Venivano sentiti in qualità di testimoni molte persone che risiedevano o lavoravano nelle adiacenze del luogo del delitto. Gran parte delle dichiarazioni testimoniali è risultata irrilevante ai fini processuali. Fornisce però, una prova dello stato d'animo della cittadinanza verso le istituzioni e dell’immensa paura e del clima di soggezione verso la mafia
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere la cosca di Corleone.
Venivano escussi, in qualità di testi, molte persone che risiedevano o lavoravano nelle adiacenze del luogo del delitto, al fine di ricostruire con una esattezza la dinamica del fatto di sangue ed identificarne gli esecutori.
Gran parte delle dichiarazioni testimoniali assunte è irrilevante ai fini processuali. Costituisce però seria documentazione dello stato d'animo della cittadinanza verso le istituzioni e della immensa paura e soggezione che la gente avesse verso la delinquenza.
Conti Francesco diceva infatti che appena aveva sentito sparare era andato a nascondersi, al pari di Cavaliere Amedeo che si era messo sotto una macchina e Randazzo Francesco Paolo che era corso a chiudersi nel bagno del proprio negozio.
Berilli Nicolò, Alberti Maddalena, Pace Luciano, Scalia Luigi, Fidicaro Alessandro, De Simone Rocco, Magnali Alfredo, Spadoliatore Gaetano, Urso Giuseppe, Catania Santo, Giunta Salvatore, Spanò Eugenia, Pellerito Salvatore, Puleo Pietro, Mulone Salvatore, dichiaravano invece di non aver visto niente.
Omertà e testimonianze inaffidabili
Contravveniva alla consegna dell'omertà Di Mattia Sergio, gestore del bar Adria, ubicato in via Rutelli 42, ove il M.llo Mancuso era solito attendere che uscisse di casa il giudice Terranova. Rivelava il teste che il giorno del delitto il Mancuso, dall'interno del bar, visto il giudice che usciva di casa, gli andava incontro. Dopo qualche minuto il teste udiva l'esplosione di colpi di arma da fuoco ed unitamente a tutte le altre persone che si trovavano nel bar si precipitava fuori per vedere cosa fosse accaduto.
Scorgeva l'autovettura del giudice Terranova vicino ad un autolavaggio. Ai due lati della macchina c'erano un giovane di 25 – 30 anni che impugnava una pistola ed un altro individuo che vedeva solo di spalle.
I due che erano di altezza e corporatura regolare ed avevano i capelli scuri, si allontanavano repentinamente e raggiungevano un'altra autovettura di grossa cilindrata e di colore ruggine, guidata da una terza persona, che era ad attenderli al centro di Via Rutelli.
La Commare Giuseppe dichiarava che il 25/9/79, alle ore 8,30, sentiva dal bagno della propria abitazione, numerosi colpi di arma da fuoco. Affacciatosi al balcone notava due giovani di 25 - 30 anni entrare velocemente su un'autovettura di colore bruno metallizzato che si allontanava velocemente in direzione di Via De Amicis.
Despinosa Giovanni, che abitava in Via Rutelli 15, riferiva che udendo sparare si era affacciato al balcone di casa ed aveva visto due persone che sparavano da circa 10 metri di distanza contro un'automobile.
Aveva visto i due assassini di spalle. Uno era bassino mentre l'altro era corpulento e robusto ed alto circa m. 1,80.
Scendeva in strada e non vedeva più il sicario basso. L'altro gli era sembrato di vederlo a bordo di un'autovettura Peugeot rossa che si stava allontanando.
Anche Alberti Domenico che abitava in Via Rutelli aveva sentito sparare. Affacciatosi al balcone aveva visto un individuo con un fucile da cui fuoriusciva il caricatore, che a passo affrettato saliva su un'autovettura di media cilindrata che a velocità sostenuta si dirigeva verso via T. Gargallo. L'uomo era alto m.1,72 -1,74, piuttosto magro, con i capelli scuri e di colorito bianco.
Panzica La Manna Michele abitava di fronte al fabbricato ove abitava il giudice Terranova. Narrava che il giorno dell'omicidio aveva sentito sparare e si era affacciato alla finestra. Scorgeva nella strada sottostante un'autovettura che procedeva in retromarcia e due persone, posizionate ai due lati dell'automezzo che sparavano. Uno dei killers era armato di arma lunga, l'altro di arma corta. Il primo sparava contro il guidatore mentre l'altro sparava contro l'uomo seduto accanto al guidatore. Aveva visto i due assassini solo di spalle. Quando l'autovettura si fermava i due smettevano di sparare ed a passo svelto si dirigevano verso un'autovettura di colore rosso scuro, ferma all'incrocio tra via Rutelli e via De Amicis, con direzione di marcia verso via T. Gargallo. Uno dei due killers aveva un'età non superiore ai 30 anni. Era di statura media e corporatura robusta. Aveva i capelli ricci e colore scuro.
Mulone Salvatore, in seguito a contestazioni fattegli dal P.M. ammetteva di aver visto un'autovettura di color ruggine che si allontanava velocemente in direzione di Via De Amicis.
Raffrontando le riferite testimonianze, nessun elemento certo e concreto è possibile ravvisarvi relativamente agli esecutori materiali del delitto, sia per la genericità che per la contraddittorietà dei dati riferiti. C'è infatti chi ricorda che i due assassini fossero di altezza e corporatura regolare, chi sostiene che fossero uno bassino e l'altro corpulento, robusto ed alto circa m. 1,80, chi assume che uno dei due fosse magro e chi invece dice che uno fosse di statura media e corporatura robusta.
Concordi invece appaiono i testi in ordine al numero dei killers, alle armi adoperate per consumare il delitto, alle modalità del delitto, al mezzo usato per allontanarsi dal luogo del delitto. Sulla scorta di questi dati è possibile concludere che testimoni oculari, presenti sul luogo del delitto, videro due uomini a volto scoperto che con un fucile ed una pistola sparavano contro un'autovettura che procedeva a marcia in dietro a bordo, della quale c'erano il Terranova ed il Mancuso, fino a quando si fermava nei pressi di una baracca e successivamente si dirigevano verso una macchina ferma all'incrocio di Via Rutelli con Via De Amicis, a bordo della quale salivano e si allontanavano verso via Gargallo.
I dati di prova specifica già analizzati collimano esattamente con quelli desumibili dalla prova generica e ne costituiscono valido riscontro.
Trovata l’auto dei killer
Come infatti evincesi dalla documentazione allegata al fascicolo dei rilievi tecnici effettuati dalla P.S. sul luogo del delitto, bossoli e frammenti di vetro venivano rinvenuti all'incrocio formato da Via Rutelli con la via De Amicis e nei pressi della baracca ove veniva rinvenuta ferma l'autovettura con a bordo i due assassinati che presentava inserita la marcia indietro.
Parimenti convergenti sono i dati acquisiti con l'esaminata perizia medico-legale, laddove è emerso l'utilizzo di un fucile e di una pistola per compiere l'eccidio.
L'impiego certo di due armi, apparendo compatibile con l'azione delittuosa dai testi attribuita a due persone, consente di ritenere certo che a sparare furono in due.
Parimenti certo, è che gli esecutori materiali del delitto, compiuto l'eccidio, si allontanassero a bordo di un'autovettura in direzione di Via Gargallo.
Detta macchina è da taluno descritta di colore ruggine, da talaltro di colore bruno metallizzato, o come una Peugeot rossa o di colore rosso scuro o ancora di colore ruggine e tutti la vedevano prendere la direzione di Via Gargallo.
Orbene all'altezza del n. 41 di Via Vincenzo Di Marco , che incrocia con Via Tommaso Gargallo là ove termina la Via De Amicis, rinvenivano gli inquirenti un'autovettura Peugeot, di colore ruggine metallizzato all'interno della quale c'era una scatola di proiettili per pistola cal. 9, contraddistinti con la stessa sigla apposta sul fondello di uno dei bossoli di egual calibro repertato sul luogo del delitto.
Pertanto, atteso che il colore ruggine metallizzato ed il colore rosso scuro o bruno metallizzato, son facilmente confondibili o quantomeno riconducibili alla stessa tipologia cromatica, non vi è dubbio che l'auto rinvenuta dalla P.S. fosse quella con cui testimoni videro i killers allontanarsi dal luogo dell'omicidio deponendo in tal senso la marca, il colore dell'auto, i bossoli al suo interno rinvenuti, la sua accertata provenienza furtiva e la pari provenienza delle targhe che vi erano apposte, asportate nelle stesse circostanze di tempo del furto dell'auto, da altra autovettura.
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