Gaetano Murana, fermato per un normale controllo di routine, racconta: «...Siamo arrivati alla Squadra Mobile, mi sono trovato in una stanza con un mucchio di funzionari, poliziotti… Mi hanno chiesto di parlare della strage di via D’Amelio… Io ridevo». «È una presa in giro? Cosa volete da me? Avete sbagliato persona? Sicuramente avete sbagliato persona, io sono Murana Gaetano!».
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata al depistaggio sulla strage di via D’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
È proprio l’incontro con Murana una delle chiavi della svolta di Spatuzza:
Nell'agosto '97, trovandomi nel carcere di Parma, ho incontrato Tanino Murana. Mi è rimasto impresso questo ragazzo perché sapevo di cosa era stato accusato, (…) mi raccontava di Pianosa, di quello che aveva vissuto, tra l'altro era stato arrestato con il bimbo che aveva due o tre mesi. Gli raggiava - così, ve la dico in siciliano - gli raggiava il cuore, perché sapete, tutti in carcere dicono che sono tutti innocenti, ma io che sapevo che effettivamente quello era innocente, mi rattristava, dicevo «porca della miseria…».
Del suo arresto, del suo soggiorno a Pianosa, il signor Murana ha voluto riferire, e non senza pena, dinanzi questa Commissione.
MURANA. Luglio ’94, la mia vita è finita! Si è distrutta! Tuttora la mia vita è distrutta! (…) Ho visto questa pattuglia borghese… mi hanno fermato. «Libretto e patente». Ho dato libretto e patente e mi hanno detto: «Si deve accomodare con noi in Questura». Dico: «vi portate la patente e il libretto… neanche per farmi perdere la giornata di lavoro…». «Non si preoccupi, due minuti, il tempo che arriviamo e può andare a lavorare». Siamo arrivati alla Squadra Mobile, mi sono trovato in una stanza con un mucchio di funzionari, poliziotti… Mi hanno chiesto di parlare della strage di via D’Amelio… Io ridevo: «È una presa in giro? Cosa volete da me? Avete sbagliato persona? Sicuramente avete sbagliato persona, io sono Murana Gaetano!».
FAVA, presidente della Commissione. Le è stato detto subito in quell’occasione che il suo accusatore era Scarantino?
MURANA, Sì, sì. «Scarantino ci ha fatto questo bel regalo». Io ridevo, io ridevo. Se non so nulla, ridevo… e giù schiaffi… alla Squadra Mobile mi hanno distrutto! Mi hanno distrutto!
Più passano le ore e più il netturbino dell’AMIA incomincia a rendersi conto che quel giorno non tornerà al lavoro.
MURANA. Io ero sicuro che appena mi interrogavano me ne andavo, uno che è innocente, non ha fatto nulla… Mi hanno interrogato, mica mi sono avvalso della facoltà di non rispondere! Siccome la dottoressa Boccassini mi ha detto «lei risponde?», c’era pure Tinebra, Petralia se non erro, ho detto: «certo che voglio rispondere”, «Scarantino le fa quest’accusa» e ho risposto: «c’è sbaglio»… si figuri che Scarantino non sapeva che macchina avevo io, pur essendo della stessa borgata, io avevo l’Opel e lui diceva che avevo la 127… Appena finisco l’interrogatorio, ho chiesto: «Me ne posso andare a casa?». Non la dimentico più l’espressione della dottoressa Boccassini… si gira verso di me e dice: «Murana, purtroppo ci sono indagini in corso, si deve accomodare in cella».
L’arrivo a Pianosa
A Pianosa, Murana verrà tradotto dopo pochi giorni. Probabilmente, è ignaro del fatto che ad attenderlo c’è la sezione speciale chiamata Agrippa. Lui imparerà a conoscerla con un altro nome: Discoteca.
MURANA. Appena siamo arrivati a Pianosa mi hanno caricato in una jeep e siamo andati in una sezione che ha un soprannome, “Discoteca”, appena ho passato la soglia di questa sezione è iniziato il mio inferno, il mio calvario!
FAVA, presidente della Commissione. Perché?
MURANA. Botte dalla mattina alla sera, non si capiva, senza un motivo né nulla… Il primo giorno, il secondo giorno lo stesso. Dovevo passeggiare sempre. Appena mi vedevano seduto nella branda: «alzati, passeggia» …
FAVA, presidente della Commissione. Dentro la cella?
MURANA. Sì, sì. Una cella, un cubicolo. «Te lo dobbiamo dire noi quando ti devi fermare» … Ho perso la conta dei giorni… Gli indumenti, gli stessi di quando mi avevano arrestato, gli stessi, una magliettina giallina… Un giorno mi hanno massacrato, mi hanno massacrato!
FAVA, presidente della Commissione. L’hanno picchiata?
MURANA. Tutti i giorni. Mattina… notte quando stavo dormendo… «Ehi, che fa dormi? Sveglia!».
È possibile che nessuno si accorgesse di quanto stava accadendo?
D’ANDRIA, già direttore del carcere di Pianosa. Mah, guardi, io quando ho ricevuto la convocazione ho visto questo nominativo e, sinceramente, nella mia memoria non mi ricorda niente.
FAVA, presidente della Commissione. Scusi, Murana viene portato a Pianosa perché è imputato per la strage di Via D’Amelio, non può dirmi che il direttore del carcere di Pianosa non sapesse che uno degli imputati della strage di Via D’Amelio era ospite dell’istituto che dirigeva!
D’ANDRIA, già direttore del carcere di Pianosa. Eh, Presidente, però sono passati trent’anni! Rispetto a questo che sento dire, queste accuse… io sono portato ad escluderle.
D’Andria non ricorda chi sia Gaetano Murana: ne prendiamo atto. Quello che resta da capire è come far coesistere fra loro le diverse e contrapposte versioni dei fatti.
FAVA, presidente della Commissione. Mi faccia riproporre questa domanda, perché il signor Murana non ci è sembrato un millantatore, semmai una persona piuttosto provata da 17 anni di reclusione ingiusta. Di questi anni trascorsi a Pianosa ci ha raccontato situazioni molto specifiche, con molti dettagli che difficilmente si possono inventare… Parla di cose che accadevano quando lei era direttore. Come è possibile che ci siano versioni così lontane? Murana che parla di pestaggi, manganelli, umiliazioni, e lei che ci dice: «non mi sono mai accorto di nulla».
D’ANDRIA, già direttore del carcere di Pianosa. A Livorno c’era un magistrato di sorveglianza molto, molto rigoroso nella sua azione di vigilanza, di controllo, ma anche di garanzia dei diritti delle persone ristrette… Se ci fosse stato un clima di illegalità, un clima come quello delineato, si può pensare che un magistrato di sorveglianza non avrebbe adottato dei provvedimenti? Quello che racconta il signor Murana delinea uno scenario che a me sicuramente non risulta… Diciamo che nelle carceri del sud c’era un tipo di gestione del circuito che era molto leggera, nel senso che… magari in quelle sedi, Napoli piuttosto che Palermo, venivano concesse determinate prerogative, certe cose.
Il racconto di Murana
Un diverso approccio alla disciplina penitenziaria tra nord e sud, ecco chiarito l’arcano. Ma il punto che interessa questa relazione non è tanto (o solo) il trattamento ricevuto in carcere da Murana e da altri detenuti. Il punto è capire se e come questa condizione carceraria a Pianosa sia servita a orientare le indagini su via D’Amelio nel comodo binario che suggerivano le rivelazioni di Scarantino. Per uscir di metafora, sentiamo cosa racconta lo stesso Murana.
MURANA. Dopo un periodo di tempo mi chiamano per un colloquio investigativo… mi hanno detto che era la DDA di Caltanissetta… c’era uno che io ho conosciuto, un magistrato del gruppo Falcone-Borsellino... Faccio questo colloquio investigativo… Dice: «Noi siamo qua, non si preoccupi, la sua vita cambierà… qui c’è il depliant… ora stesso la portiamo via, andiamo a prendere la sua famiglia. Lei si deve raccontare» …
FAVA, presidente della Commissione. La proposta era di diventare un collaboratore di giustizia.
MURANA. Collaboratore di giustizia. Dissi: «non so nulla, non so nulla, che cosa volete da me?», «Andiamo, lei ancora è giovane, ha una moglie giovane, un bambino…». Gli ho detto: «senti, io non so nulla, a me dovete parlare di lavoro», e lui dice: «andiamo, guarda che belle ville, una valigia di soldi…». Dissi: «a me i soldi, le ville non mi interessano… io non consumo nessuno… sono innocente, non so nulla…». «Allora facciamo una cosa mi firma i verbali che ha fatto Scarantino». Dissi: «Perché gli devo firmare i verbali che ha fatto Scarantino. Mi faccia capire, le ho dette io o le ha dette Scarantino queste cose? Mica io gliel’ho detto… E allora perché devo firmare i verbali che ha fatto Scarantino?».
È un fermo immagine importante nella lunga ricostruzione del depistaggio. Murana dice in Commissione che durante un colloquio investigativo gli fu chiesto di sottoscrivere le dichiarazioni di Scarantino. In cambio? Una vita nuova, per lui e per la sua famiglia, ville e soldi. Gli viene addirittura mostrato un dépliant.
FAVA, presidente della Commissione. A questo colloquio era presente il suo avvocato?
MURANA. No, all’impensata sono venuti, no, no, nessuno! Colloqui investigativi, dissero. Erano magistrati di Caltanissetta. «Allora, ci firma?», dissi: «io non firmo nulla. Io non so niente».
FAVA, presidente della Commissione. Cioè avrebbero voluto che lei firmasse le dichiarazioni di Scarantino.
MURANA. Di avallare…
FAVA, presidente della Commissione. …di avallare le dichiarazioni di Scarantino
MURANA. Esatto, bravo, sì, così. Poi gli dissi: «ma perché devo firmare? L’ho detto io? Scarantino può dire quello che vuole, io sto dicendo che sono innocente». Mi dissero: «andiamo Murana…».
SCHILLACI, componente della Commissione. Quanti erano questi magistrati?
MURANA. Parecchi.
FAVA, presidente della Commissione. Può anche darsi che non fossero solo magistrati… lei si ricorda, per esempio, di avere mai conosciuto il dottor La Barbera che era anche il capo di questo gruppo investigativo Falcone-Borsellino?
MURANA. La Barbera? Sì, quando mi hanno portato nel suo ufficio.
FAVA, presidente della Commissione. A Palermo.
MURANA. Sì, lì nel suo ufficio, quando mi massacrarono.
FAVA, presidente della Commissione. E c’era anche lui quando ci fu questo colloquio investigativo a Pianosa?
MURANA. No.
FAVA, presidente della Commissione. Non c’era.
MURANA. No, perché lo conoscevo per figura.
FAVA, presidente della Commissione. Solo magistrati della D.D.A. di Caltanissetta…
MURANA. Sì, sì.
FAVA, presidente della Commissione. Però non ricorda come si chiamava.
MURANA. Non mi ricordo… A quest’ora l’avrei detto.
FAVA, presidente della Commissione. In quell’occasione lei con questi Magistrati della DDA di Caltanissetta parlò anche del trattamento che aveva ricevuto a Pianosa?
MURANA. No, no… Anzi quando me ne sono andato ho avuto la rimanenza. Come si dice in siciliano: “U riestu appi e mi ni ivu a discoteca”.
FAVA, presidente della Commissione. A questo colloquio investigativo assistevano anche personale…
MURANA. …della Polizia penitenziaria, sì!
Sul punto il dottor D’Andria è netto.
D’ANDRIA, già direttore del carcere di Pianosa. Lo escludo! I colloqui investigativi venivano svolti dal personale delegato dall’Autorità giudiziaria e si svolgeva in un ufficio con porte chiuse e, quindi, praticamente, con la non partecipazione del personale penitenziario.
FAVA, presidente della Commissione. Che questa sia la regola lo sappiamo. Le chiedevamo se, secondo lei, potesse esserci stata un’eccezione e, quindi, una presenza, come nel ricordo di Murana, anche di personale della Polizia penitenziaria.
D’ANDRIA, già direttore del carcere di Pianosa. Io non ricordo niente di questo genere e sono portato ad escluderlo.
Murana sarà l’ultimo a lasciare Pianosa, il 17 luglio 1997 (poco dopo, infatti, la struttura chiuderà i battenti). Tornerà libero solamente nell’ottobre 2011 grazie alle confessioni di Gaspare Spatuzza. Dopo diciassette anni di detenzione!
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