La lunga ricostruzione su via D’Amelio proposta dal collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sicario delle famiglie Santapaola-Ercolano negli Anni Ottanta a Catania. La versione di Avola viene raccolta nel lungo pamphlet che gli dedica Michele Santoro nel libro “Nient’altro che la verità”
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata al depistaggio sulla strage di via D’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
“Questa storia non è mai finita. E i depistaggi sono ancora in corso” ha affermato, durante la sua audizione innanzi a questa Commissione il procuratore Scarpinato, offrendo la chiave dell’inchiesta che ci ha impegnato in questi mesi.
Da questa suggestione (che tale purtroppo non è, come vedremo più avanti) intende muovere il nostro lavoro: mettere a fuoco il tentativo attuale di deviare non tanto il corso delle indagini (sono già stati celebrati quattro processi) quanto la ricerca storica di una verità compiuta su mandanti e movente della strage di via D’Amelio.
È la conferma che, a quasi trent’anni da quella stagione di eversione mafiosa, le sue verità sono ancora materia viva e scomoda. Verità che preoccupano, oggi come ieri; e che inducono taluni a forzare la ricostruzione dell’attentato verso spiegazioni meno traumatiche, oggi come ieri.
L’episodio che ha riaperto la polemica è la lunga ricostruzione che su via D’Amelio propone il collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sicario delle famiglie Santapaola-Ercolano negli anni ottanta a Catania. La versione di Avola viene raccolta nel lungo pamphlet che gli dedica Michele Santoro, “Nient’altro che la verità”. Vediamo i passaggi più significativi.
(…) Maurizio si precipita verso il furgone e ne esce vestito da poliziotto. Il corteo di auto di Borsellino arriva su via dell’Autonomia siciliana e stranamente rallenta. (…) La strada (via D’Amelio, ndr.) è piena di veicoli parcheggiati, non solo lungo i marciapiedi ma in mezzo alla carreggiata. Borsellino ferma l’auto in mezzo alla strada e scende da solo, lasciando lo sportello spalancato: ci pensino i suoi uomini a sistemarla. Non aspetta che gli agenti lo raggiungano per fargli da scudo, arriva per primo davanti al cancello chiuso, suona il citofono e si mette a fumare una sigaretta in attesa che gli aprano.
(AVOLA) «Non voglio parlare male di un uomo straordinario e di quei poveretti addetti alla sua sicurezza. Ti ho detto che eravamo in sette, ma siamo stati aiutati da un ottavo uomo: la disorganizzazione. Io non ci potevo credere. A poche settimane da Capaci un obiettivo così importante lascia da solo la macchina blindata, arriva davanti a un citofono senza protezione, si mette a fumare e aspetta per tutto quel tempo? È veramente incredibile!».
Finalmente gli agenti raggiungono Borsellino senza i controlli di routine che si sarebbero dovuti fare prima che il magistrato abbandonasse la sua auto. Tutto sembra tranquillo. Non si notano movimenti sospetti e non si sentono rumori diversi da quelli dei televisori che gracchiano dalle finestre aperte. Giuseppe Graviano è sceso dal furgone e aspetta che Maurizio gli faccia un cenno di assenso abbassando la testa. A quel punto l’autobomba, confusa tra le tante auto parcheggiate in fila accanto al marciapiede, esploderà.
(AVOLA) “Devo dare il segnale per quella maledetta esplosione. Guardo per l’ultima volta il giudice fermo davanti al citofono. Ha gli occhi rivolti al cielo, con la sigaretta accesa tra le labbra. Mi sembra sospeso nel vuoto con la sigaretta accesa. Sono l’ultima persona che incrocia il suo sguardo. È un’immagine che mi rimarrà attaccata alla pelle tutta la vita. La rivedo continuamente. Come se fosse ieri. Della scorta faceva parte un’agente donna. Accelera il passo e si dirige quasi di corsa verso Borsellino. Forse ha notato una lucina che lampeggia. (…) Bisogna farlo presto. Adesso. Guardo verso il furgone, vedo che Graviano aspetta il segnale, abbasso la testa, e giro l’angolo per mettermi al riparo”.
L’inferno scende in terra a via D’Amelio. (…) Antonio Vullo è l’unico sopravvissuto: l’esplosione è avvenuta mentre stava cercando di sistemare l’auto di Borsellino nella posizione corretta prevista dal protocollo.
(AVOLA) “Ho fatto il mio lavoro alla perfezione, come al solito. Ho raggiunto velocemente Aldo Ercolano che mi stava aspettando in macchina col motore acceso e siamo tornati a Catania. Volevi sapere la verità. Io e altri sei siamo stati il destino di Paolo Borsellino, questa è la verità. Se la bomba non funzionava, usavamo i missili. E questo è tutto”.
Il racconto di Antonino Vullo, unico sopravvissuto alla strage
Riepiloghiamo. Maurizio Avola è in via D’Amelio. Il suo ricordo è netto: lui travestito da poliziotto, le sirene della scorta, lo sportello dell’auto di Borsellino rimasto aperto, l’agente Emanuela Loi che accelera il passo verso il magistrato perché ha visto qualcosa, il furgone parcheggiato, i bazooka pronti a completare il lavoro…
Altrettanto netto, ma decisamente più attendibile e totalmente divergente dalle parole di Avola, è il ricordo che di quegli istanti ha conserva per ventinove anni l’unico sopravvissuto alla strage, il capo scorta Vullo.
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. (…) Appena siamo arrivati in via Autonomia Siciliana, angolo via D’Amelio, io mi sono bloccato perché ho visto tante auto parcheggiate… però non abbiamo avuto il modo di fare nessuna azione perché il giudice ci ha sorpassati proprio davanti via D’Amelio e si è parcheggiato al centro della strada. Di conseguenza io mi sono messo di fianco a lui, ho fatto scendere i componenti della mia auto che erano Claudio Traina e Vincenzo Li Muli e io mi sono posizionato alla fine di via D’Amelio dove c’era il muretto che delimitava il giardino interno… Mi sono posizionato fuori dall’auto con la pistola in mano, ho dato un’occhiata per vedere se c’era qualcosa di sospetto, ho visto che in quel muro di tufo c’erano dei buchi, però non ho notato nulla di particolare… La seconda auto, invece, è entrata direttamente… è andata dietro l’auto del giudice Borsellino. Io ho visto scendere il giudice Borsellino, non ha preso nulla dall’auto e nel frattempo la Loi ed Agostino Catalano gli erano arrivati subito accanto. Il giudice ha pigiato la prima volta i citofoni…
FAVA, presidente della Commissione. Ecco, mi scusi, lo sportello dell’auto lo ha lasciato aperto o lo ha richiuso? Lo ricorda questo?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. Quello del giudice era chiuso.
FAVA, presidente della Commissione. Era chiuso.
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. Non aveva preso nulla da dietro. L’unico sportello aperto era quello mio, quello della mia auto...
FAVA, presidente della Commissione. Voi siete entrati con le sirene azionate?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. No, no, assolutamente… I miei colleghi sono scesi proprio mentre il giudice stava scendendo dall’auto e si sono diretti verso il portone… mentre gli altri componenti dell’altra scorta, Agostino Catalano ed Emanuela Loi, si sono affiancati al giudice.
FAVA, presidente della Commissione. Tutti e quattro.
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. Tutti e quattro con il giudice al centro. Si è acceso la sigaretta, anzi gliel’ha fatta accendere Agostino Catalano, e poi si sono diretti tutti e cinque all’interno del cortile.
FAVA, presidente della Commissione. Senta, lei notò se ci fu, da parte della sua collega Lo Voi, una sorta di scatto, una accelerazione verso il magistrato?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. No, assolutamente.
FAVA, presidente della Commissione. Assolutamente.
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. Anche perché ci saremmo allertati tutti quanti. È lo stesso discorso dell’agente in via D’Amelio: non c’era nessun agente.
FAVA, presidente della Commissione. Lo avreste notato se c’era una divisa?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. Lo avremmo notato e saremmo stati anche contenti di vedere una figura in più, anche se poi dovevamo vedere se era davvero un collega… però vedere una divisa in quelle occasioni sicuramente avrebbe fatto piacere.
FAVA, presidente della Commissione. Lei esclude che qualcuno dei suoi colleghi, un attimo prima che ci fosse l’esplosione, abbia notato qualcosa in questa 126?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. No, no, assolutamente… Anche perché i cinque poi si sono diretti all’interno… cioè i quattro colleghi e il giudice, perché Walter Cosina era rimasto fermo accanto alla sua auto.
FAVA, presidente della Commissione. Questa ipotesi proposta dal collaboratore di giustizia Avola e cioè che se non avesse funzionato l’esplosivo avrebbero fatto ricorso ai missili, alludendo probabilmente a dei bazooka, era una cosa possibile secondo lei visto il contesto in cui tutto è accaduto?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. Ma, tutto è possibile, però loro dicevano che erano un gruppo di tre o quattro persone, sicuramente se avessero voluto fare un’azione del genere dovevano essere molti di più, perché noi già eravamo in sei, sei sempre armati, cioè non rischiano due o tre persone a fare...
SCHILLACI, componente della Commissione. Avola ha parlato della presenza di un furgone che c’era alla fine della strada… voi non vi siete accorti della presenza di un furgone?
VULLO, componente della scorta del giudice Paolo Borsellino. No, assolutamente.
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