Gli agenti sono accusati a vario titolo e in concorso di tortura, abuso d'autorità contro detenuti del carcere Pietro Cerulli di Trapani, nonché di falso ideologico. In totale gli indagati sono 46, quasi un poliziotto ogni 4 tra quelli in servizio presso la struttura.
Una cella per picchiare, un reparto d’isolamento trasformato in un luogo di punizione perché privo di telecamere e proprio lì accadeva ogni bestialità con il marchio di stato: schiaffi, pugni, urina in faccia e detenuti costretti a subire completamente nudi. Un carcere dentro al carcere. Una zona franca dove tutto era possibile. Unica regola: nessuna regola.
Il nuovo pestaggio di stato è stato scoperto dalla Procura di Trapani e dal nucleo investigativo regionale della polizia penitenziaria di Palermo. Anni di indagine, sfociati adesso in un’ordinanza con 11 poliziotti penitenziari agli arresti domiciliari, altri 14 sospesi dal loro incarico. Sono accusati a vario titolo e in concorso di tortura, abuso d'autorità contro detenuti del carcere Pietro Cerulli di Trapani, nonché di falso ideologico. In totale gli indagati sono 46, quasi un poliziotto ogni 4 tra quelli in servizio presso la struttura.
L’inizio dell’inchiesta
Tutto parte nel 2021, con le denunce di alcuni detenuti: raccontavano di maltrattamenti, minacce e offese continue da parte di alcuni agenti. All’inizio la loro versione, come spesso capita in questi casi, non è stata ritenuta credibile. Si trattava di persone con diversi disturbi, tra loro anche stranieri. Qualcosa cambia quando uno di loro ha fornito una pista agli inquirenti: «Ci portano in una zona del carcere dove non ci sono telecamere. È lì che avvengono le cose brutte». Colleghi che indagavano su altri colleghi - in questa vicenda, dove, purtroppo, non vince nessuno - sono riusciti in gran segreto a piazzare le telecamere nei posti indicati: corridoi lontani da sguardi indiscreti, antibagni, zone isolate. Gli si è presentato davanti un film disgustoso: scene di violenza, schiaffi, colpi, gavettoni di urina. Uomini spogliati e derisi. Uomini malmenati. E un sistema che copriva tutto. Che, alla bisogna, si voltava dall’altra parte, con finte relazioni di servizio, o accusando ingiustamente le vittime di essere a loro volta aggressori.
Le immagini mostrano un un modus operandi inquietante: violenze fisiche e vessazioni ripetute nel tempo, eseguite in modo sistematico da un gruppo di agenti. Le vittime erano sottoposte a maltrattamenti continue in un contesto che, secondo gli inquirenti, era caratterizzato da un clima di impunità. C’è anche un pestaggio in ospedale ai danni di un detenuto che è stato picchiato percosso dopo essere stato ammanettato e coperto con un lenzuolo.
Urina e botte in ospedale
In tutto gli indagati sono 46, destinatari anche di un decreto di perquisizione alla ricerca di materiale utile per le indagini presso le loro abitazioni, gli armadietti del carcere, i veicoli di proprietà. Nell’istituto di pena il reparto blu, quello adibito all’isolamento diurno e notturno, era stato trasformato nel luogo degli orrori e, in particolare, una cella ribattezzata “liscia”. Lì avvenivano le violenze visto che non c’erano inizialmente le telecamere poi disposte per verificare i raccontati dei detenuti. Uno dei reclusi, V.C., ha dovuto subire ogni tipo di prevaricazione in un reparto dove era stato instaurato un vero e proprio «clima di terrore», come lo definisce il giudice Giancarlo Caruso. Nella cella 5 gli agenti Nicolò Rondello e Francesco Sugamiele lo colpivano e percuotevano con schiaffi, altri due agenti assistevano senza intervenire. In un’altra occasione, altri due poliziotti penitenziari, Vito Cisaro e Leonardo Crapanzano, trascinavano il detenuto in slip lungo il corridoio bagnato prima di spingerlo in cella con un calcio. Altri agenti ancora lo picchiavano muniti di guanti in più occasioni, il recluso era nelle mani di uno stato dal volto di aguzzino. Al detenuto straniero M.G., Antonio Ficara, Giuseppe Gervasi, Andrea Pisciotta, e altri agenti, riservavano questo trattamento: lo denudavano, lo obbligavano a percorrere il corridoio nudo, lo irridevano per le dimensioni dei genitali prima di chiuderlo in cella. Più che un carcere di uno stato democratico sembra Arancia meccanica. A.C. è un altro detenuto, l’ennesima vittima sacrificale di bulli vestiti da agenti, destinatario di percosse e secchiate di acqua e urina.
L’allarme del procuratore
Tra i casi più gravi accertati, detenuti fatti spogliare e umiliati, scherniti anche in gruppo, e vittime colpite con lanci di acqua e urina. Atti disumani che non risparmiano nemmeno persone con problemi psichiatrici, sia italiane che straniere, accomunate da una condizione di vulnerabilità. «È inconcepibile che chi riveste un ruolo istituzionale si renda protagonista di simili atti», ha sottolineato il procuratore di Trapani Gabriele Paci, qualificando molti episodi come veri e propri atti di tortura.
Dalle indagini emerge una sorta di "condivisione generale" tra gli agenti, dove la violenza era vista come un mezzo inevitabile per mantenere l’ordine. «Non possiamo più tollerare che la violenza venga considerata un metodo accettabile – aggiunge Paci –. Serve urgentemente assistenza per le persone più fragili, non possiamo più aspettare».
Gli abusi documentati riguardano una ventina di vittime, le cui testimonianze sono state raccolte e riscontrate dalle autorità. Le indagini non si fermano, ma la Procura lancia un appello affinché la politica intervenga con decisione. «Noi siamo tecnici e agiamo sulla base delle indagini – ha concluso Paci – ma questa è una situazione profondamente disdicevole che non possiamo più ignorare». La situazione del reparto blu era stata denunciata da Nessuno tocchi Caino che aveva chiesto la chiusura del reparto, poi chiuso nell’agosto 2023 per ragioni sanitarie quando ormai tutto era compiuto.
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