Sono stati tre giorni per compattare l’ambientalismo italiano e fare rete per scuotere la politica italiana. L’obiettivo è superare la frammentazione cronica dei movimenti vecchi e nuovi, arrivare a un documento di proposte condivise per la politica e la società e forse anche a una federazione di movimenti. Mancavano però le organizzazioni storiche (Greenpeace, Legambiente, Wwf)
In questa fase storica, il movimento ambientalista italiano ha bisogno soprattutto di una cosa: un’interfaccia stabile con la politica e la società, con una piattaforma di proposte condivise e non negoziabili, in cui si riconoscano le organizzazioni, storiche e nuove, e tutte le ortodossie di una parte politica che in Italia è tanto grande quanto disaggregata.
Finalmente questa interfaccia è stata creata, la comunità ecologista italiana si è ritrovata per tre giorni, lo scorso fine settimana, durante i primi Stati generali dell’azione per il clima, in val d’Ossola, non lontano dal Lago Maggiore. Può sembrare assurdo, ma non era mai successo, non in questa forma, non da quando la crisi climatica è il tema principale dell’ecologia.
Il collettivo Ci sarà un bel clima ha fatto la chiamata, un centinaio di rappresentanti di realtà e organizzazioni ha risposto alla convocazione e sono state gettate le basi un documento, che sarà completato nei prossimi mesi. Quel testo sarà un atto politico fondamentale. «Nel nostro orizzonte ci sono soprattutto le elezioni europee e regionali del 2024, due appuntamenti decisivi dove bisogna arrivare con le idee chiare» spiega Clara Pogliani, portavoce di Ci sarà un bel clima.
Il paradosso, al termine di un’estate che ha massacrato l’Italia tra eventi estremi, ondate di calore e incendi, è che il messaggio anti-clima (e negazionista) è molto più solido e strutturato di quello pro-clima, ancora confuso, contraddittorio, frammentato come è frammentato il contesto politico di movimenti e organizzazioni che vanno spesso da soli o si muovono solo nella piccola rete di alleanze tra affini.
Nessuna unità
Gli Stati generali per il clima sono stati anche una mappatura di cosa è l’ambientalismo oggi in Italia, e del suo cronico problema: tanta azione sul campo, centinaia di realtà attive che presidiano temi, questioni e territori, ma nessuna voce comune e quindi poco impatto sulla politica.
Dall’altra parte c'è un’Italia non politicizzata e non attiva, che è allo stesso tempo sensibile e spaventata da un’emergenza che continua a colpire duro, e che non sa dove guardare in cerca di elaborazione e risposte, perché a destra la crisi climatica è invisibile (quando non apertamente negata) mentre a sinistra, esclusi i partiti più piccoli, continua a esserci povertà di idee e proposte.
Il ritorno del nucleare
Gli Stati generali hanno anche dimostrato che si può discutere su tutto, anche sui temi più divisivi, come un eventuale ritorno all’energia nucleare. Alla chiamata di Ci sarà un bel clima ha risposto anche la sigla Nucleare e ragione: proprio mentre Salvini faceva l’ennesima sparata irrealistica e disinformata, in val d'Ossola il tema è stato dibattuto nel merito.
Se il nucleare possa o meno entrare nel documento finale come richiesta degli ambientalisti italiani non si sa ancora, ma che si possa avere un dibattito non tribale sul tema è la prova che arrivare a una sintesi è possibile, oltre che estremamente urgente.
Presenti e grandi assenti
Faranno parte di questa rete soggetti molto diversi tra loro. Hanno mandato rappresentanti Ong strutturate come Action Aid e Acra, movimenti come Slow Food e Terra!, era presente la reindustrializzazione dal basso della fabbrica ex-GKN di Campi Bisenzio, c’era una folta rappresentanza di Fridays for Future (ma nessuno di Ultima generazione), c'erano i giovani del Club Alpino Italiano – reduce dalla turbolenta estate delle polemiche sulle croci in vetta – c’erano comitati per la qualità dell’aria, per la mobilità sostenibile, per la protezione di ghiacciai e montagne, per la gestione sostenibile delle foreste.
C'era però poco sud Italia, a dimostrazione che c’è una questione meridionale molto sottovalutata nell’ambientalismo italiano, e mancavano le organizzazioni storiche: non hanno aderito né Legambiente, né Greenpeace, né Wwf. «Erano stati invitati, speriamo di riuscire a coinvolgerli più avanti nel percorso», spiegano gli organizzatori.
Ricostruire dopo decenni di frammentazione non è un pranzo di gala. Per una rete che vuole fare della massa critica la sua forza sarebbe impensabile muoversi senza portarsi dietro la storia dell'ecologia italiana, ma anche per queste organizzazioni sarebbe un problema perdere il treno di questa nuova riconfigurazione.
Quali obiettivi
Non è ancora chiaro se dal processo iniziato a questi Stati generali uscirà una federazione di movimenti (come probabilmente sarebbe più efficace) o solo una rete informale.
È chiaro però qual è l’obiettivo, non solo incalzare la politica, ma anche creare una filiera di proposte di policy per i partiti che – al di là della buona volontà contenuta nella mozione Schlein – non riescono ancora ad entrare in partita, nemmeno quando il tema diventa sconvolgente a livello sociale e dibattuto a livello mediatico.
Infine, ultimo obiettivo, rinfrancare il movimento stesso, che è passato da piazze di 200mila persone a piazze con 2mila persone nel giro di pochi anni, scoraggiato anche dalla frammentazione e dalla mancanza di impatto.
È un'ultima chiamata per tutti, come ha ricordato Giovanni Montagnani di Ci sarà un bel clima «l’apocalisse la stiamo già vivendo ogni estate senza arrivare a 1,5 gradi».
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