Baku ha attaccato la regione, abitata prevalentemente da armeni, sostenendo di star compiendo un’azione antiterrorismo dopo la morte di sei cittadini azeri per l’esplosione di alcune mine. La Russia, che aveva mediato nel 2020, si è detta «allarmata», l’Unione europea condanna l’escalation
Si sono riaccese le tensioni tra Azerbaigian e Armenia, in un’escalation di azioni che ha già attirato l’attenzione della comunità internazionale. Un’«operazione antiterrorismo» contro i separatisti filo-armeni nel Nagorno-Karabakh è partita poche ore dopo la morte di quattro soldati e due civili azeri per l’esplosione di alcune mine nella regione. Lo ha annunciato un comunicato del ministero della Difesa dell’Azerbaigian, riportato dall’agenzia di stampa Tass.
Secondo alcune fonti, ci sono state delle esplosioni nella zona di Stepanakert. Almeno 25 persone tra cui due civili sarebbero morti nei bombardamenti, riporta l’Ansa. Il governo di Erevan avrebbe chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu e alle forze di pace russe di intervenire.
Baku, nella nota del ministero, informa anche che le forze armate armene sono state colpite e «disabilitate dall’uso di armi ad alta precisione», ma ha specificato che l’operazione si concentra solo sugli obiettivi militari.
Sollecitato sulla possibilità di incontrarsi con i separatisti, il governo azero ha insistito nel chiedere il dissolvimento delle formazioni armate armene come condizione per i negoziati. Nel frattempo, sostiene di star aprendo dei corridori umanitari per evacuare la popolazione civile.
Da dicembre infatti la regione, che si trova su un territorio controllato prevalentemente dall’Azerbaigian, ma è abitata per lo più da una popolazione di etnia armena che ha fondato una propria repubblica autonoma, non riconosciuta dalla comunità internazionale, ha visto chiudere il corridoio Laçin, l’unico collegamento tra il territorio del Karabkh e l’Armenia, che permetteva, tra le altre cose, anche il rifornimento di alimentari.
I precedenti
L’area del Nagorno-Karabkh è stata rivendicata dall’Azerbaigian a più riprese. Negli anni Novanta era stato stipulato un accordo di cessate il fuoco, interrotto il 27 settembre 2020, quando le forze azere avevano occupato la parte meridionale del territorio. Era stata la Russia a mediare e i tre paesi erano arrivati a una dichiarazione trilaterale, per cui il confine sarebbe stato presidiato da un contingente di pace russo.
L’operazione del 19 settembre è stata avviata «al fine di garantire le disposizioni della dichiarazione trilaterale per reprimere le provocazioni su larga scala nella regione economica del Karabakh, per il disarmo e il ritiro delle formazioni delle forze armate armene da nostri territori, nonché per neutralizzare le loro infrastrutture militari e per proteggere la popolazione civile», si legge nel comunicato di Baku.
La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, come riportato dall’agenzia Ria Novosti, si è detta «allarmata» e ha chiesto ad Armenia e Azerbaigian di «rispettare il cessate il fuoco». Zakharova ha sostenuto anche che la Russia è stata informata solo poche ore prima dell’operazione, smentendo le voci che sostenevano un avviso anticipato a Mosca.
La propaganda
«Come prima di ogni attacco, anche questa volta, l’Azerbaigian ha iniziato una propaganda diffondendo false notizie e incolpando le forze armene per aver attaccato le postazioni dell’Azerbaigian. Queste fake news sono state puntualmente smentite sia dall’Armenia che dal Nagorno-Karabakh», ha dichiarato Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice dell’Armenia in Italia, «dopo aver imposto un blocco totale, per circa 9 mesi, sottoponendo la popolazione di 120mila armeni alla fame e sofferenze morali e psicologiche, ora l’Azerbaigian li sta prendendo deliberatamente di mira per eliminarli».
La reazione internazionale
L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha fatto sapere che l’Unione europea condanna l’escalation militare.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, al momento a New York per l’assemblea generale dell’Onu, ha scritto su X, il vecchio Twitter, di aver voluto incontrare il proprio omologo azero, Jeyhun Bayramov, insistendo sulla necessità di una soluzione diplomatica.
Secondo la Tass, il governo di Baku si è detto disponibile a incontrare i rappresentanti della popolazione armena nella città di Yevlakh, ma in una nota ha sottolineato che «le formazioni armate armene illegali devono alzare bandiera bianca, consegnare tutte le armi e il regime illegale deve dissolversi», altrimenti l’operazione continuerà fino a che non avrà raggiunto i suoi obiettivi. Il governo armeno ha negato di avere presidi militari sul territorio.
© Riproduzione riservata