Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L’illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


I tossicodipendenti sono come degli ammalati bisognosi di cure particolari. Non è soltanto la dissuefazione dalla dipendenza fisica che porta al loro recupero e al loro reinserimento.

La disintossicazione dell’organismo può avvenire anche nel giro di un paio di settimane.

Ma se ci si arresta a questa soglia, non si è realizzato proprio nulla: resta una fortissima dipendenza psicologica, tanto forte da indurre il soggetto già disintossicato a tornare alla droga. Questo è l’aspetto più grave dal punto di vista sanitario: i medici sanno quanto è difficile arrivare al totale recupero di un soggetto tossicodipendente da eroina.

Noi sappiamo che negli Usa, dove il problema è stato affrontato già da anni e dove esistono strutture senz’altro più efficienti di quanto non siano quelle nostre, la percentuale dei soggetti pienamente recuperati dallo stato di tossicodipendenza da eroina è appena del 3%.

In quel Paese si spendono milioni di dollari per creare istituti specializzati, per garantire al soggetto anche parzialmente recuperato un seguito di attenzione e cura da parte di psicologi e sociologi. Se teniamo conto che nella sola città di New York è concentrato un gran numero di tossicodipendenti (circa 500.000), ci rendiamo conto di quale entità sia il problema anche per gli Stati Uniti che sono un Paese all’avanguardia in queste strutture di recupero.

Da un punto di vista medico, la tossicodipendenza si presenta con tutte le caratteristiche di una malattia, anche se i soggetti interessati non vogliono ammetterlo: una malattia che investe la persona tanto dal punto di vista fisico che da quello psichico. Si verificano gravi danni alla corteccia cerebrale, al sistema nervoso centrale e all’apparato respiratorio, per via delle piccole, ripetute embolie causate dall’uso non accorto delle siringhe.

Il tossicodipendente è soggetto a delle paurose crisi di astinenza: i medici sanno che al manifestarsi di queste «sindromi», il soggetto è capace di commettere qualsiasi azione – anche delittuosa – pur di soddisfare questo impellente bisogno dell’organismo.

Ho avuto la possibilità, per ragioni di lavoro, di trovarmi ad interrogare dei tossicodipendenti in crisi di astinenza è un’esperienza terrificante. Questi ragazzi avvertono disturbi di qualunque tipo: dal dolore fisico alle allucinazioni. In quei momenti non connettono, non è possibile attendersi da loro delle risposte ragionevoli.

Confesso che, le prime volte in cui mi sono trovato a dover affrontare queste situazioni, sono rimasto davvero impressionato. Così, ci si rende facilmente conto che, quando il tossicodipendente sente impellente il bisogno di recuperare la propria dose di droga, è disposto anche a commettere dei reati: dalla rapina al furto, e a volte anche l’omicidio. Sono casi piuttosto rari, ma sono accaduti.

Il problema, a questo punto, oltreché seriamente sanitario, è anche sociale. Questo lo hanno intuito subito alcuni studiosi stranieri.

Il prof. Chapman definisce la tossicodipendenza come «l’assunzione ripetuta e obbligatoria – io preferisco dire necessaria – di sostanze naturali o artificiali, che cagionano un danno all’individuo e alla società». Ecco l’aspetto più grave del problema. Il danno all’individuo – che, a volte, è irreversibile – diventa anche un potenziale danno per la società. Questo, insieme ad altri, è uno dei motivi per i quali la società ha il dovere di non abbandonare il tossicodipendente, di curarlo; egli, come tale, è un malato da curare.

Il nostro legislatore si è preoccupato già fin dagli anni Settanta di dare un nuovo assetto alla materia, che era regolata dai 24 articoli della legge del 1954; una legge che non esito a definire disumana, perché parificava il consumatore allo spacciatore. In via teorica, tanto il primo che il secondo avrebbero dovuto essere puniti con la stessa pena; di guisa che chi produceva o spacciava eroina poteva essere condannato con la stessa pena che poteva essere inflitta al consumatore; in concreto, tuttavia, i giudici si sforzavano di differenziare le due posizioni.

Come dicevo, negli anni Settanta è maturato un movimento ideale e politico che ha riproposto il tema della droga nei dibattiti e nelle discussioni, che ha posto il problema della liberalizzazione, che ha rilanciato la questione della punibilità dei soli produttori trafficanti. Su questa linea erano d’accordo quasi tutti i partiti politici: tant’è che, dopo lunghe elaborazioni, è stata emanata la legge 685 del 1975 che, con i suoi 108 articoli, ha innovato completamente rispetto alle vecchie norme di legge.

Testo della relazione svolta al convivio del Rotary Club di Palermo il 29 luglio 1981.

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