«Mio caro Matar, siamo ad Abu Dhabi, al Fairmont, in suite bellissime». L'8 agosto del 2017, appena sbarcato nella capitale degli Emirati Arabi Uniti, Mario Brero scrive questo messaggio via whatsapp a Matar, un ufficiale dei servizi segreti locali. È lui che lo ha voluto come ospite nel suo Paese, è un viaggio di lavoro. Matar gli dà il benvenuto e lo invita la sera dopo a mangiare insieme aragoste. Classe 1946, passaporto italiano e svizzero, Brero è il fondatore dell'agenzia di intelligence privata Alp Services, base a Ginevra, specializzata in ciò che lui definisce «Dark PR». Quella sera, tra i grattacieli di Abu Dhabi, Brero propone al funzionario degli Emirati l'applicazione del metodo Alp: una vasta operazione volta a «mappare» e poi «screditare» i nemici storici, «diffondendo in maniera discreta e massiccia informazioni compromettenti».

Il metodo di Brero è riportato in un documento preparato per i clienti emiratini qualche mese dopo. S'intitola Action plan 2018 e può adattarsi alle esigenze di molti clienti. Per 600 mila euro, l'agenzia prevede tre mesi di lavoro con i seguenti passaggi. Schedare i soggetti, innanzitutto. Riuscire a fare pubblicare, su testate conosciute, articoli negativi su di loro. Usare questi articoli per modificare le pagine di wikipedia correlate. Infine, fare in modo che queste informazioni vengano inserite nei database usati da banche e aziende per valutare i propri clienti. Così che, oltre al danno reputazionale, venga garantito anche quello finanziario. Lo schema messo al servizio degli Emirati, riassunto allo stremo, è semplice e letale. Perfetto per l'obiettivo: la macchina del fango applicata ai nemici storici, il vicino Qatar e i loro alleati, i Fratelli Musulmani. Una guerra tra due Stati del Golfo, tutta interna all'Islam, combattuta nel mezzo dell'Unione europea. Con centinaia di vittime inconsapevoli: politici, giornalisti, imprenditori, associazioni, aziende. Tutti schedati, descritti come sostenitori dei Fratelli Musulmani e, per questo, inseriti in rapporti che l'agenzia d'intelligence privata ha inviato al cliente, i servizi degli Emirati.

Abu Dhabi Secrets

A raccontarlo sono gli Abu Dhabi Secrets, migliaia di documenti interni dell'agenzia Alp Services. Dentro ci sono chat tra le spie emiratine e gli investigatori privati svizzeri, messaggi audio, rendiconti finanziari, bozze di documenti, e poi i report spediti al cliente. Tutto inizia quando, a marzo del 2021, Brero subisce un attacco hacker. Ora una piccola parte dei dati, 17 gygabite, è stata ottenuta da Mediapart e condivisa con Domani insieme al network di giornalismo investigativo Eic (European investigative collaborations). Analizzando le migliaia di documenti sono emersi moltissimi nomi di persone europee che l'agenzia di Brero ha inviato ad Abu Dhabi associandoli ai Fratelli Musulmani, l'associazione islamista sostenuta dal Qatar e considerata un'organizzazione terroristica dagli Emirati. Mappe e report in cui ministri, politici, attivisti e leader religiosi si collegano tramite contatti comuni fino a cellule di Al Qaeda e dell'Isis. Un'operazione di dossieraggio compiuta all'interno dell'Ue, a beneficio di uno Stato straniero.

Tra il 2017 e il 2020 Alp ha inviato agli Emirati almeno 1.000 nomi di cittadini europei, più 400 nomi di organizzazioni, che farebbero parte della “Rete dei Fratelli Musulmani in Europa”, come s'intitola uno dei report più completi. Il problema principale è che molte di queste persone dicono di non avere nulla a che fare con la Fratellanza. Come Hazim Nada, la vittima numero uno dell'operazione realizzata dalla Alp Service per conto del regime di Abu Dhabi. Nada ha 40 anni, è un imprenditore, vive a Como in una casa meravigliosa affacciata sul lago.

Tra le varie aziende ha fondato Aerogravity, fuori Milano: una galleria del vento aperta a tutti, di grande successo. La sua storia è stata raccontata a marzo da Mediapart e dal New Yorker. Nada ha il doppio passaporto italiano e americano. Suo padre, Youssef, oggi 86enne, è stato un membro importante dei Fratelli Musulmani in Egitto, oltre che un importante imprenditore in Europa. Su questo punto si è concentrato il lavoro di Alp. Sia Youssef Nada che i vari leader della Fratellanza negli anni hanno sempre condannato l'uso della violenza, tanto da essere definiti timidi da Al Qaeda. Hanno però anche sostenuto nei loro discorsi le rivendicazioni di Hamas, descrivendo quella contro Israele come una legittima resistenza, anche se violenta. Per questo l'Egitto di Hosni Mubarak, nemico giurato della Fratellanza come oggi quello di Mohammed Morsi, lo definì un gruppo terroristico, un network in cui Nada rappresentava il capo, il terrorista in giacca e cravatta. Per circa 10 anni è stato sotto sanzioni da parte di Usa, Ue, Svizzera. Fino a quando, nel 2015, prima gli Stati Uniti e poi tutti gli altri lo hanno rimosso dalla blacklist.

Il metodo Alp

Alp ha applicato il suo metodo alla lettera. Soffiando via la polvere dal passato del padre, Youssef, ha trasformato il figlio, Hazam, da rispettato imprenditore internazionale a reietto della comunità degli affari. E ci è riuscita. Da oltre dieci anni Hazam è titolare della Lord Energy, una società che commercia petrolio nel mondo, con base a Lugano. La campagna di screditamento è partita con un articolo uscito nel 2018 su Africa Intelligence, un sito a pagamento che propone notizie, spesso di fonte anonima, sul mondo degli affari africani. Poco dopo esce un altro articolo, molto simile, sul quotidiano ginevrino Le Temps, poi altri ancora. Nei titoli Lord Energy viene associata alle parole Al Qaeda e terrorismo. I pezzi suggeriscono che si tratti di una società usata dai Fratelli Musulmani per finanziarsi. Il passaggio successivo è l'aggiornamento della pagine Wikipedia. Poi il più importante: la Alp riesce a far aggiornare il profilo della Lord Energy su “world-check”, il database più usato da banche e società di ogni genere per valutare i clienti. Il 13 giugno 2018, da un account iscritto al servizio, usando uno pesuedonimo Alp fa notare a world-check gli articoli appena usciti. Il giorno dopo la società inserisce Nada e la sua azienda petrolifera sotto la categoria “terrorismo”. Per Nada è un incubo. Dall'inizio del 2019, dice di aver perso più di 100 milioni di dollari.

I 17 gigabyte di dati interni all'agenzia privata permettono di raccontare che l'imprenditore italo-americano non è stato l'unico obiettivo di Brero, e che tra i suoi clienti non ci sono stati solo i servizi segreti degli Emirati Arabi Uniti. La Alp Services Sa è stata fondata a Ginevra nel 1989, gli uffici sono al terzo piano di una palazzina senza particolari, nel quartiere di Eaux-Vives. Una ventina di dipendenti, di varie nazionalità, Brero che li guida senza sosta da quasi 40 anni.

Nella sue presentazioni riservate, l'agenzia vanta tra i suoi clienti nomi famosi. Dice di aver lavorato per due dei più noti oligarchi russi del momento, un anziano finanziere franco-italiano, decine di aziende e governi di mezzo mondo. Difficile dire se siano clienti reali o sognati. Di sicuro, stando a quanto incassato dagli Emirati, l'agenzia di Brero era però una discreta macchina da soldi. Per il lavoro svolto, l'investigatore italo-svizzero si è fatto pagare 5,7 milioni di euro. Per fare cosa, esattamente? Le fatture, intestate ad una società emiratina privata, la Ariaf Studies & Research Llc, sono state saldate per una serie di progetti che la Alp ha svolto tra il 2017 e il 2020. Il primo, nome in codice Arnica, è stato il più ampio. S'intitola «I Fratelli musulmani in Europa: un'analisi investigativa dettagliata», e a pagina tre dichiara subito al cliente quali sono i risultati raggiunti. «Abbiamo scoperto una rete fatta di centinaia di organizzazioni, aziende e sostenitori: una rete continentale di stampo mafioso», la definisce Alp. Che spiega poi il pericolo: «L'organizzazione ha una strategia a lungo termine, ma i suoi sforzi perversi stanno già creando antagonismo tra le comunità musulmane e favoriscono il terrorismo». Nelle 160 pagine seguenti vengono passati in rassegna 18 Paesi del continente europeo, dall'Albania all'Ucraina, e per ognuno Alp riporta i nomi dei cittadini e delle organizzazioni sospettate di fare parte della rete europea dei Fratelli Musulmani.

Servizi segreti degli Emirati

In totale, tra report e mappe relazionali complicatissime, Brero e i suoi hanno inviato ai servizi degli Emirati almeno 1.400 nomi di cittadini e organizzazioni etichettate come parte del network dei Fratelli Musulmani in Europa. Quando possibile, i dati sono corredati da indirizzi e-mail e numeri di cellulare. Nella pesca a strascico organizzata a Ginevra sono finiti dentro personaggi inimmaginabili, i cui nomi sono poi approdati agli uffici dei servizi segreti degli Emirati. Il contatto abituale della Alp era l'agente Matar, di cui non siamo riusciti ad identificare l'esatta identità, ma il suo capo, anche lui incontrato più volte da Brero ad Abu Dhabi, è stato fotografato dallo stesso Brero. Assomiglia moltissimo ad Ali Saeed al-Neyadi, un fedelissimo dello sceicco Tahnoun bin Zayed, il consigliere per la sicurezza nazionale e fratello del presidente e sovrano assoluto degli Emirati, Mohammed bin Zayed.

In Olanda la società di Brero ha indicato tra i supporter della Fratellanza alcuni dipendenti locali delle ong Amnesty International e Transparency International, i partiti politici Nida e Denk, il sindaco di Arnhem, Ahmed Marcouch, persino tre colleghi di Nrc, la testata olandese parte del network Eic che ha lavorato con noi a questa inchiesta. In Spagna ha collegato ai Fratelli Musulmani anche due politici: l'ex presidente della Comunidad di Madrid, Ignacio Gonzalez, e l'ex ministro del Partido Popular, Rafael Blasco. In Belgio è stata elencata l'attuale ministra dell'Ambiente, Zakia Khattabi, del partito verde Ecolo, che il prossimo inverno è attesa proprio negli Emirati per la Cop28. In Francia tra i presunti supporter della Fratellanza sono state inserite l'attivista antirazzista, Rokhaya Diallo; l'ex ministro socialista, Benoît Hamon; la già sindaca di Marsiglia e senatrice, Samia Ghali, sempre dei socialisti; il partito di sinistra France insoumise.

Molti dicono di voler sporgere denuncia. «Chiamerò il mio avvocato e sfiderò il governo che dovrebbe proteggere i suoi cittadini. Non mi fermerò qui», promette ad esempio Ghali. Anche Mediapart ha annunciato di voler difendere in tribunale un componente della redazione ingiustamente affiancato ai Fratelli musulmani. L'Italia ha ovviamente la sua lista, la racconteremo domani adeguatamente. In generale, però, tutte le persone contattate per chiedere un commento hanno risposto di non aver alcun legame particolare con i Fratelli Musulmani, al massimo di avere avuto degli incontri istituzionali o di lavoro con associazioni islamiche dei rispettivi Paesi. Bastava una foto con un presunto fratello musulmano per finire nell'elenco del network europeo, a fianco a terroristi conclamati.

Schedatura

Una volta schedati i sospetti, Alp si dedicava in casi specifici a veicolare le informazioni sui giornali. Una delle operazioni mediatiche più riuscite è stata quella contro Islamic Relief, tra le più grandi organizzazioni umanitarie islamiche al mondo, paragonabile a ong come la cristiana WorldVision. Fondata nel 1984 a Birmingham, nel Regno Unito, Islamic Relief è stata gestita per molti anni da egiziani, alcuni di loro accostati nel passato ai Fratelli Musulmani. Gli esperti di organizzazioni islamiche in Europa hanno scritto che questo potrebbe essere anche successo, ma l'organizzazione ha più volte preso le distanze ufficialmente dalla Fratellanza. Per Alp, però, è ininfluente. Ad agosto del 2020, ai piani alti della ong, a Birmingham, succede un terremoto. Sul The Times è uscito un articolo su Heshmat Khalifa, allora numero uno di Islamic Relief Worldwide. Il quotidiano britannico riferisce che Khalifa, qualche anno prima, in occasione di una serie di attacchi missilistici di Israele su Gaza aveva pubblicato su Facebook messaggi in cui paragonava gli ebrei a «scimmie e maiali» e definiva l'allora presidente egiziano (alleato di Israele contro la Palestina) un «magnaccia sionista». L'articolo viene ripreso in tutta Europa. Khalifa si dimette, altri dirigenti di Islamic Relief lasciano, i donatori smettono di finanziare. L'ong ci mette un po' ad uscire dall'occhio del ciclone.

I dati della Alp permettono di raccontare la storia da un altro punto di vista. Quello di chi ha trovato e veicolato la notizia. I post contro Israele sono parte del servizio che Brero sta fornendo ai suoi clienti di Abu Dhabi per danneggiare il Qatar. A suggerire la notizia al The Times, che darà poi il via al domino capace di sotterrare per qualche mese una delle più grandi ong al mondo, non è stata però l'agenzia di Brero, ma un suo fornitore italiano. «Caro amico», scrive un dipendente di Alp Services all'account criptato usato da Matar, il 17 giugno 2020, «abbiamo buone notizie». “The Times” è stato contattato tramite un «professore universitario top».

Il professore 

Il professore potrà così prendersi il merito della ricerca e le citazioni sui giornali, mentre Alp resterà «completamente sotto copertura», dice la società a Matar. Il professore in questione si chiama Lorenzo Vidino, milanese classe 1977, direttore del programma sull'estremismo alla George Washington University, negli Stati Uniti. È un esperto riconosciuto a livello internazionale sul mondo musulmano. In Italia, oltre a scrivere per vari think tank e importanti quotidiani, è stato consulente dei governi Renzi e Gentiloni. Vidino non è solo servito ad Alp per far esplodere il caso Islamic Relief.

La collaborazione con l'esperto inizia poco dopo aver concluso l'accordo con gli Emirati e va avanti per almeno un paio di anni. A fine gennaio del 2018 Vidino firma un primo contratto con Alp, in cui promette di trasmettere interessanti «voci» e «indizi» sui Fratelli Musulmani. La società si aspetta una «lista di presunti membri di prima linea dell'organizzazione nei paesi europei». Per le sue consulenze, nella primavera del 2020 Vidino aveva già ricevuto da Alp almeno 13.000 euro. Alle richiesta di commento inviate da Eic, il ricercatore ha confermato di aver lavorato come consulente per Alp, ma ha detto di non ricordarsi quanto ha incassato. Ha sostenuto di «non sapere che il cliente di Alp fossero gli Emirati Arabi Uniti», e che «Alp mi ha deliberatamente mentito dicendomi, quando lo chiesi, che il loro cliente era uno studio legale britannico». Il governo degli Emirati, l'agente Matar e Ali Saeed al-Neyadi non hanno dato riscontro alle domande di Eic. Brero si è rifiutato di risponderci nel merito. Secondo i suoi avvocati i nostri documenti «sono in parte falsificati», basati su «dati rubati» e «la maggior parte dei fatti che costituiscono le premesse delle nostre domande si basano su presupposti errati e/o farneticazioni non plausibili».

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