L’usura è stata per anni un reato “addolcito” da questa considerazione che, in fondo, se non chiedi non lo subisci: e la colpa diventa delle vittime. E, invece, è reato spia di un sistema economico marcio
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.
Nell’operazione Tulipano si legge: «Casamonica, di etnia sinti, era il titolare di fatto della discoteca denominata Eto e faceva parte, con mansioni decisionali, della società Global Protection Service che si occupava della sicurezza nei locali notturni».
Casamonica ha lavorato nella Global Service come Mazinga, Massimiliano Alfano, altra figura conosciuta negli ambienti criminali romani, quest’ultimo fino al 2007. Famoso per la sua dorata latitanza a Dubai, ricercato per aver ordinato, racconta il pentito Giancarlo Orsini, la gambizzazione di una estetista.
Nella vigilanza privata ha lavorato anche il pentito Massimiliano Fazzari. Bitalo non ha mai presentato la dichiarazione dei redditi, fosse per i Casamonica, caf e commercialisti dovrebbero chiudere. Per sempre. Dal 2003 al 2012, però, Bitalo ha percepito redditi e tutti da società di vigilanza. [...] Di chi sono queste aziende? Un complesso societàrio che torna protagonista di sigla in sigla. […] La Global ha garantito la sicurezza a eventi politici, culturali, sportivi. Sul sito ci sono i nomi, i numeri e le foto dei titolari che si fanno immortalare con i personaggi famosi. Attori, cantanti, calciatori, comici. Da Valeria Marini a Ridge, da Brignano a Manfredi, perfino il sindaco Rutelli, e poi eventi a Roma con Renzi e gente che conta, tutti completamente all’oscuro di frequentazioni e precedenti, vengono immortalati con i titolari.
Poi ci sono i locali di Roma dove la vigilanza garantisce la tranquillità di concerti e serate danzanti. Franco Cecconi, tra i soci di due sigle dove ha lavorato Bitalo, ritorna protagonista anche in una vicenda che riguarda gli Spada, imparentati con i Casamonica. Il teatro non è sempre Roma, ma Ostia. E riguarda anche qui una società di vigilanza con lo stesso nome: Global Investigation Service. In un passaggio si legge: «Da un’intercettazione ambientale emerge come la predetta società sia in realtà, di fatto, controllata dalla famiglia Spada».
Oggi Franco Cecconi, una vita da buttafuori, e presidente dell’Ente nazionale bilaterale italiano investigazione sicurezza tutela; presidente dell’Associazione italiana sicurezza e manager della Global Investigation Service. Nell’agosto del 2018 ha in contrato anche il sottosegretario all’interno Nicola Molteni per discutere di sicurezza. Di certo non hanno parlato delle storie dei buttafuori ai quali ha dato soldi e tempo come Bitalo, al secolo Giuseppe Casamonica, o Mazinga.
Il racconto di Franco Cecconi
Cecconi è disponibile al telefono e soprattutto fornisce la sua versione su tutto: «Molteni mi è sembrato una persona propositiva. La richiesta è quella di fare un tavolo permanente sulla sicurezza al ministero, avvalendosi delle associazioni di categoria».
A Cecconi, mai indagato e senza alcun precedente penale, leggiamo il passaggio dell’ordinanza Eclissi nel quale si adombra la possibilità che la Global sia del clan Spada. «Non è possibile, nella maniera più assoluta, mai. Mi fa rabbia e mi fa schifo solo il pensiero. Io sono all’antica, non ho mai permesso a nessuno di controllare la nostra azienda.» Cecconi non è stato neanche indagato, ma nell’informativa agli atti del processo di legge: «Si precisa che, come emerso nel corso di una intercettazione ambientale, e come riferito da Roberto Grande, la società Global Investigation, facente capo a Cecconi, è in realtà controllata dalla famiglia Spada».
Roberto Grande, imprenditore, parla in auto con un socio. È il 16 ottobre 2015: «La security che veniva da me questa estate, i proprietari sono gli zingari, la Global».
Una società dove oltre a Cecconi figurano anche Antonio Hanhart, ed Elio Cioppa, già dirigente generale della polizia di Stato. Nessuno però e stato indagato e coinvolto in alcun modo. La Global è una grande azienda e non c’è alcuna indagine che la riguarda, anche se poliziotti e pm hanno deciso di riportare l’intercettazione.
C’è l’altra questione che riguarda, invece, Bitalo. Cecconi, esperienza decennale nel settore, torna indietro negli anni e racconta l’assunzione di Bitalo. «Nessuno ha condizionato la società, non abbiamo subito alcuna pressione. Casamonica era molto semplice, mi fu presentato come ex pugile che aveva famiglia con ragazzini, era inappuntabile nei servizi di sicurezza che svolgeva. Lavorava ai gran premi. Quando fu assunto, negli anni novanta, non c’erano obblighi a guardare il curriculum, l’integrita morale dell’operatore viene introdotta nel 2009, potevamo ignorare con chi avevamo a che fare.» Ignorare uno che si chiama Casamonica a Roma è complicato. «Ma non tutta la famiglia era uguale e mi fu garantito da un amico, poi i Casamonica sono un fenomeno recente. Mazinga? Aveva genitori di tutto rispetto.»
E le vicende giudiziarie di Bitalo? «Lamento di essere stato ingiustamente carcerato, mica mi metto a vedere le carte processuali.» Un posto per Bitalo si trova sempre. I due destini si incrociano perché Bitalo lavorava alla Global quando acquisisce la discoteca Eto che era protetta dalla Global. «Noi lavoravamo li già con il proprietario precedente prima che Bitalo prendesse, comprasse, estorcesse, non lo so, la discoteca.» Ma Cecconi riprenderebbe Bitalo? «No.» Cecconi dice che Casamonica fu assunto negli anni novanta. Nel 2000 Casamonica finisce in carcere e nel 2002 a processo per estorsione. «Gli dissi non sbagliare più.» Una seconda possibilità a Casamonica non si nega mai.
Bitalo ricalca tutti gli stilemi, i tratti caratteristici della casata. Non ha mai presentato una dichiarazione dei redditi, nullafacente di professione perché il lavoro stanca e insudicia le mani e lui, Bitalo, doveva averle pulite per presentarsi, lindo e pinto, al cospetto delle donne, le sue donne. Oltre a sua moglie, Casamonica ha avuto relazioni con diverse signore che dividevano letto e protezione con il capo più in vista della famiglia “zingara”.
Tra queste anche Tamara Pisnoli, ex moglie del calciatore della Roma Daniele De Rossi, vicecapitano della nazionale di calcio italiano. Roma non fa differenze, unisce i mondi, si incrociano nelle notti sbracate, ai tavoli dei locali di Testaccio o Trastevere, dell’Eur o del centro. Pisnoli, hanno riferito le cronache, ha avuto un flirt con Giuseppe Casamonica, ma soprattutto appartiene a una famiglia che viene da lontano.
Il padre di Tamara, Massimo Pisnoli, precedenti per rapina, viene ucciso il 7 agosto 2008 con due colpi di fucile, uno in bocca, e viene ritrovato giorni dopo alla periferia di Aprilia in una stradina sterrata. Una esecuzione in piena regola, a ucciderlo due suoi complici con i quali organizzava rapine in giro, fatto inginocchiare e ammazzato per alcuni dissidi sulla divisione dei bottini. Il vicecapitano della nazionale, qualche settimana dopo, firma una doppietta contro la Georgia e dedica i gol alla memoria del suocero, padre della moglie Tamara.
Anche Tamara Pisnoli è finita coinvolta in una storia di buffi e violenza. È sotto processo per le minacce rivolte a un imprenditore. Solo la sentenza accerterà la verità. L’accusa è che volevano costringere l’imprenditore a pagare 200 000 euro. Un episodio avvenuto nel luglio 2013, ai danni di Antonello Ieffi, vittima di un prestito usuraio. Tamara Pisnoli gli avrebbe detto: «Sai quanto ci metto a fa’ ammazza’ una persona? Basta che metto diecimila euro in mano a un albanese, non ci mette niente». Una parte degli autori del pestaggio viene condannata in primo grado e, nella sentenza, affiora un’immagine raccontata dalla cronaca. La vittima, a terra, pestata a sangue e la bionda Tamara che sarebbe entrata nel suo lussuoso appartamento al Torrino. Appena vista la scena avrebbe chiosato: «Ora pulite bene, che qui avete fatto uno schifo». È la città dei piccoli imprenditori vessati e sul lastrico che chiedono soldi e poi finiscono schiacciati da debiti e violenza. Pisnoli, con il suo legale, ha sempre respinto ogni addebito e solo il processo accerterà la verità.
Di certo, neanche a Giuseppe Casamonica manca la decisione, il piglio, la risoluta fermezza. E, spesso, mettersi con il capo serve a evitare casini.
L'amante di Bitalo
Lo sa bene Giuseppina Di Marzio, altra amante di Giuseppe Casamonica. «Io ho paura di loro anche perché ho un figlio piccolo e per tale ragione non voglio rilasciare dichiarazioni su di loro.» A raccontare il suo stato emotivo agli inquirenti e Daniele Laurito, imprenditore, socio per anni della Di Marzio: gestivano insieme la discoteca Marilyn. Ma anche per la gente della notte, «per chi fino alle 5 non conosce sbadiglio», arriva la crisi, nel 2011 gli ingressi diminuiscono e così le entrate. Quando i soldi non girano, in un locale che comunque deve aprire, serve liquidità. E a chi chiedi? A chi i soldi li ha sempre avuti, pronti e in contanti: “gli zingaracci”. La casata ha prestato soldi a tutti, ha messo imprenditori, artigiani, poveracci in ginocchio praticando il reato odioso dell’usura, i soldi a strozzo. «E che cazzo vai trovando» racconta un ex bandito che li conosce bene, «se tu gli chiedi i soldi poi ti tocca metterti sotto e pagare.» L’usura è stata per anni un reato “addolcito” da questa considerazione che, in fondo, se non chiedi non lo subisci: e la colpa diventa delle vittime. E, invece, è reato spia di un sistema economico marcio e appassito. Di Marzio si rivolge a Casamonica per 50 000 euro di prestito. In quell’anno, Giuseppe Casamonica era, momentaneamente, in carcere. A curare la pratica ci pensano Liliana, sorella di Bitalo, e Katia Tolli, compagna del boss. Casamonica acconsente dal carcere, da dove comanda nonostante la detenzione.
Di Marzio così alimenta le casse della società e versa sul conto corrente la cifra ricevuta. L’effetto di quel patto e subito visibile, i rampolli della dinastia cominciano a frequentare il locale, a spadroneggiare come fossero i titolari. Tra i più assidui ospiti indesiderati ci sono Guerino, detto Chicco, figlio di Giuseppe, che aveva anche lavoricchiato al locale per un periodo, e Ciccillo, al secolo Ottavio Spada. Il tavolo prenotato, le bottiglie in serie, cocktail e impunita. I Casamonica disponevano, i camerieri eseguivano, poi quando bisognava pagare alzavano i tacchi e andavano via. Gli “zingaracci” erano diventati soci di fatto. Laurito racconta la disperazione: «Ormai non mi sento più proprietario della discoteca Marilyn, oggi Om club, da quando abbiamo ricevuto il prestito dai Casamonica. Da tre anni abbiamo dato in affitto questo locale». Il racconto di Laurito è emblematico di come si fa impresa in questa città che non ha voluto mai fare i conti con la cappa criminale che l’ha sedotta e impoverita. Ma prima del prestito a strozzo avevano avuto un altro problema. Appena Laurito e Di Marzio entrano al Marilyn, nel 2009 ricevono la visita di un altro soggetto dal passato glorioso: Massimiliano Alfano, detto Mazinga, vicino al clan Senese. Chiese 15 000 euro e per uscire da quel primo incubo Di Marzio chiama Massimiliano Casamonica, fratello di Bitalo, e così Mazinga e gli altri supereroi, quattro napoletani che lo accompagnavano, non si fecero più vedere. Poi arriva la crisi e il prestito usurario.
I Casamonica prestano 50 000 euro e si fanno dare indietro 100 000 euro con il meccanismo dell’intera somma, detto “prestito a capitale fisso”: fino a quando non restituisci in un’unica soluzione il capitale ricevuto (in questo caso, 50 000 euro tutti insieme) continuerai a pagare all’infinito indipendentemente dagli interessi versati negli anni. così i “nullafacenti” tengono in scacco decine di vittime e si gonfiano di soldi.
Il metodo dell'usura a grappolo
L’usura diventa a grappolo perché lo strozzato è debitore non di uno, ma dell’intero gruppo Casamonica e dalla morsa non uscirà più. In caso di arresto, il carnefice cambia, perché i “nullafacenti” sono tanti e le vittime non sfuggono al loro cognome. E così, anche se capisci che sarai schiavo a vita, ti infili in quell’imbuto che ti ossigena all’inizio prima di strozzarti. Il risultato è scontato. E, infatti, Laurito racconta: «Da anni, da quando hanno erogato il prestito di 50 000 euro, di fatto si comportano da padroni e io non so come uscirne».
Quando Laurito chiese i soldi, i Casamonica pretesero la cessione delle quote di un altro locale, lo Shango, accordo che poi salto. Con questo meccanismo i Casamonica sono diventati proprietari occulti di decine di locali che non saranno mai oggetto di sequestro perché nelle mani di insospettabili.
Come succede al Marilyn. Grazie a Di Marzio, i Casamonica diventano soci occulti, per il tramite di Guerino, figlio di Giuseppe. A raccontare tutto è Debora Cerreoni, compagna di Massimiliano, fratello di Bitalo. «I Casamonica sono soci di fatto di un locale sito in via di Libetta, il Marilyn. La proprietaria è una certa Pina, che era l’amante di Giuseppe Casamonica. I Casamonica hanno disponibilità di ingenti somme di denaro in contanti, occultate in vario modo.»
Giuseppina Di Marzio si fregia di questa relazione: «Lui mi ama ancora e non è per niente arrabbiato», scrive in un sms dopo aver ricevuto la lettera di Bitalo, il boss-latin lover. Aperta la missiva, Di Marzio chiama il socio Laurito. Questa conversazione non serve per scandagliare i battiti del cuore dei protagonisti, ma per capire come una relazione potesse servire come vincolo di protezione. Di Marzio riporta i contenuti: «Io ti amo non te scorderò mai per quello che il bene che mi hai fatto a me e a famiglia e a tutti quanti», e Laurito risponde: «Mamma mia… ne potemo fa’ dieci copie per favore, ne devo porta’ a un po’ de gente». E continua Di Marzio: «Porto rispetto, sperò che me lo porti anche tu… tanto quando esco comunque sia io sto con te».
Entrambi vorrebbero sfruttare la relazione con il capo dell’associazione per frenare le richieste degli altri componenti della casata. Di Marzio finisce in galera nella mega operazione Gramigna ritenuta prestanome del clan. E in questa storia di vittime, carnefici, corna, soldi e paura non può mancare l’ultimo paradosso. Di Marzio, che la Procura e un giudice ritengono complice del clan, ha anche gestito un locale confiscato dalla stessa Procura. Succede anche questo nel complicato e mefitico sistema romano dove tutto si mischia e si confonde.
Laurito e Di Marzio, nel 2009, infatti, ricevono dal Tribunale di Roma, dal custode giudiziario, il permesso di gestire un locale sequestrato, la discoteca Eto di via Galvani a Testaccio. E a chi era stato sequestrato il locale? A Giuseppe Casamonica, in una operazione dei carabinieri eseguita nel gennaio 2009. Il locale era diventato di fatto di Bitalo come liquidazione di un debito accumulato dai vecchi proprietari, il grande classico della casata. Poi erano arrivati i carabinieri a sequestrarlo e infine la futura amante di Casamonica ha fatto richiesta di prenderlo in gestione. Sembra uno scherzo, ma e successo anche questo nella magica Roma. Mentre Di Marzio chiede ai Casamonica un aiuto per cacciare Mazinga, contemporaneamente le viene affidata la gestione di un locale sequestrato alla casata. Che meraviglioso paese. Un paradosso che racconta la casata. [...]
Testi tratti dal libro di Nello Trocchia "Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma". Testi, nomi e processi sono riportati nella serie del blog Mafie così come presentati nel libro, aggiornati dunque al 2019.
© Riproduzione riservata