La fondazione An ha dato 30mila euro all’associazione legata a Casapound per comprare la storica sezione. La occupavano senza versare un canone all’Inail. La nota dell’organizzazione conferma lo scoop di Domani
Non c’è solo il finanziamento da 30mila euro ricevuto dalla fondazione Alleanza nazionale, cassaforte della memoria della destra sociale italiana e del patrimonio immobiliare del partito Fratelli d’Italia. C’è molto altro nella storia della sezione di Acca Larentia acquistata a un prezzo stracciato dai neofascisti dell’omonima associazione.
Domani ha infatti scoperto che all’asta bandita dall’Inail, proprietario dell’immobile, si è presentato un solo candidato, e cioè l’associazione costituita da un gruppo di militanti che già da anni si occupavano di gestire la sede. Ed è emerso, anche, che gli occupanti della sezione erano abusivi. Morosi incalliti, in pratica: nessuno pagava l’affitto da anni. Un cortocircuito confermato a Domani dall’ente previdenziale presieduto da Fabrizo D’Ascenzo, nominato prima commissario nei mesi in cui Inail stava definendo l’accordo per la dismissione di Acca Larentia, e poi nel 2024 scelto come presidente (in quota Meloni-Lollobrigida) con decreto del governo.
Difesa ambigua
Ma andiamo con ordine. E torniamo al documento che certifica l’esistenza di un accordo segreto tra la destra istituzionale di governo guidata da Arianna e Giorgia Meloni e un pezzo di quel mondo neofascista dal quale pubblicamente e timidamente Fratelli d’Italia ha tentato di prendere le distanze per mettere a tacere le voci critiche sul passato nero e missino di tanti suoi dirigenti apicali. Domani aveva chiesto, alcuni giorni prima della pubblicazione, alla Fondazione An una replica su alcune questioni specifiche, senza ricevere risposta. Solo dopo l’uscita dell’articolo, in serata, è arrivata una nota che ci imputa di non aver tenuto in considerazione che in questo periodo dell’anno il personale è in ferie.
Il comunicato del presidente della Fondazione, Giuseppe Valentino, è un tentativo di arrampicata sugli specchi. «Arianna Meloni non ha incarichi esecutivi nella fondazione», scrive, aggiungendo: «Non c’è nessun rapporto economico tra la fondazione il partito di cui è presidente Giorgia Meloni, salvo l'affitto di alcune sedi sul territorio italiano a valore di mercato». Ma è un fatto che all’interno del Cda siedono numerosi esponenti apicali di Fdi.
Non solo: Arianna Meloni, così come tanti altri, ha votato per approvare, è scritto nel verbale di assemblea, il bilancio 2023, quello cioè interessato dall’affaire Acca Larentia. Inoltre la nota prosegue confermando che il contributo ai neofascisti è stato dato, come rivelato da Domani, per comprare la sezione storica di Acca Larentia. «Un contributo ritenuto opportuno», precisa. E spiega che l’erogazione è stata messa a bilancio. Domani ha verificato nei documenti contabili e pur non avendola rintracciata aveva scritto che poteva essere stata inserita nella voce del rendiconto “altri oneri di gestione”. E così, confermano fonti interne alla fondazione, è avvenuto.
Di certo l’accordo segreto, svelato da questo giornale, tra l’associazione neofascista “Acca Larenzia” e la fondazione Alleanza nazionale è contenuto nel rogito del 6 luglio 2023 con cui i neofascisti hanno definito l’acquisto della storica romana sede. L’operazione immobiliare, tramite asta dell’Inail, è costata alle casse dell’associazione 68.500 euro, 30mila euro, è scritto nell’atto del notaio, «l’associazione li ha ottenuti in virtù della liberlità modale dalla fondazione An».
L’asta è stata gestita dal Notariato, spiegano dall’Inail. La prima chiamata dell’asta è andata deserta, solo successivamente è arrivata l’unica offerta, quella dell’associazione neofascista che coincide con il gruppo che ha sempre gestito senza alcun titolo la sezione. «Se non fosse arrivata una proposta di acquisto in seconda chiamata, l’ente avrebbe potuto procedere tramite trattativa privata ma non è avvenuto», dicono dall’Inail. L’associazione ha così fatto un’offerta da 68.500 euro: chiudendo un ottimo affare per la zona. Un metratura di quel tipo, in quell’area della Capitale, seppure a piano terra, costa almeno il doppio.
Cuore nero
La sezione un tempo del Movimento sociale italiano, è il sacrario della destra sociale istituzionale di governo e di quella neofascista: insieme, scaglionati durante la giornata fino a tarda notte, ogni 7 gennaio commemorano i tre militanti missini uccisi nel 1978. Assassinati «dall’odio comunista», c’è scritto nella targa istallata sul muro esterno, firmato «I camerati». Alla sezione si accede da un cortile piastrellato e grigio, ornato con una gigantesca croce celtica nera. All’interno, invece, i cimeli del Ventennio, con un ritratto di Benito Mussolini, il cui volto è oscurato nelle immagini pubblicate sulla pagina Facebook dell’associazione “Acca Larenzia”.
Negli atti ufficiali, ottenuti da Domani, è indicata così: Larenzia e non Larentia. Cambia poco, sono gli stessi che da anni gestiscono il cerimoniale del 7 gennaio. Il presidente è Giovanni Feola, espressione di Casapound e legatissimo al capo supremo, Gianluca Iannone, ideologo dei cosiddetti fascisti del terzo millennio, più volte finiti nel mirino della polizia per spedizioni violente. L’associazione Acca Larenzia ha due soci: Mirko Giannotta, deceduto a fine luglio, figlio di Carlo, entrambi volti noti dell’estremismo di destra; il secondo è Domenico Gramazio, ras della politica laziale con Alleanza nazionale, legato all’omonima fondazione che ha regalato 30mila euro ai neofascisti per l’acquisto della sezione di Acca Larentia. Gramazio è un pontiere tra il partito Fratelli d’Italia e i gruppi più radicali.
«Abusivi»
L’Inail anche nel caso della sezione ex missina ha seguito le regole stabilite nell’ambito dei piani di dismissione degli immobili. Ma è bastato un cavillo burocratico per trasformare questa vicenda in una beffa. Gli occupanti della sezione erano senza nome, da quando questa non aveva più padroni paganti, ossia fino allo scioglimento della fondazione che il Movimento sociale italiano usava per versare regolarmente il canone di locazione all’ente. «Dopo di allora lo stabile è rimasto occupato da ignoti sine titulo sino all’acquisto del luglio 2023», rispondono dall’Inail.
Come è possibile definire ignoti il gruppo che ogni anno organizza un raduno di livello nazionale e che richiama migliaia di persone da tutta Italia? «Non avevamo certezza di chi fosse l’occupante abusivo, dovrebbero dircelo gli inquirenti.
Se ci fosse stata certezza della corrispondenza tra gli occupanti e i compratori di certo non sarebbe stato possibile la cessione all’asta nei confronti dell’associazione», è la replica dell’ente, che aggiunge un elemento utile e che sposta la responsabilità su altre istituzioni mai intervenute in tanti anni: «L’ente ha inviato diverse segnalazioni nel tempo agli organi competenti, anche ai carabinieri, persino diffide a chi avrebbe dovuto liberare l’immobile». Ma nessuno a quanto pare ha ritenuto opportuno muoversi per garantire all’Inail (cioè lo stato) un suo diritto, quello di liberare un immobile e metterlo a reddito.
La confusione sull’identità formale degli occupanti ha prodotto un’ ulteriore beffa: chi ha acquistato, cioè l’associazione neofascista con i soldi della fondazione An, non deve nulla degli arretrati all’ente, «chi compra lo fa a titolo originario», spiegano. Peccato però che l’acquirente è un’organizzazione fatta dagli stessi «camerati» che hanno gestito la sezione da abusivi.
Di certo dopo l’ultimo 7 gennaio, sulla selva di braccia tese in onore dei caduti “neri” c’è un’inchiesta della magistratura, anche se va a rilento. Il reato è di apologia del fascismo. Tra gli indagati ci sarebbero alcuni dei militanti di Casapound.
Di quel giorno, tuttavia, a restare impresso nella memoria è stato il silenzio della presidente del Consiglio e del partito. All’epoca non conoscevamo l’esistenza dell’accordo segreto sul finanziamento dato dalla fondazione di riferimento di Fratelli d’Italia ai neofascisti legati a Casapound. Una donazione stabilita solo sei mesi prima del raduno appena passato, il primo con la sezione di proprietà dei neofascisti un tempo abusivi.
Ora che le carte ottenute da Domani hanno svelato l’intreccio finanziario è più chiaro il motivo di tanta reticenza. Ancora più difficile per Meloni e i suoi fratelli recidere i fili che li tiene ostaggio di quel nerissimo passato.
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