Magistrati, psicologi, dipendenti pubblici, giornalisti, informatori scientifici, avvocati: sono alcune categorie che grazie alle scelte discrezionali delle regioni hanno già fatto il vaccino
- Ora che riparte a tutto gas, almeno nelle intenzioni, la campagna vaccinale, torna a porsi un problema più serio di quanto non si creda: con quali criteri ciascuna regione decide a quali categorie dare il vaccino e a quali no? Come si decidono le precedenze?
- «Abbiamo ricevuto lettere da tutti i presidenti degli ordini: commercialisti, avvocati, giornalisti, notai, erano tutti essenziali», raccontano dalle regioni. Ma i criteri per fare una scelta di fatto non ci sono, praticamente si va a braccio.
- Il ministero, l’8 febbraio, chiusa la fase 1 riservata a personale sanitario e residenze per anziani, apriva alla seconda fase indicando le fasce prioritarie e aprendo, in realtà, con la dicitura «altri servizi essenziali» alla corrida regionale delle categorie.
Ora che riparte a tutto gas, almeno nelle intenzioni, la campagna vaccinale, torna a porsi un problema più serio di quanto non si creda: con quali criteri ciascuna regione decide a quali categorie dare il vaccino e a quali no? Come si decidono le precedenze?
L'unica cosa evidente è la guerra tra categorie, ognuna che si propone come più essenziale dell'altra, anche se nei casi più assurdi si rivendica il vaccino prioritario per meriti pregressi.
Tutti erogano un servizio pubblico essenziale: i magistrati perché consentono il funzionamento della giustizia, ma anche gli avvocati che assicurano il diritto costituzionale alla difesa, e i giornalisti che danno notizie su quanto accade. «Abbiamo ricevuto lettere da tutti i presidenti degli ordini: commercialisti, avvocati, giornalisti, notai, erano tutti essenziali», raccontano dalle regioni.
Il meccanismo
Ma i criteri per fare una scelta non ci sono, praticamente si improvvisa. Il meccanismo ha questo funzionamento: il ministero della Salute ha emanato a inizio gennaio un decreto ministeriale che ha avuto il 10 marzo un ultimo aggiornamento in cui venivano indicate le categorie prioritarie nella fase iniziale e quelle essenziali per la seconda fase. Il piano viene corredato da raccomandazioni periodiche che vengono inviate alle regioni.
Il commissariato per l'emergenza e il contrasto al Covid-19 si occupa, invece, di inviare le dosi di vaccini alle regioni non in base all’ampiezza di questa o quella categoria prescelta ma alla popolazione regionale. Ministero e commissariato non dispongono di dati scorporati per regione: quanti avvocati sono stati vaccinati in Toscana? Quanti magistrati nel Lazio? Quanti psicologi in Lombardia? Quanti giornalisti in Sicilia? E quanti in Molise, dove è emerso anche il caso di una struttura accreditata che ha vaccinato anche collaboratori non rientranti nel personale sanitario? Quanti dipendenti pubblici in Puglia?
Caos dati
Il ministro della Salute e il commissario non conoscono il numero dei vaccinati nelle categorie essenziali individuate. Gli unici dati disponibili sono da prendere, alcuni, con cautela, dicono dal ministero, perché talvolta non sono precisi. Consultando questi dati si vede che le somministrazioni destinate agli over 80 vaccinati, stimati in 4 milioni e mezzo, sono meno di due milioni.
Questo in ragione anche delle difficoltà di approvvigionamento dei vaccini e dell'impossibilità di utilizzare, fino a qualche giorno fa e per quella fascia di età, Astrazeneca. Non è complicato trovare un difetto nel sistema. Ad esempio, in Piemonte non risulterebbe vaccinato neanche un agente delle forze dell'ordine.
Non è così, ma dipende da alcuni errori nell'elaborazione dei dati. Se il commissariato distribuisce le dosi e il ministero fissa le priorità, le regioni seguono il piano vaccinale nazionale e le raccomandazioni, ma grazie all'autonomia territoriale declinano a piacimento il prioritario ed essenziale. «Dopo la vaccinazione delle categorie prioritarie, l'esigenza era di non irreggimentare il sistema per evitare dei colli di bottiglia e degli ostacoli alla vaccinazione nelle regioni», dicono dall'ufficio stampa del ministero della Salute. Così, esaurite le vaccinazioni per sanitari e personale delle residenze per anziani, le regioni hanno dato vita al caos.
Il circo delle categorie
In Campania, ad esempio, non sono stati ancora vaccinati tutti i disabili gravi. Le vaccinazioni per loro sono iniziate solo il 17 marzo dopo le polemiche dei giorni scorsi che hanno visto, a seguito di un comunicato dell'ordine dei giornalisti, i cronisti passare avanti nelle coda ai disabili e ai loro familiari.
Una settimana fa sull’email di ogni giornalista campano è arrivata una comunicazione dall’ordine di appartenenza. «La regione Campania ha accolto la nostra richiesta per dare la possibilità ai giornalisti, professionisti, pubblicisti e praticanti di accedere alla campagna vaccinale Covid-19», si legge nella stringata comunicazione. Compilati i dati personali, «potrai accedere alla piattaforma della Regione Campania per la successiva prenotazione», ma l’accesso è impossibile.
La regione, infatti, ha fatto poi sapere che non se ne parla. In regione i disabili gravi sono stati inseriti, sia pure in ritardo, nelle categorie prioritarie. Il tutto è avvenuto attraverso una comunicazione pubblica dopo il recepimento, in quello regionale, dell'aggiornamento del piano vaccinale nazionale.
«Da mercoledì 17 marzo, i medici di medicina generale devono inserire sulla piattaforma telematica della Regione Campania le adesioni alla campagna vaccinale dedicata, come da protocollo del ministero della Salute, ai pazienti di elevata fragilità (categoria 1: persone estremamente vulnerabili, disabilità grave)», si legge nella nota diffusa. In realtà quell'elenco era già contenuto, identico, nelle raccomandazioni «sui target della vaccinazione» diffusi dal ministero il giorno 8 febbraio.
In quel documento il ministero, chiusa la fase 1 riservata al personale sanitario e a quello delle residenze per anziani, apriva alla seconda fase indicando le fasce prioritarie e aprendo, in realtà, alla corrida regionale delle categorie.
In che modo? Le raccomandazioni individuano sei categorie, disabili gravi (in alcune regioni non c'è ancora un solo disabile grave vaccinato), i cittadini over 70, «le persone con aumentato rischio clinico se infettate dai 16 fino ai 69 anni», gli over 55 e, infine, una sesta categoria «soggetti di età compresa tra i 18 e i 54 anni anni che non siano portatori di patologia concomitante».
Una categoria generica per la quale si prevede la somministrazione del vaccino Astrazeneca, individuando al suo interno la priorità «per il personale scolastico e universitario docente e non docente, per le Forze armate e di Polizia, per i setting a rischio quali penitenziari e luoghi di comunità e per il personale di altri servizi essenziali, e a seguire il resto della popolazione». E con “altri servizi essenziali” la babele è servita.
Richiesta delle regioni
La stessa conferenza delle regioni, il 5 marzo, ha chiesto al governo centrale di chiarire le fasce di popolazione o le categorie che vanno vaccinate prioritariamente. Dopo qualche giorno, pur sottolineando maggiore chiarezza nelle indicazioni governative, la conferenza chiede di vaccinare anche la protezione civile oltre alle forze di polizia. La situazione vira verso il caos.
In regione Toscana si è vaccinata la vicepresidente Stefania Saccardi, ex assessore alla Sanità, in quanto avvocata. Se si accede al sito regionale si scopre che la Toscana ha inserito tra le categorie essenziali «il personale degli uffici giudiziari, di età compresa tra 18 e 80 anni purché in servizio attivo» (ora la categoria è scomparsa).
Perché è stato deciso così e, soprattutto, con quale atto amministrativo eventualmente impugnabile? La domanda, posta all'ufficio stampa competente, è rimasta senza risposta. Non c'è un atto regionale: la definizione delle categorie vaccinali rimanda al piano nazionale, con l'ultimo aggiornamento del 10 marzo. In Campania il sito è molto aggiornato e presenta tra i soggetti già vaccinati personale dei comuni, delle questure (i poliziotti sono in altra categoria) e delle prefetture.
Nel Lazio, invece, si sono già vaccinati quattro o cinque magistrati della direzione nazionale antimafia. Come? La procura nazionale ha fatto sapere di aver ricevuto un modulo di adesione, circostanza smentita dalle aziende sanitarie romane.
Potrebbe esserci stata confusione tra direzione investigativa antimafia e direzione nazionale antimafia. Un giallo insomma. Di certo nessuno ha ancora pensato a definire lavoratori “essenziali” magazzinieri, operai e cassieri: tutto è discrezionale, vince chi urla o, semplicemente, conta di più.
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