Sono scesi dal primo piano di un palazzo e hanno massacrato di pugni Sthepano, residente a Roma e originario del Perù di 26 anni e il fidanzato Matteo di 22. Si tenevano per mano mentre rientravano a casa, intorno all’una di notte dopo aver festeggiato Capodanno. Dieci contro due. Un match irregolare su qualunque ring. A Malatesta, quartiere popolare di Roma est.

Una spedizione punitiva programmata, come racconta Sthephano a Domani, ancora scosso, il volto tumefatto e la voce indebolita: «Il 31 dicembre prima delle nove e trenta ci siamo incamminati da casa per andare a cena con amici. Io, il mio ragazzo e un amico. Siamo passati sotto questo palazzo dove dal primo piano un gruppo di ragazzi e ragazze tra i 16 e i 19 anni festeggiavano. Tutti italiani. Ci hanno ricoperto di insulti: froci di merda, ricchioni». Non ci fanno caso. «Succede anche se non dovrebbe». Un sottofondo per la comunità Lgbtq+ quello fatto di insulti ordinari e frasi oscene. «Non volevamo rovinarci il capodanno e siamo andati verso la nostra cena». Al rientro, verso l’una di notte i ragazzi e le ragazze sono ancora lì, su quel balcone. «Dovevamo passare per forza di lì per rientrare a casa», spiega Sthephano: «Ci hanno rivolto ancora insulti. “Tu hai il cappello più frocio di tutti”. Tenevo per la mano il mio ragazzo mi sono rivolto verso uno di loro, quello che sembrava il più agitato di tutti e ho detto: “Dai, basta, non vogliamo litigare o iniziare l’anno così».

Il resto è una serie di fermo immagini che Sthephano riporta alla mente. La voce si fa flebile, vacilla. «Uno di loro è sceso come un lampo dal primo piano, insieme ad altri ragazzi e ha cominciato a spingerci. Ha spinto il mio ragazzo e poi hanno preso me. Mi hanno bloccato in quattro mentre gli altri mi riempivano di insulti, calci, pugni, sputi. I ragazzi picchiavano, alcune ragazze dicevano: “Dai, basta”». Matteo riesce a liberarsi, prende il cellulare e registra le violenze. Minaccia il gruppo: «Adesso chiamo la polizia e faccio vedere il video». La metà del gruppo si dilegua. Mentre una ragazza insieme a tre ragazzi mette contro il muro Matteo e lo obbliga a cancellare il video dalla «dalla galleria, dal cestino». Poi, come se nulla fosse, rientrano in casa, abbassano la tapparella, spengono le luci. Il quartiere torna a essere silenzioso.

A terra Sthepano, il volto è una maschera di sangue. Prova ad alzarsi ma cade a terra e sviene. Non ci sono ambulanze disponibili. Matteo, anche lui con il labbro sanguinante e dolorante, lo accompagna a piedi al pronto soccorso dell’ospedale Vannini. Il referto indica: trauma cranico, naso rotto, volto tumefatto e 25 giorni di prognosi. Denunciano ai carabinieri ma resta addosso la paura: «Vivo in Italia da tre anni. Questa violenza non l’avevo mai subita. Neanche in Perù. Sono ancora traumatizzato perché questi ragazzini crescono così? Con tutta questa rabbia e odio?».

Sul volto ferite e i lividi. Nella voce una ferita più grande: «Forse non riuscirò più a dormire. Il mio corpo reagisce male anche se soltanto qualcuno mi tocca. Non dovrebbe più succedere. Non è giusto avere paura di stare per strada mano nella mano con la persona che amiamo. Nessuno ha diritto di aggredirti così e rovinarti la vita».

La notizia è stata diffusa da Gaynet che punta il dito sulla politica: «Questo è il risultato di tutte quelle leggi di uguaglianza che ancora non ci sono – commenta il presidente Rosario Coco – l'Italia registra un vergognoso 36° posto sulla parità Lgbtqia+ nella Rainbow Map di ILGA Europe, nonché della peggiore maggioranza parlamentare sui diritti civili che l’Italia ricordi. Hanno agitato la bufala del gender per anni bloccando qualunque tipo educazione a diversità e rispetto nelle scuole, hanno applaudito all'affossamento della legge contro l'omolesbobitransfobia, attaccato i Pride e si sono schierati con Orban in Europa».

Nel 2024 si sono registrate 139 aggressioni omotransfobiche, dato che sconta il problema dell’under reporting. Le aggressioni sono poco denunciate perché le vittime hanno consapevolezza della mancanza di una legge che le protegga e vi è la convinzione diffusa che “tanto non succede nulla”. Mentre le forze di polizia o gli altri soggetti della giustizia penale non registrano le finalità di odio omotransfobico: perché non le riconoscono o perché il dato non rientra tra quelli da registrare sulla base della legislazione vigente. Non c’è legge, non c’è reato. 

Le associazioni Lgbtq+ locali organizzeranno un presidio proprio in zona Malatesta sabato 4 gennaio alle ore 17.

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