- Tre anni dopo aver rilevato Time Warner per oltre 85 miliardi di dollari, At&t ha firmato un accordo che prevede la fusione tra la medesima Warner e Discovery.
- L’obiettivo è creare una società capace di competere nel mercato dello streaming.
- Potrebbe sembrare che un’industria di servizi grande e grossa si stia mangiando in due bocconi altrettante aziende specializzate nel prodotto. Ma sono state le prede a scegliersi il cacciatore.
Ieri At&T (American telephone and Telegraph incorporated) ha annunciato che dopo essersi unita nel 2018 con una fusione da 85 miliardi a Time Warner (la proprietaria di Cnn, Gatto Silvestro e Il Trono di Spade, tanto per citare) ora si avvia a fondere la medesima Warner, che adesso si chiama WarnerMedia, con Discovery, il principale produttore di documentari, reality e quant’altro, presente con canali propri in tutto il mondo. Stavolta il valore della fusione (una goduria per le banche d’affari che dovranno sbrogliare le matasse di diritti, proprietà e garanzie) ammonta a 150 miliardi di dollari.
In buona sostanza, sia con la prima fusione che con la seconda un colosso dei telefoni, abituato a fare soldi emettendo una bolletta, corre a fondersi con due soci capaci di renderlo compartecipe dei guadagni ben più complessi e articolati che sono conseguibili attraverso la gestione di biblioteche ricchissime per le tv d’ogni tipo e per gli archivi che ti consentono una visione a pagamento. Unico interlocutore, il ceto medio (quello non impoverito) mondiale (quasi tre miliardi di persone) che potrà pagarsi racconti, documentari e inchieste a iosa.
Se uno vede con occhio ingenuo la cosa dall’esterno potrebbe pensare che una industria di servizi grande e grossa si stia mangiando in due bocconi altrettante aziende specializzate nel prodotto.
La verità, ci scommetteremmo sopra qualche euro, è che sono state le seconde a scegliersi il compratore e che ben poco lo faranno comandare. Infatti, se creare connessione è molto bello, e tutte le compagnie di telecomunicazione ci raccontano di sentirsi profondamente appagate dallo svolgere tale fantastica e tecnologica missione, poi la realtà è che sulle migliaia di fibre ottiche, nelle caverne dove pulsano a migliaia i server, nelle cabine presso gli edifici e, infine, nei fili che corrono dentro le mura fino all’appartamento, deve travasarsi un mondo di racconto. Il principale argomento di marketing per farsi scegliere come fornitori della linea del telefono è sempre più l’assicurazione dell’accesso a un catalogo succulento di cui siano proprietari originali. Infatti non basta noleggiare prodotti seducenti perché chi te li presta, alla scadenza, è pronto a darli a un altro.
Lo sa bene Mediaset che non è riuscita a dare corpo alla sua Premium tv perché come prodotti di richiamo aveva solo quelli che una qualche compagnia di Hollywood gli cedeva a caro prezzo. Oppure, peggio ancora, si svenava per i diritti del pallone che, tranne che per il Milan e qualche squadretta sua satellite, erano nelle affamate e infedeli mani dei presidenti delle squadre.
La caccia non è finita
Se tanto ci dà tanto potremmo attenderci altre mosse, dalla stessa At&T oppure da Disney per ritagliarsi pezzi di mondo con la forza unita delle reti e del prodotto. Per non dire che gli stessi cinque big detti GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) già oggi si pestano i piedi l’un con l’altro contendendosi i clienti per spremerne dati, soldi e abbonamenti. Da queste parti ci sono soldi a montagne che attendono d’essere impiegati come legioni per assicurare i confini degli imperi.
Ecco allora che potrebbe capitare tutto e il suo contrario. Perfino che l’ottima At&T, avendo speso molto per ingoiare l’industria del prodotto, si trovi ridotta al punto di lasciare la preda a qualcuno di questi giganti della rete. Oppure, all’opposto, che per evitare la sventura, i fondi di investimento e le banche che la stanno assistendo rilancino ancora perché si espanda su tutta la filiera acquisendo squadre sportive di richiamo, una qualche compagnia social piccola ma tosta, come Snapchat o come Twitter e chissà cos’altro ancora.
Nel mentre questo accade, le camere italiane sono impegnate a trovare i cirenei che dovrebbero trasportare nel futuro quella tv locale che vien detta Rai. E ci si affanna e s’arrovella sul come realizzare una decente rete digitale (non si sa se unica o sbinata). Sulla quale veloci correranno le offerte irresistibili del sistema americano.
Ma questa è storia di riforme (mancate) nostre, e non sono affari loro.
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