Mentre la destra al governo punta tutto sul ddl Sicurezza, a Brescia la polizia ha scelto di usare il pugno duro. La denuncia è arrivata dal movimento ambientalista Extinction Rebellion che, il 13 gennaio, ha organizzato un presidio davanti ai cancelli di Leonardo spa insieme agli attivisti di Ultima generazione e di Palestina libera.

Ma è quel che è successo più tardi negli uffici della questura, dove in 23 sono stati trattenuti per oltre sette ore, a essere finito al centro delle polemiche e poi di un’interrogazione parlamentare indirizzata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dal vicecapogruppo di Avs alla Camera, Marco Grimaldi.

«Mi hanno chiesto di spogliarmi e fare tre squat (piegamenti, ndr). Questo trattamento è stato riservato solo a delle persone femminilizzate. Ai maschi non è stato chiesto», ha raccontato una militante di Extinction Rebellion in un video pubblicato sui social.

Versione confermata a Domani da Val, un’altra attivista: «Anch’io sono stata perquisita. Sono entrata in una stanza della questura con la porta aperta e un’agente donna mi ha chiesto subito di spogliarmi. Sono rimasta in mutande e reggiseno ma mi hanno chiesto di togliermi tutto. A quel punto mi sono rifiutata».

Spiega che una sua compagna entrata prima di lei le aveva consigliato di opporsi. «L’agente era insistente. Poi si è arresa ma non mi ha detto cosa cercava, io al presidio stavo solo facendo video. Alla fine sono stata denunciata per manifestazione non preavvisata». Dalla questura bresciana fanno sapere che «è sempre stata tutelata la dignità delle persone».

Tutto è iniziato a metà mattinata. «Eravamo davanti alla Leonardo per lanciare un messaggio: oggi non si può lavorare per chi produce armi senza essere complici di quello che sta succedendo a Gaza», sottolinea Marta, altra attivista di Extinction Rebellion. Gli strumenti sono quelli tipici di questi movimenti: blocchi stradali e imbrattamenti. Quando il nuovo pacchetto sulla sicurezza sarà approvato anche da Palazzo Madama, i blocchi stradali diventeranno illecito penale e, se commessi da due o più persone, comporteranno fino a due anni di carcere.

«La nostra era una manifestazione pacifica, come sempre», aggiunge Marta. «Alcuni attivisti si sono incatenati ai cancelli per bloccare l’ingresso e l’uscita dei camion. Per un’ora e mezza non sono potuti passare. Poi abbiamo sostituito la bandiera della Palestina a quella di Leonardo, prima azienda bellica europea e dodicesima al mondo». Dopo 15 minuti, l’arrivo della polizia. «La repressione è stata da subito ingiustificata», continua.

«Sono stata strattonata e buttata a terra con le braccia dietro la schiena e la faccia sull’asfalto». È stata denunciata per imbrattamento, radunata sediziosa e concorso morale. Non è stata perquisita, ma come altri 16 attivisti le è stato dato un foglio di via da Brescia che durerà un anno e mezzo: «Evidentemente sono ritenuta un soggetto pericoloso».

Il caso è diventato subito politico. «La manifestazione si è svolta pacificamente. Le 23 persone sono state condotte in questura e trattenute in stato di fermo, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 349 del codice di procedura penale, dal momento che ognuna di loro ha fornito i propri documenti identificativi», si legge nell’interrogazione presentata da Grimaldi.

«Ciò che più inquieta è che molte delle persone identificate come donne hanno testimoniato di essere state costrette a spogliarsi e a eseguire piegamenti sulle gambe. Di questi abusi, dopo il 2001, ne abbiamo abbastanza. Come ne abbiamo abbastanza delle denunce arbitrarie, che regolarmente cadono davanti al pm, e dei fogli di via elargiti a chiunque manifesti».

All’appello del vicecapogruppo di Avs alla Camera si sono uniti anche gli altri partiti di opposizioni. Il Pd con Orfini, +Europa con Magi e il M5S con Morace-Pedullà. Compatti nel chiedere che Piantedosi riferisca al più presto in Aula sull’operato delle forze dell’ordine.

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