanno messo la retromarcia, perdendo oltre il 4 per cento, il che significa che anche il mitico mercato sente puzza di fiction.

A scatola chiusa?

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Il secondo momento meraviglioso è che Tim comunica al mercato che Kkr ha chiesto di fare una due diligence di quattro settimane prima di decidere se lanciare o no l'Opa. Questo va spiegato. Se uno compra un'auto usata chiede di farla prima vedere al suo meccanico di fiducia.

In gergo finanziario si chiama due diligence, non si chiama il meccanico ma si mandano schiere di esperti a controllare le carte contabili per vedere che la società non sia bacata. Questo in genere avviene per le società non quotate in Borsa, quelle dove ci sono un padrone e un acquirente. L'acquirente, prima di firmare l'assegno, chiede di poter vedere bene la situazione.

Ma le azioni quotate, come quelle di Tim, vengono comprate e vendute ogni giorno e quindi su di esse è obbligatoria per legge la massima trasparenza, sotto forma di bilanci ultra dettagliati pubblicati a cadenza trimestrale.

L'idea della due diligence chiesta da Kkr è dunque stravagante. Anche perché scatta un meccanismo perverso. Dicono che forse offriranno il prezzo di forse 0,505 euro per azione. E se dopo la due diligence Kkr comunica che rinuncia a lanciare l'Opa? Può la Consob accettare il caso che Kkr comunichi al mercato, a cui ha fatto promettere l'Opa da Gubitosi, che l'Opa non la fa più perché ha scoperto con la due diligence che Tim sta messa molto peggio di quanto credevamo?

Infine. Dicono le "indiscrezioni" (sarebbe bello sapere chi le fabbrica) che Kkr, dopo aver scalato Tim, vuole scorporare la rete e cederla allo stato. Discorso molto complesso di cui prendiamo solo un punto. Per operazioni di questo tipo ci vuole l'assemblea straordinaria, dove le delibere vanno approvate da due terzi del capitale presente in assemblea.

Siccome il maggiore azionista attuale, la francese Vivendi, e la Cassa Depositi e Prestiti sommano più di un terzo del capitale, esattamente il 33,56 per cento, se e deduce che Kkr dà la scalata alla Tim ma, se Vivendi e Cdp si tengono le loro azioni, dopo aver speso miliardi per la scalata deve chiedere ogni volta il permesso a Vivendi e Cdp per ogni mossa. E si potrebbe proseguire a lungo con altri errori quasi infantili commessi dagli sceneggiatori della fiction.

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