- Il 15 gennaio del 1993, in una ancora misteriosa operazione dei reparti speciali, cade dopo un quarto di secolo Totò Riina. Ma la grande caccia è appena cominciata.
- Sabella conosce la mafia, i suoi intrecci familiari e le sue relazioni esterne, le abitudini e le fragilità dei boss. Indaga sui “gruppi di fuoco” di Brancaccio, sui capi di San Giuseppe Jato, sui fedelissimi corleonesi dello “zio Totò”.
- Le indagini sono diventate un libro, Cacciatore di mafiosi, da cui è stata tratta, per la Rai, una fortunata serie tivù.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, la grande caccia ai mafiosi dopo la cattura di Totò Riina. Uno dei magistrati è Alfonso Sabella. Le indagini sono diventate poi un libro, “Cacciatore di mafiosi”.
Giravano tranquilli per Palermo, non li prendevano mai. A volte erano latitanti a casa loro, ricercati e liberi. Intoccabili. Fino a quando, dopo le uccisioni di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, in Sicilia cambia tutto. È lo Stato che, per la prima volta nella sua storia, decide di fare la guerra a Cosa Nostra. Il nuovo procuratore capo della repubblica di Palermo è Gian Carlo Caselli, riorganizza l'ufficio, c'è anche un pool che ha compito di stanare i grandi latitanti di Cosa Nostra. Nel settembre del 1992 i poliziotti hanno già catturato Giuseppe Piddu Madonia, il numero 2 della Cupola che si nascondeva in Veneto.
Il 15 gennaio del 1993, in una ancora misteriosa operazione dei reparti speciali, cade dopo un quarto di secolo Totò Riina. Ma la grande caccia è appena cominciata. A Palermo, uno dei magistrati che coordina le indagini sui latitanti è Alfonso Sabella, sostituto procuratore della repubblica appena arrivato al Palazzo di Giustizia dopo le bombe per Falcone e Borsellino. Conosce la mafia, i suoi intrecci familiari e le sue relazioni esterne, le abitudini e le fragilità dei boss. Indaga sui “gruppi di fuoco” di Brancaccio, sui capi di San Giuseppe Jato, sui fedelissimi corleonesi dello “zio Totò”. Uno dopo l'altro cadono nella rete: Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Riina; Nino Mangano e Pasquale Di Filippo, Giovanni Brusca “'u verru” e suo fratello Enzo e tanti altri ancora. Sono tutti i rappresentanti dell'anima stragista di Cosa Nostra, quelli che con le stragi volevano costringere lo Stato a trattare. Dopo anni e, in qualche caso decenni, i latitanti finiscono tutti nei bracci infernali del 41 bis.
Dietro ogni inchiesta e dietro ogni cattura, c'è una meticolosa conoscenza del territorio, dei comportamenti criminali, dei linguaggi e dei simboli. Poi la tecnologia, le intercettazioni, le miscrospie. E i pedinamenti, in mezzo al traffico di Palermo o nelle sperdute campagne nel cuore della Sicilia. Indagini che sono diventate un libro per la Mondadori, Cacciatore di mafiosi, firmato da Alfonso Sabella insieme ai giornalisti Silvia Resta e Francesco Vitale. E dal libro è stata tratta, per la Rai, una fortunata serie tivù. Il nostro Blog Mafie, per una trentina di giorni, pubblicherà ampi stralci del racconto di uno dei protagonisti dell'antimafia giudiziaria degli Anni '90.
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