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Nel 2016 la madre della premier e Di Nunzio vendono le quote aziendali ai precedenti proprietari a 20 volte di più
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«Le plusvalenze quando ero mandataria elettorale di Giorgia? Non vi rispondo». Era lei che controllava le spese
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La madre di Meloni ha navigato in diversi affari immobiliari fin dalla fine degli anni Novanta, come rivelato da Domani nella prima puntata dell’inchiesta sui rapporti tra lei, il geometra immobiliarista Raffaele Matano e il padre della premier con una condanna per narcotraffico nel 1996 e scomparso nel 2012.
L’affare “Raffaello” è l’argomento di cui nessuno vuole parlare nell’entourage di Giorgia Meloni. Un certo nervosismo si percepisce anche nelle reazioni dei diretti interessati. L’operazione commerciale con al centro la madre di Meloni, Anna Paratore, e la migliore amica della presidente del consiglio, Milka Di Nunzio, riguarda una società chiamata Raffaello eventi Srl.
Nel 2012 Paratore e Di Nunzio hanno acquistato alcune quote dell’azienda, e sono entrate così in società assieme a Lorenzo Renzi, David Solari e Daniele Quinzi (candidato di Fratelli d’Italia nel 2013) nella gestione del lounge bar B-Place nel quartiere Eur di Roma, locale che da lì in poi verrà frequentato anche dalla futura fondatrice e leader di Fratelli d’Italia.
Soldi e silenzi
Nel 2016 la mamma e l’amica del cuore della premier hanno dismesso le partecipazioni nella Raffaello Eventi, ottenendo dalla vendita una notevole plusvalenza: le stesse azioni pagate in tutto 4mila euro, nel 2016 sono state vendute dalle due donne a quasi 90mila euro agli stessi imprenditori (Renzi e Solari) da cui avevano comprato quattro anni prima. I due titolari hanno firmato l’accordo per pagare a rate le somme stabilite fino al 2018. La prima tranche era fissata per l’ultimo giorno di febbraio 2016, da mesi si rincorrevano le voci di una candidatura a sindaca di Meloni, ufficializzata solo il 13 marzo di quell’anno, qualche settimana dopo l’operazione “Raffaello”.
Un colpo notevole per le due donne più importanti nella vita della premier. «Non voglio essere scortese, non voglio parlare di fatti che non vi riguardano, arrivederci e buongiorno!», è la risposta a Domani di Di Nunzio contattata nel suo ufficio della Croce Rossa, assunta come coordinatrice dell’unità che si occupa del volontariato e del servizio civile. Ingaggiata nel 2018, durante il regno in Croce Rossa di Francesco Rocca, a capo dell’organizzazione per dieci anni e ora presidente della regione Lazio con Fratelli d’Italia.
Non è un mistero che Meloni sia stata il suo sponsor più importante per sbloccare la candidatura. «Francesco Rocca è una di quelle persone che sei fiera di poter chiamare amico! Personalmente non potevo sperare in un governatore migliore per la regione Lazio», così si congratulava con il suo ex capo la migliore amica della premier il 14 febbraio scorso.
A distanza di quattro mesi Renzi e Solari hanno chiuso bottega ma non la società, che hanno ceduto a Iftikhar Ahmad Gondal, cittadino pakistano, con un permesso di soggiorno in scadenza e domiciliato presso la mensa dei poveri della comunità di Sant’Egidio. Dove Gondal abbia trovato 10mila euro per saldare le quote di Solari e Renzi è l’ennesimo mistero di questa storia, così come il ruolo di Muhammad Tahir, diventato amministratore della società dopo la cessione a Gondal. Pure Tahir è domiciliato presso un indirizzo che corrisponde a un’altra sede della comunità di Sant’Egidio, questa volta a Ostia.
I diretti interessati non hanno intenzione di chiarire: Renzi passa da un «non ricordo», a un tono molto seccato: «Non c’è niente da spiegare, non voglio parlare con voi di queste cose, anzi la sto salutando, se lei mi saluta chiudiamo perché io sono una persona cortese». In effetti della gentilezza di Renzi c’è traccia sui suoi social, quando nel 2014 (all’epoca ancora socio di Paratore e Di Nunzio) scriveva, per esempio, «Che Dio ti fulmini» a commento di una foto che ritraeva una ragazza rom impegnata a rovistare nel cassonetto della spazzatura.
«Queste cose», come le definisce Renzi, riguardano passaggi di denaro indirizzati a due donne legatissime all’attuale presidente del consiglio e allora in corsa per diventare sindaca della capitale. Due fattori che rendono la vicenda di interesse pubblico. Perché se è vero che al momento non c’è alcun illecito, resta l’obbligo della trasparenza per chi fa politica e chi è deputata a gestire la cassaforte di un candidato.
La guardiana dei conti
La faccenda è rilevante anche per un altro motivo: una delle protagoniste dell’operazione, insieme a Paratore, è Di Nunzio, che nell’anno in cui cede le quote è stata nominata mandataria elettorale di Meloni, nel 2016 candidata a sindaca di Roma. In pratica la migliore amica ha ricoperto l’incarico di guardiana delle spese e dei finanziamenti destinati alla campagna elettorale di Meloni.
Un ruolo delicato, confermato dai documenti, letti da Domani, relativi alle rendicontazioni dei candidati. La firma di Di Nunzio è in calce a certificare ogni entrata e uscita denunciata, proprio sotto quella dell’aspirante prima cittadina.
«Non abbiamo gruppi di potere alle spalle, lobby che ci sostengono o banchieri amici che ci pagano la campagna elettorale. Preferiamo restare dalla parte degli italiani accettando solo piccole donazioni», diceva Meloni. Eppure qualche pezzo grosso l’ha sostenuta, quell’anno aveva raccolto 210mila euro grazie a decine di imprenditori della capitale: da Angiola Armellini, l’immobiliarista che ha avuto grossi problemi con il fisco, ai ras dei lidi di Ostia, i Balini, coinvolti in vicende giudiziarie varie.
Contributi raccolti e rendicontati dall’amica promossa contabile, Di Nunzio.
Carriera a destra
La madre di Meloni ha navigato in diversi affari immobiliari fin dalla fine degli anni Novanta, come rivelato da Domani nella prima puntata dell’inchiesta sui rapporti tra lei, il geometra immobiliarista Raffaele Matano e il padre della premier con una condanna per narcotraffico nel 1996 e scomparso nel 2012.
Di Nunzio, al contrario, ha costruito la sua carriera in organizzazioni attive nel nel sociale, sempre però con una passione per la politica, in particolare per la destra.
Prima di entrare con Rocca nella Croce Rossa, nel 2008 ha seguito la sua amica Meloni al ministero della Gioventù, nel governo di Silvio Berlusconi: incaricata di coordinare i rapporti, progetti ed attività con associazioni giovanili di volontariato e terzo settore. Fino al 2021 è stata pure coordinatrice nell’organizzazione per l’educazione allo sport (Opes).
Il suo attivismo segue anche l’onda ecologista, vicina al movimento Fare Verde di area destra sociale.
Con la premier ha un’amicizia lunga una vita, Di Nunzio rilancia ogni suo post, commento e intervento. Non si perde una festa di Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia, si fa fotografare con senatori e deputati del partito e con Arianna Meloni, sorella dell’attuale presidente del Consiglio.
«Oggi è la giornata mondiale dell’amicizia. La voglio dedicare alla mia migliore amica Milka, ai tanti amici leali e pazienti che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita e a tutti coloro che sanno che l'amicizia è uno dei doni più preziosi che la vita ti possa regalare», scriveva Meloni nel 2016.
L’anno della magica plusvalenza messa a segno da Di Nunzio con la madre della premier alla vigilia della campagna elettorale per Giorgia Meloni sindaca di Roma. Una vicenda che nessuno vuole chiarire, resa ancora più misteriosa dal silenzio imbarazzato dei protagonisti .
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