- I Talebani hanno tenuto la loro prima conferenza stampa a Kabul da quando hanno concluso la conquista dell’Afghanistan e proclamato la nascita del nuovo Emirato islamico.
- Il destino di molti afghani che hanno lavorato con governi stranieri, rimane incerto. I Talebani hanno promesso loro un’amnistia, ma i dettagli rimangono poco chiari.
- Poco chiaro è anche il ruolo che avranno effettivamente le donne all’interno della società nel futuro prossimo. I portavoce le hanno invitate a prendere ruoli di responsabilità nel paese, ma sotto la sharia.
Nel pomeriggio del 17 agosto i Talebani hanno tenuto la loro prima conferenza stampa a Kabul da quando hanno concluso la conquista dell’Afghanistan e proclamato la nascita del nuovo Emirato islamico. Il destino di molti afghani che hanno lavorato con governi stranieri, rimane incerto. I Talebani hanno promesso loro un’amnistia, ma i dettagli rimangono poco chiari. Così come rimane poco chiaro il ruolo che avranno effettivamente le donne all’interno della società nel futuro prossimo. I portavoce le hanno invitate a prendere ruoli di responsabilità nel paese, ma sotto la sharia.
Senso del dovere
«Dopo venti anni di lotte abbiamo emancipato il paese ed espulso gli stranieri: questo è un momento di orgoglio per l’intera nazione». Sono le 16 e 51 quando il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, appare per la prima volta nella sua vita davanti alle telecamere per rispondere alle domande della stampa. «Vogliamo assicurarci che l’Afghanistan non sia più un campo di battaglia e di conflitti», afferma, sottolineando come i talebani abbiano «perdonato tutti coloro che hanno combattuto contro di noi», perché, ribadisce, non vogliono avere nemici «esterni o interni».
Mujahid ha poi spiegato che l’ingresso a Kabul è stato doveroso, per evitare che la città continui a vivere nel caos. E spiega: «Il nostro piano era di fermarci alle porte di Kabul in modo che il processo di transizione potesse essere completato senza intoppi, ma sfortunatamente, il governo precedente era così incompetente che le loro forze di sicurezza non potevano fare nulla per garantire la sicurezza. Dovevamo fare qualcosa», dichiara. Eppure, nonostante la testimonianza di un’azione improvvisata, sono bastate meno di 24 ore per issare la bandiera bianca con la scritta nera, quella talebana, in cima al palazzo presidenziale di Kabul. Contemporaneamente, il presidente afghano Ashraf Ghani lasciava il paese. Secondo quanto fatto sapere ore dopo dall’ambasciata russa la fuga sarebbe avvenuta con quattro automobili cariche di sacchi pieni di soldi, e un elicottero.
Lavori in corso
Mujahid prosegue il suo discorso e annuncia la formazione di un nuovo governo. L’Afghanistan avrà una guida diversa, lontanissima da quella che immagina la comunità internazionale. Ma i buchi neri sono diversi. «Dopo che il governo sarà formato, decideremo quali leggi saranno presentate alla nazione», afferma il portavoce, senza però scendere troppo nei dettagli. «Stiamo lavorando seriamente alla formazione del governo», che verrà annunciato solo a cose fatte al resto del mondo. «Abbiamo tutti i confini sotto il nostro controllo», assicura. Una delle precisazioni fatte alla stampa da Mujahid è stata che l’Afghanistan è da sempre una nazione musulmana, oggi come venti anni fa. Dagli anni Novanta, stando a quanto dichiara il portavoce, il gruppo è stato al centro di un processo evolutivo: «C’è molta differenza tra quello che siamo ora e quelli che eravamo vent’anni fa» e lo dimostreranno «nelle azioni che intraprenderemo», in termini di «esperienza, maturità e visione», spiega Mujahid. A riprova di ciò, dice, «nessuno verrà perseguito».
Anche in questo caso, la narrazione “ufficiale” è in contraddizione con quanto raccontano i cittadini afghani. Sul numero di oggi, 17 agosto, il quotidiano francese Figaro, riportava che la strategia moderata dei talebani sembrerebbe essere valida solo a Kabul. A Ghazni, Kandahar e in altre città afghane, i Talebani hanno arrestato e giustiziato soldati, polizia e civili, accusati di essere collaboratori del governo afghano. Sarebbero stati segnalati matrimoni forzati in tutto il paese. Anche Alberto Zanin, coordinatore medico di Emergency a Kabul, racconta che accanto alla guesthouse dell’organizzazione è stato posizionato un checkpoint, dove persone armate controllano i passanti, e riferisce di aver «sentito numerose raffiche di kalashnikov» due notti fa. Ma i talebani smentiscono tutto.
Il ruolo delle donne
Da quando i talebani hanno preso Kabul, le donne afghane si sono chiuse in casa, terrorizzate dall’idea di essere perseguite e schiavizzate dai talebani. Già prima della conferenza stampa, i fondamentalisti avevano invitato le donne a entrare a far parte del loro governo, assumendo un ruolo attivo all’interno della società, un invito ribadito anche da Mujahid: «Permetteremo alle donne di lavorare e studiare. Saranno molto attive all’interno della nostra società e del nostro governo», afferma. Poi, di nuovo, si rivolge ai paesi «stranieri» e rivendica il diritto dei talebani di «agire secondo i nostri principi religiosi. Altri paesi hanno approcci, regole e regolamenti diversi. Gli afghani hanno il diritto di avere le proprie regole in accordo con i nostri valori», sottolinea Mujahid, aggiungendo che nessuna donna verrà perseguita.
Tuttavia, poco prima di concludere la conferenza, Mujahid si rifiuta di rispondere a una domanda più specifica sui diritti che verranno riconosciuti alle donne afghane, con particolare attenzione al mondo del lavoro. Il portavoce dei talebani si limita a rispondere che le donne afghane lavoreranno nel rispetto della legge islamica, la sharia, ma non è in grado di spiegare cosa questo significhi in concreto.
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