Quando il padre muore, Antonio Casamonica si trova ai domiciliari per estorsione. Il giudice gli accorda un permesso premio per partecipare ai funerali. Una volta terminati, Antonio è tornato nuovamente in galera. Un anno dopo, succede che Antonio, ancora ai domiciliari, minaccia una vittima al telefono. Antonio, nonostante fosse stato trasferito ai domiciliari, avrebbe continuato imperterrito a fare l’usuraio e pretendere gli interessi fuorilegge
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.
Vittorio Casamonica, il “re”, ha vissuto in via Roccabernarda, al numero 10. Oggi, a quel civico, vive il figlio Antonio, il maschio dei tre figli del “re”. Quando il padre muore, Antonio Casamonica si trova ai domiciliari per estorsione. Il giudice gli accorda un permesso premio per partecipare ai funerali del padre. «Urgentissimo», cosi c’era scritto sul permesso straordinario firmato dal presidente della prima sezione della Corte d’Appello Giorgio Maria Rossi e inviato alla tenenza dei carabinieri di Ciampino. Con quel documento Antonio Casamonica, figlio di Vittorio, agli arresti domiciliari, ha assistito ai funerali del padre. La richiesta è stata inoltrata alla Corte dal suo avvocato, Mario Giraldi, il giorno 19 agosto. L’istanza è stata accolta e i magistrati hanno autorizzato, come si legge nel documento, «l’imputato ad allontanarsi dalla propria abitazione» dalle 10 fino alle 14.
Finito il funerale, Antonio è tornato nuovamente in galera.
Un anno dopo le esequie monumentali del “re”, succede che Antonio – allora ai domiciliari– strappa il telefono alla madre mentre parla con una vittima, e inizia a urlare improperi contro l’imprenditore, insulti e minacce che risuonano per l’intero vicolo. Antonio era finito coinvolto in una inchiesta, secondo la polizia i coinvolti strangolavano alcuni commercianti della capitale e del litorale chiedendo loro interessi stratosferici che addirittura si attestarono al 76 000 per cento. Antonio Casamonica, nonostante fosse stato trasferito ai domiciliari, avrebbe continuato imperterrito a minacciare le sue vittime e pretendere gli interessi fuorilegge. Ecco che per lui si sono aperte le porte del carcere. Chiuso il suo conto con la giustizia, ora Antonio Casamonica vive libero nella casa del padre.
A sentire la testimone di giustizia Debora Cerreoni, per anni compagna di Massimiliano Casamonica, l’erede al trono è proprio lui, Antonio, il figlio di Vittorio. «Casamonica Vittorio ha ricevuto somme di denaro da Casamonica Giuseppe, non so a che titolo […] Mi risulta che Vittorio Casamonica fosse titolare di fatto del locale il Caffè Latino, a Testaccio […] Casamonica Vittorio non era il capo dei capi perché la struttura del clan Casamonica non prevede una figura del genere, ma certamente era l’elemento più carismatico della famiglia, una sorta di punto di riferimento ideale per tutti, anche in ragione dei suoi storici rapporti con soggetti appartenenti alla Banda della Magliana […] Nella famiglia del defunto Vittorio Casamonica il capo, come ho già riferito, e certamente Casamonica Antonio, il figlio […] il quale è sempre stato accanto al padre in ogni attività e, fra l’altro, se non sbaglio e l’unico figlio maschio di Vittorio.» Parole di una testimone di giustizia.
Ho incrociato Antonio Casamonica due volte. L’ultima volta era affacciato al terrazzo in accappatoio bianco e non ha voluto neanche rispondermi, è rientrato in casa e ha chiuso le imposte.
Fine delle comunicazioni.
In compagnia di “Pelé”
La prima volta, invece, qualche giorno dopo il funerale, è stato più prolisso. Era ancora ai domiciliari, non era ancora finito in carcere per l’aggravamento della misura a seguito delle nuove minacce all’imprenditore vessato. Non ha voluto rispondere ad alcuna domanda, limitandosi a una crociata contro la stampa: «Ma che siete venuti a fare, chi vi si incula. Voi giornalisti ci avete messo nella merda, vi siete inventati le cose».
Quel giorno Antonio era in compagnia di un altro Casamonica, lo chiamano tutti Pelé, all’anagrafe Guerino. Vive, al civico 8, nella villa Sonia, dedicata alla moglie. Una sontuosa dimora, colore rosso pompeiano con telecamere di sorveglianza, due piani, una piscina per feste e ricorrenze per la gioia dei vicini costretti a subire schiamazzi e sollazzi della casata. Pelé e ufficialmente commerciante di auto, quando arriviamo taglia subito corto. «Noi non abbiamo potere, siete voi i più forti», spiegava mentre si dimenava con le mani, si agitava, urlava. Poco dopo sono arrivati i carabinieri che hanno proceduto a identificarci, giusto in tempo perché Pelé spiegasse le sue preferenze politiche: «Noi abbiamo votato, la politica ha sempre chiesto voti, abbiamo votato Andreotti, Craxi, Berlusconi. Tutti». C’e chi, invece, garantiva di aver votato centrosinistra, insomma la famiglia e bipartisan. Guerino Casamonica lo incontro nuovamente, nel dicembre 2018, quando abbattono la villa del padre, Giuseppe. Gli citofono e mi spiega che la sua villa era abusiva,
ma lui l’ha condonata e che è tutta una ingiustizia quella che da anni subisce la sua famiglia. «Lui e tra i più scaltri, è cattivo. Hanno un mare di soldi a disposizione. La villa? Sono venuti chi dalla Calabria, chi da Genova per fargliela, a Roma nessuno si azzarda più. Non hanno la fama di pagatori.» A tratteggiare il profilo di Guerino è un cittadino che lo conosce bene, le solite malelingue che diffamano il buon nome della casata.
L’ultima indagine che riguarda Pelé indica i suoi rapporti con altri ceppi familiari, quello di via Caldopiano, che ha come capo Ferruccio – tra poco lo conosceremo –, e Luciano Casamonica, big di vicolo Porta Furba, finito in carcere nella retata del luglio 2018. Attorno girano insospettabili, amici e conoscenti di vecchia data di Pelé. Nel suo passato c’è una sequela di indagini a suo carico, precedenti per rapina, porto abusivo di armi, truffe e una vicenda che lo eleva nell’olimpo della casata. Il padre, Giuseppe, viene coinvolto in una inchiesta per riciclaggio insieme ad altri della famiglia, una inchiesta finita con la condanna degli imputati. L’operazione Esmeralda scopre una movimentazione di denaro di provenienza illecita: il tentativo era di nascondere la provenienza attraverso una serie di passaggi dei soldi tra il Principato di Monaco e l’Italia, una parte delle banconote era stata fatta rientrare attraverso lo scudo fiscale di berlusconiana memoria, la politica e sempre prodiga di regalie. A leggere quella sentenza si scopre di chi parliamo quando scriviamo Pelé, quando scriviamo Casamonica. C’è un paragrafo dedicato alla possibile origine illecita di quei soldi e si citano le indagini per traffico di droga a carico di Pelé che nell’inchiesta per riciclaggio non viene coinvolto.
Cosi scopriamo che «ha riportato una condanna definitiva in Germania alla pena di anni sette per traffico di sostanze stupefacenti». Ma non solo dalle indagini risulta essere fornitore di cocaina di un gruppo criminale romano, a leggere il dossier della dia, Guerino ha fatto anche da mediatore tra un gruppo di quattro persone – tra cui Vittorio Di Gangi, poi condannato – e trafficanti colombiani. Oggi il buon Guerino si gode la villa, la piscina e la meritata libertà.
Testi tratti dal libro di Nello Trocchia "Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma". Testi, nomi e processi sono riportati nella serie del blog Mafie così come presentati nel libro, aggiornati dunque al 2019.
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