- Le vittime sono tante, ma poche le denunce. Si apre con più ombre che luci la lotta della chiesa italiana agli abusi nella chiesa italiani, mentre presso gli sportelli diocesani si potrà sottoscrivere l’intenzione delle vittime di opporsi alla denuncia presso le autorità civili.
- In Italia i vescovi non sono obbligati a denunciare. Gli ultimi pronunciamenti della Santa sede riguardano soltanto la gestione interna dei casi. Le autorità giudiziarie non sono coinvolte.
- Tanti gli interrogativi: chi si occuperà dei laici abusatori se non vengono denunciati? Il passo decisivo spetta allo stato italiano affinché chiunque, non solo le vittime, possa denunciare chi si è macchiato di un abuso.
Il primo report nazionale dei vescovi italiani sugli abusi non dissipa, semmai allunga le ombre sull’anomalia tutta italiana della chiesa cattolica nel contrastare i casi di pedofilia. Le scarne cifre in due anni di segnalazioni diocesane eludono le risposte delle vittime abusate, come denunciano le associazioni italiane che da anni si occupano dei sopravvissuti.
Francesco Zanardi, presidente di Rete L’Abuso ha definito inconcludenti i due incontri preliminari con il presidente della Cei, Matteo Zuppi: «Siamo stati ricevuti a Bologna due volte: è emerso un garantismo assoluto non per le vittime, ma verso i preti, come dimostrano le oltre venti strutture autonome gestite in Italia dal clero per “sacerdoti in difficoltà”. Ma chi assiste chi è stato abusato?».
Le cifre del rapporto lo confermano: solo al 14 per cento delle vittime è stato offerto un accompagnamento psicoterapeutico. Non è la sola ambiguità della lotta italiana agli abusi. In conferenza stampa Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, ha parlato di «obbligo morale» della chiesa.
Eppure, alla vittima e ai familiari che vorranno opporsi alla denuncia di un abuso presso le autorità civili per autotutelarsi, le diocesi offriranno la possibilità di esplicitare quest’intenzione in un documento firmato. È una possibilità enunciata a voce a margine della conferenza stampa senza che siano stati forniti dettagli: che valore legale avrebbe l’accordo? Escluderebbe dei ripensamenti futuri, considerata la lunga latenza delle vittime a elaborare il trauma?
Come si concilierebbe questa soluzione con le linee guida diramate nel 2020 dalla Congregazione per la dottrina della fede, volte a evitare «ogni atto che possa essere interpretato dalle vittime come un ostacolo all’esercizio dei loro diritti civili di fronte alle autorità statali»?
Laici mine vaganti
I documenti prodotti negli ultimi anni dalla Santa sede aiutano. Dal 2019, anno del motu proprio Vos estis lux mundi promulgato da papa Francesco, è diventato obbligatorio per tutti i chierici, i religiosi e le religiose denunciare all’autorità ecclesiastica gli abusi di cui si è venuti a conoscenza. I laici, al contrario, vengono dispensati da quest’obbligo.
Secondo il rapporto, il 33,8 per cento dei laici (insegnanti di religione, sagrestani, animatori di oratorio) è autore di abusi: chi si occupa di loro? Se la santa sede non obbliga i vescovi a denunciare un cittadino alle autorità giudiziarie né può obbligarlo al trasferimento in una struttura ad hoc come avviene per i chierici, lascia un abusatore a piede libero, esponendo altri minori in caso di trasferimento.
A quest’anomalia si aggiunge quella tutta italiana che rende il reato di abuso sessuale procedibile solo se la denuncia viene fatta dalla persona offesa. Il quadro normativo italiano aiuta, così, la chiesa ad affrontare gli abusi dall’interno. Un metodo reso possibile anche dal vademecum presentato dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2020: per la prima volta la santa sede ha fornito ai vescovi del mondo le linee guida per trattare i casi di abuso, salvo prevedere che «in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi», cioè non li obbliga.
I casi francese e spagnolo
Diversi i casi in Francia e Spagna, dove l’eco degli abusi nella chiesa è stata tale da richiedere l’intervento diretto degli stati. Nel 2001 il vescovo di Bayeux è stato condannato dal tribunale di Caen per non aver denunciato gli abusi di un sacerdote della sua diocesi, in ottemperanza all’articolo 434-3 del codice penale francese, che punisce con la reclusione da 3 a 5 anni la mancata denuncia all’autorità giudiziaria di una molestia o un abuso a carico di un minore o soggetto vulnerabile.
Lo scorso gennaio in Spagna, dopo il dossier giornalistico di El País che ha documentato 251 abusi compiuti dal 1943 al 2018, la Procura generale dello Stato ha emesso l’ordine di inoltrare tutte le denunce di aggressioni e abusi sessuali su minori da parte di chierici e religiosi, dopo aver ammesso le misure carenti della chiesa nella tutela dei minori. Per superare l’empasse tutto italiano sarebbe, quindi, necessario l’intervento dello stato italiano: secondo l’avvocato Mario Caligiuri, basterebbe che all’art. 364 del codice penale, che punisce un delitto contro personalità dello stato, siano aggiunti i delitti di violenza sessuale ai danni di minore. In fondo, si tratta di tutelare cittadini italiani.
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