- Il vero regista della riforma della giustizia è Francesco Paolo Sisto, il viceministro di Carlo Nordio, già avvocato di Silvio Berlusconi. È cosa nota, ma è utile ribadirla, perché spiega anche la dedica della riforma alla memoria del Cavaliere.
- La riforma Sisto-Berlusconi-Nordio ha cinque pilastri: l’abolizione del reato di abuso d’ufficio; la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni; la revisione del processo per autorizzare o negare gli arresti preventivi nel corso delle indagini preliminari; il depotenziamento del reato di traffico di influenze; il divieto per le procure di fare ricorso in appello per le assoluzioni per reati con pene fino a 4 anni.
- L’abrogazione dell’abuso d’ufficio trova consenso in un fronte compatto di sindaci, di destra, centro e sinistra. Esistono però in concreto dei casi giudiziari che smentiscono la narrazione di moltissimi sindaci e del ministro Nordio. Infatti, diverse inchieste nate come semplici casi di abuso d’ufficio si sono trasformati successivamente in indagini su sistemi pervasivi di corruzione e mafia.
Il vero regista della riforma della giustizia è Francesco Paolo Sisto, il viceministro di Carlo Nordio, già avvocato di Silvio Berlusconi. È cosa nota, ma è utile ribadirla, perché spiega anche la dedica della riforma alla memoria del Cavaliere. La riforma Sisto-Berlusconi-Nordio ha cinque pilastri: l’abolizione del reato di abuso d’ufficio; la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni; la revisione del processo per autorizzare o negare gli arresti preventivi nel corso delle indagini preliminari; il depotenziamento del reato di traffico di influenze; il divieto per le procure di fare ricorso in appello per le assoluzioni per reati con pene fino a 4 anni.
L’abrogazione dell’abuso d’ufficio trova consenso in un fronte compatto di sindaci, di destra, centro e sinistra. Anche nel Pd c’è chi ritiene che sia una buona cosa. Elly Schlein, la segretaria, invece si smarca dalla narrazione secondo cui gli amministratori sono vittime del codice penale. Piuttosto è l’inefficienza della macchina pubblica a moltiplicare le denunce di cittadini esausti.
Lo scenario futuro in assenza dell’abuso d’ufficio, articolo 323 del codice penale, potrebbe riservare situazioni paradossali: «Prendiamo il caso di un sindaco che decide di destinare con un atto illegittimo l’ultimo piano del municipio all’amante. Non sarà più reato», riflette una fonte autorevole impegnata da una vita a perseguire i delitti dei colletti bianchi. Inoltre la sua cancellazione rischia di produrre una procedura di infrazione da parte dell’Europa. Soprattutto ora che sono in ballo gli investimento del Pnrr: senza l’abuso d’ufficio ogni amministratore non sarà più punito se affiderà appalti diretti (entro una certa soglia) a parenti, amici, clientele varie. Infatti con l’abuso d’ufficio andrebbe in soffitta anche la mancata astensione di un pubblico amministratore, che potrà partecipare a processi decisionali pure in presenza di conflitti di interesse.
Dall’abuso alla mazzetta
Secondo il guardasigilli l’Italia ha sui reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione, «l’arsenale più severo d'Europa» in termini di norme e pene previste. Le statistiche dicono che su 5mila indagini per abuso d'ufficio sono intervenute appena 20 condanne in un anno». I dati citati dal ministro, tuttavia, non tengono conto di un fatto rilevante, che muta notevolmente il quadro: l’inefficienza della pubblica amministrazione produce montagne di denunce di cittadini esasperati da lentezze e atti, i pm ricevuta la querela sono costretti ad aprire il fascicolo spesso senza indagati per abuso d’ufficio destinato all’archiviazione. Ecco spiegato l’elevato numero di procedimenti con questo reato. Forse Nordio dovrebbe suggerire ai colleghi del governo di occuparsi di come migliorare la macchina ammnistrativa degli enti locali.
Esistono, poi, in concreto dei casi giudiziari che smentiscono la narrazione di moltissimi sindaci e del ministro Nordio. Infatti, diverse inchieste nate come semplici casi di abuso d’ufficio si sono trasformati successivamente in indagini su sistemi pervasivi di corruzione e mafia.
È il caso di uno dei filoni di una maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta. Costola che riguardava la pubblica amministrazione e che ha coinvolto personaggi del calibro di Paolo Romeo, considerato tra più influenti capi di una ‘ndrangheta dei colletti bianchi. Condotta dalla procura antimafia di Reggio Calabria, il capitolo in questione era nato contestando l’abuso d’ufficio: si è arrivati poi alla corruzione e alla turbativa d’asta. «Senza più l’abuso d’ufficio, questa indagine non sarebbe neppure partita», dice uno dei detective dell’indagine. Allo stesso modo i magistrati di Salerno tra il 2018 e il 2019 non avrebbero intercettato i meccanismi corruttivi all’interno della commissione tributaria. Tutto era nato dal reato di abuso d’ufficio. Le ulteriori verifiche hanno dimostrato che si trattava di un sistema articolato in cui erano coinvolti anche giudici della commissione, poi accusati di corruzione in atti giudiziari.
E che dire invece di chi ha col solo reato di abuso d’ufficio ha incassato condanne in appello ed è in attesa della Cassazione. È il caso del sindaco Pd di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, un anno in secondo grado: aveva concesso un immobile all’associazione di un imprenditore con cui era in ottimi rapporti. Imprenditore che nel 2014 aveva peraltro offerto gratuitamente a Falcomatà alcuni locali per ospitare la sua segreteria politica. La riforma del governo normalizza tutto ciò, il reato scompare.
Nordio ha riservato attacchi severi all’associazione nazionale magistrati e all’ex presidente del Senato, Piero Grasso, tra i più autorevoli magistrati antimafia: «Lui vede la politica come un mondo di mafiosi», ha detto Nordio. In una delle sue uscite pubbliche, ha anche sottolineato che la lentezza del nostro processo «costa al nostro Paese due punti di Pil all’anno». Ma omette di dire quanto costano all’Italia l’inefficienza della pubblica amministrazione, le mazzette, la concorrenza sleale delle mafie e il malaffare.
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