La scoperta è avvenuta durante l’inchiesta che ha portato al fermo di indiziato di delitto nei confronti di 16 indagati del clan del mandamento mafioso di Tommaso Natale a Palermo
La Procura Distrettuale Antimafia ha emesso un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di 16 indagati del clan del mandamento mafioso di Tommaso Natale a Palermo. I fermati sono ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni consumate e tentate aggravate e detenzione abusiva di armi da fuoco.
L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sui sostituti, costituisce «l’ennesimo risultato di un’articolata manovra condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, sulle famiglie di Tommaso Natale, Partanna Mondello e Zen - Pallavicino», dicono i carabinieri.
Il ritorno della commissione
L’attività ha permesso di riscontrare come «la piena vigenza della ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, riunitasi il 29 maggio 2018 dopo quasi trent’anni di inattività, abbia condizionato le dinamiche criminali del mandamento mafioso oggetto delle indagini».
Infatti, in linea con le regole stabilite, «il nuovo reggente del mandamento, Francesco Palumeri, si è reso protagonista, non senza rilevanti frizioni interne, della riorganizzazione degli assetti della articolazione mafiosa, dopo il momento di criticità conseguente all’operazione Cupola 2.0». La commissione è stato l’organo direttivo della provincia palermitana nel corso degli anni Settanta e Ottanta ed è stata smantellata grazie al primo maxi processo di mafia iniziato nel 1986 e che portò alla condanna di tutti i principali esponenti della mafia dell’epoca.
Problemi in pandemia? Ci pensa il boss
Uno degli aspetti più inquietanti emersi dall’inchiesta è l’abilità del boss nel sostituirsi allo stato nell’erogazione di aiuti durante l’emergenza Covid-19. Il generale Arturo Guarino ha parlato di un’azione volta a costruire un vero e proprio «welfare mafioso» all’interno del quartiere dello Zen, una delle zone più problematiche del capoluogo siciliano. In particolare i boss mafiosi avrebbero tentato di organizzare una distribuzione alimentare così da venire incontro ai bisogni della popolazione colpita dagli effetti economici del virus.
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