Alla fine è sempre questione di parole. Se dopo il suffisso “omo” sostituissimo sessuale con sentimentale tutto cambierebbe. Infatti l’attrice Sabrina Ferilli, nel corso di un’intervista sul film Io e lei di Maria Sole Tognazzi (in cui con Margherita Buy formano una coppia che affronta le normali difficoltà di ogni relazione) lancia il neologismo «omosentimentale».

Esattamente dice: «Questo è un paese bigotto, se si tira in ballo il sesso molti ancora si scandalizzano, invece bisogna capire che l’amore è amore sempre». Se poi oltre a vivere in un paese bigotto abiti anche il mondo dello sport, in cui i pregiudizi sui comportamenti umani si intersecano con quelli della disciplina che pratichi, del fisico che esibisci, dei risultati che produci ecco che l’intersezionalità della discriminazione tesse una ragnatela intricata in cui nessuno vorrebbe infilarsi.

Maschi contro femmine

Nonostante gli sforzi del Cio e lo spirito rivoluzionario francese che anima questi Giochi olimpici 2024, ciò che per un secolo e mezzo lo sport è stato, ha e avrà una lunga inerzia.

Il modello di gestione del sistema sportivo moderno, nato in piena rivoluzione industriale, è intriso dei valori di cui la società capitalistica si fa portatrice, il patriarcato in particolare e la divisione di ruoli, funzioni e compiti specifici tra generi, per cui gli uomini si occupano di produzione e le donne di riproduzione.

È dunque forte la consapevolezza che lo sport abbia aiutato a rafforzare gli orientamenti che definiscono culturalmente ciò che è appropriato e naturale per un maschio e altrettanto per una femmina. Ecco perché l’atleta uomo deve rappresentare simbolicamente muscolarità, forza, aggressività e all’atleta donna si richiede grazia e gentilezza, possibilmente secondo canoni estetici cari al mondo maschile delle forme, più che della forma atletica.

In questo contesto, l’orientamento sessuale diventa motivo di stigma in forma più drastica di quanto non accada in ambiti in cui i valori dominanti non siano quelli patriarcali, paternalistici che non penalizzano solo le femmine ma anche i maschi che non si conformano al modello.

Paradossalmente, su tale tema, le donne si sentono un pochino più libere degli uomini ma solo perché, purtroppo, hanno maggiore familiarità con la discriminazione.

Il bacio di Bellandi

Nella storia dello sport olimpico italiano nessun atleta uomo ha mai fatto coming out. La voce del sistema dice che è perché non ci sono gay. La voce della verità dice che costa troppo dolore. In effetti la cattiveria è sempre in agguato, anche al contrario come è capitato ad atleti etichettati come gay, pur non essendolo, per via della disciplina praticata, ritenuta e percepita come femminile: ne è un esempio Giorgio Minisini campione di nuoto artistico, specialità che purtroppo non è ancora stata inclusa né per gli uomini né in coppia mista, nel programma olimpico.

Il significato delle parole si evolve, segue l’evoluzione della società e ora, nell’era liquida tutto ciò che afferisce al rigido schema binario dovrebbe essere mitigato. E in questi giorni abbiamo avuto prova che, in effetti, la parola sesso scatena morbosità sia che definisca un aspetto dell’amore, sia che definisca l’anatomia di una persona.

Aspettando il giorno in cui lo sport non sarà più né maschile né femminile ma “solo” sport e l’amore sarà solo amore, laviamoci la mente dalla strumentalizzazione tossica abbattutasi sui Giochi, con un grazie alla campionessa olimpica di judo, Alice Bellandi e al suo bacio omosentimentale alla compagna Jasmine Martin.

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