Secondo l'ultimo rapporto pubblicato dalla fondazione Gimbe, sia il vaccino ango-svedese sia Johnson & Johnson andrebbero somministrati a persone di età più avanzata. I dati parlano chiaro: 2 casi di trombosi su 100mila negli under 50; 0,5 casi su 100mila negli over 70
Oltre alla 18enne di Sestri Levante, in gravi condizioni all'ospedale di Genova, c’è anche un’altra donna di 34 anni ricoverata in terapia intensiva dopo essere stata colpita da trombosi. Entrambe, nei giorni precedenti al malore, era stato somministrato il vaccino AstraZeneca.
Nelle ultime settimane, infatti, in controtendenza con quanto continua a raccomandare l'Ema sul vaccino anglo-svedese, in diverse regioni del territorio nazionale milioni di dosi di AstraZeneca sono state somministrate ai più giovani, nel corso di diversi open day, destando diverse preoccupazioni.
Renata Gili, responsabile di ricerca sui Servizi sanitari della fondazione Gimbe spiega che «riguardo alle recenti polemiche sugli open day per i giovani e i rari effetti avversi associati al vaccino AstraZeneca bisogna ribadire che in un’ottica di salute pubblica e di strategie vaccinali il profilo beneficio-rischio del vaccino si modifica in relazione alla circolazione del virus». Infatti, come si evince dal documento pubblicato lo scorso 23 aprile dall’European medicines agency, il rischio di sviluppare trombosi associata a piastrinopenia aumenta al diminuire dell’età.
Finora sono stati registrati 0,5 casi su 100mila negli over 70; 1 caso su 100mila nella fascia 50-69 anni; circa 2 casi su 100mila negli under 50 anni. In Italia, come documenta l’ultimo rapporto Aifa sulla farmacovigilanza l’incidenza sembra ancora più bassa: infatti, su 3.977.851 somministrazioni di AstraZeneca (dati aggiornati al 26 aprile 2021) sono stati riportati 34 casi di trombosi venose in sede atipica.
Tuttavia nei soggetti più giovani, già a minor rischio di Covid-19 severa, in condizioni di bassa circolazione virale l’incidenza di effetti avversi, seppur molto bassa, supera i potenziali benefici del vaccino nel prevenire ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o decesso. «In altre parole – precisa Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe – nel quadro epidemiologico italiano delle ultime tre settimane, nelle persone di età inferiore ai 50 anni i rischi dei vaccini a vettore virale superano i benefici». Secondo il presidente, infatti, è anacronistico che, a fronte delle indicazioni del Ministero della Salute (che già dallo scorso 7 aprile raccomandava AstraZeneca “preferenzialmente” per gli over 60), nelle ultime tre settimane, su un totale di 1.431.813 dosi di vaccini a vettore adenovirale somministrate, il 33,1 per cento (473.578 dosi) siano state somministrate a persone under 50 e l’11 per cento (158.156 dosi) nella fascia 18-29.
La decisione di vaccinare gli under 50 con AstraZeneca, in realtà, è stata presa per evitare che le dosi rifiutate dalle fasce di età più avanzata andassero perse. Sono moltissimi gli over 50 e 60, infatti, che non accettano di farsi somministrare AstraZeneca, provocando così un accumulo di fiale che, se non fossero state somministrate proprio ai più giovani, correndo maggiori rischi, sarebbero andate perse.
«Se da un lato non bisogna rallentare il ritmo della campagna vaccinale è indispensabile massimizzarne i benefici e minimizzarne i rischi, evitando al contempo di compromettere definitivamente la fiducia per i vaccini a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson)», conclude Cartabellotta.
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