Riconoscere le persone che consumano sostanze come portatrici di diritti. Questo alla base di una pratica portata avanti da realtà su tutto il territorio nazionale che da anni si occupano di ridurre rischi e danni correlati all’uso di stupefacenti sul piano sanitario e sociale
Si chiama “Riduzione del danno” e parte da due presupposti: che il consumo di sostanze non si combatta solo con repressione e carcere; e che anche chi usa stupefacenti ha diritto alla tutela della salute. L’uso di sostanze è un fenomeno complesso. Esistono diversi profili e stili di consumo, nonché un’infinità di stupefacenti. L’approccio della Riduzione del danno mira, appunto, a ridurre rischi e danni legati all’uso di sostanze. È uno dei quattro pilastri della politica europea sulle droghe (insieme a prevenzione, cura e riabilitazione, lotta al narcotraffico).
Il sottosegretario con delega alle politiche antidroga, Alfredo Mantovano, nell’ultima edizione della relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze, aveva affermato «il fallimento della riduzione del danno». Ma la Rdd è uno strumento fondamentale a tutela della salute. Infatti è inserita nei livelli essenziali di assistenza (Lea, le prestazioni obbligatorie del servizio sanitario pubblico) dal 2017.
Un disclaimer è necessario: l’esistenza di associazioni per la Riduzione del danno, anche storiche e finanziate con fondi pubblici, non va vista come un invito a usare sostanze ma al contrario come un metodo per tutelare la salute dei consumatori e contestualmente fornire strumenti di consapevolezza sui rischi e sulle possibilità di cura.
Tre principi
«La riduzione del danno riconosce la persona che usa sostanze come portatrice di diritti. Si basa su tre principi: uno, il consumo di droghe è un costume umano conclamato. Due, gli inviti a smettere di consumare non sono efficaci. Tre, la “War on drugs” ha fallito», come hanno stabilito anche le Nazioni Unite, ha spiegato Giuseppe Ialacqua, sociologo e assistente sociale, coordinatore del progetto di riduzione del danno Fuori Binario a Bologna. «Un approccio totalmente repressivo non funziona. Se si punta solo a estirpare il consumo, quello che farà la persona sarà nascondersi per farne uso», ha detto Ilaria Fineschi Piccinin, chimica del progetto torinese di riduzione del danno e limitazione dei rischi Neutravel.
Nata negli anni Settanta in Olanda, la Rdd si è poi sviluppata nei contesti dei rave e dei free party, luoghi dove c’è una forte cultura della cura reciproca, così come anche nel clubbing: «È uno spazio di forti esperienze fisiche e ci si supporta a vicenda», ha detto Enrico Petrilli, ricercatore dell’università di Torino che ha indagato la cultura e il piacere nei contesti del clubbing.
Rdd e tutela della salute
Le realtà che si occupano di riduzione del danno e limitazione dei rischi sono diffuse in tutta Italia e fanno spesso parte del Servizio sanitario nazionale. A Torino Neutravel se ne occupa dal 2006. A Roma, Nautilus dal 2003. Nei contesti del divertimento notturno allestiscono banchetti informativi sulle sostanze, mettono a disposizione gratuitamente materiali puliti, tra cui stagnola, pippotti, acqua per pulirsi il naso. Forniscono la possibilità di fare dei counselling per parlare con gli utenti di bisogni, effetti e rischi delle sostanze. Spazi senza giudizio in cui creare una relazione di fiducia e in cui il rapporto tra pari fa la differenza.
Strumento fondamentale è anche il drug checking, l’analisi chimica delle sostanze per evitare effetti non voluti o pericolosi. «A volte analizziamo delle sostanze che se la persona assumesse potrebbero avere delle conseguenze sanitarie gravi, tra cui la morte», ha detto Massimo Lazzarino, educatore socio sanitario di Neutravel. Se rilevano sostanze pericolose, scatta un sistema di allerta, sia informale all’interno delle feste, sia formale attraverso il sistema di allerta nazionale dell’Istituto superiore di sanità.
Roma
«La riduzione del danno è un diritto di tutti: tutti devono sapere che possono accedere a servizi di questo tipo», ha detto Isabella Iommetti, responsabile del progetto Nautilus di Roma, finanziato dalla regione Lazio. Nautilus da 22 anni si occupa di riduzione dei rischi e riduzione del danno, principalmente intervenendo nei contesti della festa autorizzati e non. L’equipe è formata da educatori professionali, medici e psicologi.
«Gira tutto attorno all’importanza della relazione. Le persone sono fatte da tanti pezzetti, il consumo non le totalizza né definisce», ha detto Iommetti. L’obiettivo del progetto è «portare sanità dove, presumibilmente, può esserci un consumo di sostanze», ha aggiunto precisando che includono anche alcol e nicotina. Forniscono anche servizi di screening per infezioni sessualmente trasmissibili. Si occupano inoltre di monitorare il mondo dei consumi, condividendo informazioni con i servizi per le dipendenze. «Il nostro lavoro punta anche a ridurre l’impatto sul sistema sanitario a lungo e breve termine», ha spiegato Iommetti.
Torino
«Il progetto Neutravel nasce nel 2006, ma la riduzione del danno in Piemonte si pratica da tanti anni prima», ha raccontato Lazzarino. Dal 2009 è entrato a far parte del piano sanitario regionale. È un servizio anonimo e gratuito, basato su un approccio pragmatico: «Questa è la situazione, pensiamo a cosa possiamo fare perché sia tutelata la salute delle persone, affinché siano attori consapevoli del consumo», ha detto Fineschi. A Torino, Neutravel ha offerto il primo servizio stabile di drug checking. Con l’utilizzo di appositi macchinari, viene erogato sia agli eventi sia in strada con un'unità mobile insieme a un altro servizio dell’Asl di Torino. «Durante l’analisi con il chimico c'è sempre un operatore sociale, perché cerchiamo di avere un momento di confronto con le persone», ha spiegato Fineschi.
L’equipe è formata da educatori, operatori e assistenti sociali, psicologi e chimici. «Un’equipe multidisciplinare permette di avere più punti di vista che possano restituire la complessità sia dei consumi che dei contesti», ha spiegato Lazzarino. Neutravel ogni anno forma dei volontari: molti vengono a contatto con il progetto direttamente agli eventi. Come è successo a Edoardo Bin e Chiara (il nome è di fantasia). Bin ha incontrato Neutravel nel 2021: «Mi ha trasmesso una forte sensazione di sicurezza», ha detto il volontario. «Quello che facciamo non è promuovere il consumo, ma renderlo consapevole», ha aggiunto Bin. «L’esperienza da volontaria è arricchente, anche perché c’è un forte stigma su queste tematiche», ha detto Chiara.
Bologna
Non solo nei contesti notturni: a Bologna la riduzione del danno è anche all’interno della cornice dei servizi di prossimità del Comune, gestiti da Asp Città di Bologna, che a tutto tondo intervengono nei luoghi di vita delle persone, tra cui la strada. Poi c’è Fuori Binario, «un laboratorio di comunità per persone senza dimora che fanno uso di sostanze», ha spiegato Marina Padula, coordinatrice di Asp. Nello spazio, che conta una settantina di accessi al giorno, le persone trovano un team di educatori.
Fuori Binario lavora «sull’autodeterminazione dei percorsi di vita per raggiungere l’equilibrio vita-consumo», ha detto Giuseppe Ialacqua, coordinatore di Fuori Binario. Si parte dal counselling, che permette di ottenere informazioni sulla persona, sulla città e sulle abitudini di consumo. Distribuiscono gratuitamente materiale pulito, effettuano test rapidi per le infezioni sessualmente trasmissibili e si occupano di ricerca scientifica. Inoltre hanno creato insieme a chi vive lo spazio tre laboratori: il cinema, la falegnameria e lo spazio donne. «Tutto va nell’ottica di creare la relazione educativa. I servizi di riduzione del danno funzionano perché sono i servizi di frontiera con cui le persone stringono rapporti», ha spiegato Ialacqua. «Qui c’è una persona con alle spalle quasi quarant’anni di eroina, che aveva smesso di occuparsi di sé. Ora è un punto di riferimento per la comunità dei consumatori e per noi», ha raccontato Ialacqua. «Questo scambio è il cuore della riduzione del danno. Costruire insieme una dimensione di cura», ha concluso.
La Rdd oltre l’Italia
Ci sono Paesi in cui la riduzione del danno ha fatto un passo istituzionale ulteriore. «In Catalogna a livello sanitario ci sono i Cas, centri con delle sale per il consumo sicuro, che forniscono anche il supporto di psicologi, educatori e assistenti sociali», ha spiegato Chiara Cocci, operatrice e attivista della riduzione dei rischi che collabora con la realtà spagnola Energy Control, progetto che da quasi trent’anni si occupa di questi temi. Nella sede di Barcellona «c’è un laboratorio avanzato che analizza sostanze provenienti da tutto il mondo. È un punto di riferimento fondamentale per la consapevolezza del mercato globale delle droghe», ha raccontato Cocci.
La riduzione dei rischi «dà gli strumenti che vengono negati a livello statale, perché le sostanze rimangono criminalizzate. In una società stigmatizzante la persona che usa sostanze finisce per essere una figura marginalizzata», ha concluso Cocci.
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