Marco Baldini, per anni spalla di Fiorello, riceve un prestito dai Casamonica per soddisfare il bisogno di soldi, ammalato di gioco. Lo riceve grazie alla mediazione del suo manager Migliarini, quest’ultimo da tempo in rapporti amicali con Rocco e Consilio Casamonica, ma la casata non guarda in faccia a nessuno. L’amicizia è l’amicizia, ma i soldi sono i soldi
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.
Non c’è una linea che separa i mondi, quello di sopra, quello di sotto e quello di mezzo. Anche chi è famoso, chi è riconosciuto finisce nella rete. Come Marco Baldini, per anni spalla di Fiorello.
Riceve un prestito dai Casamonica per soddisfare il bisogno di soldi, ammalato di gioco. Lo riceve grazie alla mediazione del suo manager Migliarini, quest’ultimo da tempo in rapporti amicali con Rocco e Consilio Casamonica, ma la casata non guarda in faccia a nessuno. L’amicizia è l’amicizia, ma i soldi sono i soldi.
L’atteggiamento di Baldini è il medesimo degli altri finiti nella rete della casata, dei “nullafacenti”. Quando Baldini, cosi come il suo amico e manager Migliarini, vengono sentiti in Procura, mentono. L’unica cosa che Baldini ammette è che in passato Consilio, detto Simone, Casamonica gli aveva prestato 10 000 euro, ma senza pretendere neanche un euro di interesse. La casata trasformata in società di beneficenza. Le dichiarazioni di Baldini davanti ai pm sono completamente contraddette dalle intercettazioni. Baldini aveva rilasciato a Migliarini una cambiale da 300 000 euro. Baldini motiva così: «Avevo un debito di 60 000 euro, non 300 000 euro, e lui mi ha chiesto di rilasciargli
quella cambiale per fargli un favore, ma entrambi sapevamo che non gli dovevo quella somma». In pratica quella cambiale era dovuta a un piacere per far risultare un attivo nel bilancio della
società dell’amico. Baldini, dopo che è stato sentito, si rende conto del pasticcio combinato. Chiama amici e parenti e spiega che la Procura aveva le telefonate sue con Casamonica nelle quali quest’ultimo gli chiedeva soldi manifestando il timore di essere indagato per favoreggiamento. «Mi hanno contestato tutto grazie a ’sto telefono di merda! Mi hanno fatto un culo [...] sono nella merda.» Appena viene sentito dagli inquirenti, Baldini non risponde più a Casamonica Consilio, detto Simone.
Un “debito” da 600 mila euro
Quello che emerge è che Baldini e Migliarini forniscono versioni diverse, ma soprattutto negano le continue pressioni subite dai Casamonica, emerse chiaramente dalle intercettazioni. E Migliarini, ribadiamo, a presentare Casamonica a Baldini, che riceve 10 000 euro. È l’inizio dell’incubo. Perché nonostante l’iniziale amicizia tra Migliarini e i Casamonica, la casata chiede soldi in continuazione.
Migliarini al telefono con Baldini dice: «Ventimila euro gli ho dato ultimamente! In tre mesi. Non gli danno mai niente, non sono mai niente! Mai niente. Alla fine gli ho detto quant’è che ci conosciamo? Nove anni, nove. Questa storia va avanti da quattro anni. Ma quando è così, calcola, mettili insieme. Creano un palazzo, non se rendono conto».
Baldini al telefono con Consilio Casamonica: «Simone io sono non alla frutta, di più». Di solito i Casamonica usano il metodo dell’amico che ti aiuta, ti prestano i soldi, ma simulano che i soldi non sono loro, ma di altri, dei quali rappresentano le istanze.
Migliarini alle pressioni di Consilio, detto Simone, Casamonica, reagisce così: «Io non so come cazzo devo fare per uscire da ’sta situazione… se mi danno il tempo di lavorare, io li metto da parte i soldi. Ma con una settimana, Dio ma come faccio?».
E poi al telefono proprio con Consilio Casamonica, detto Simone, Migliarini dice: «Tu devi sentire Marco! Marco ti deve dare i soldi! Perché io mi sono rotto le palle di pagare per Marco […] M’hanno rubato seicentomila euro», Consilio Casamonica risponde: «Ho capito, ma è colpa mia se hai portato quel cane? [...] Tanto noi dobbiamo sfogarci sempre sul telefono che… mi raccomando, mi raccomando eh… e alla fine ci andiamo a infrociare…a posto, a posto!».
Migliarini, ritenuto debitore in solido con Baldini, si lamenta dei Casamonica. Rocco e Consilio vengono indagati per avere ottenuto, secondo quanto emerge dalle indagini, una cifra pari
a 600 000 euro a fronte di un prestito di 10 000 euro erogato a favore di Baldini. Una cifra astronomica per coprire il debito contratto da Baldini. Agli inquirenti raccontano versioni edulcorate, Migliarini ha un’azienda di revisioni auto a Porta Furba, in uno dei feudi della casata, Baldini scappa a Milano per lavorare e sottrarsi alle richieste. Insomma parlare non conviene.
È facile spiegare perché, a fronte di cifre irrisorie, i Casamonica pretendano soldi in continuazione.
L'usura a capitale fisso
Questo è un marchio di fabbrica della casata. I “nullafacenti”, come abbiamo visto, praticano prestiti a usura a capitale fisso. Se non restituisci in un’unica soluzione l’importo iniziale, il debito non finirà mai nonostante gli interessi versati. Il pentito Massimiliano Fazzari racconta le percentuali: «Loro ti danno diecimila e mensilmente vogliono il venti. Quindi sono duemila euro, almeno per un anno. A meno che pattuisci prima, se tu ce la fai in sei mesi a restituire la somma. Quando tu restituisci i diecimila hai chiuso il debito». In pratica, se uno paga duemila euro al mese per tutta la vita, non scioglierà mai il vincolo. In realtà il vincolo per i Casamonica è per sempre. Loro hanno bisogno di vittime in eterno per avere canali di approvvigionamento. Polli da spennare continuamente. È il caso di una vittima che spiega il meccanismo. A fronte di un prestito ricevuto di ottocento euro, da quindici anni paga, e ha pagato complessivamente cinquantamila euro. Quindici anni in mano alla casata, cinquantamila euro ai “nullafacenti”.
«Io mi sto pagando la libertà, tra virgolette. Mi sto pagando la libertà! Non li voglio proprio sentire nominare. Per pagarmi la libertà devo pagare 150 euro? Mi sta bene così… nonostante tale pretesa non avesse alcun fondamento. Non glieli devo dare ’sti soldi. Non m’ha dato niente, lui. Cioè, capito che ti voglio dire? Basta con questa storia. Perché uno ha paura, ci sono stati dei momenti che gli dovevi portare quattro o cinquemila euro e gli dici: “Guarda, non ce li ho. Ti darò duecento, trecento euro fin che ti va a te…”. Cioè, per cercare di non farti menare. Io per non prendere le botte, ti dico che te li do per tutta la vita, ma tu dovrai dire: no per tutta la vita.» E alla fine, quando gli chiedono altri soldi, si accorda per consegnare 150 euro a tempo indeterminato: «A 150 euro al mese, a vita, te li do, guarda non me ne frega un cazzo».
La prima volta che mi occupo della casata è il 2011. In un bar di fronte al Senato incontro una giovane donna che mi racconta la sua odissea. «Mio marito era imprenditore nel settore delle automobili, aveva l’autosalone. Aveva difficoltà economiche. Si avvicinarono diversi personaggi che all’inizio si mostrarono gentili e mi dissero che volevano darci una mano. La prima volta mi diedero settemila euro. Poco dopo mi costrinsero a firmare assegni, venti da 4400 euro pari a una somma di 109 000 euro. Pagavamo 700 euro al mese, abbiamo pagato per 7 anni. Non riuscivamo neanche a pagare la corrente, non riuscivo a vestire mio figlio. Subii le violenze di mio marito, fratture, calci, pugni davanti al mio bambino.»
Il prezzo dell’usura nella città eterna è l’isolamento. Paola, almeno, ha avuto la forza di denunciare e ora convive con la paura.
Testi tratti dal libro di Nello Trocchia "Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma". Testi, nomi e processi sono riportati nella serie del blog Mafie così come presentati nel libro, aggiornati dunque al 2019.
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