Purtroppo, in questo contesto non si è mai espressa una reale volontà delle imprese di affrancarsi dalla forza pervasiva della mafia. Tanto è vero che, per quanto riguarda il pizzo “pagano tutti, commercianti, artigiani e imprese”. Il numero delle denunce è relativo, quasi inesistente e l’associazionismo è ancora debole; le associazioni antiracket sono, infatti, meno di dieci.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie si focalizza sulla relazione della Commissione parlamentare antimafia della XV° legislatura con presidente Francesco Forgione che per la prima volta ha dedicato un'inchiesta interamente sulla ndrangheta, tra le mafie più temute al mondo, per capirne la nascita, lo sviluppo e la struttura.
L’incidenza della criminalità organizzata, già notevole di per sé, diviene devastante in una regione caratterizzata da un tessuto produttivo estremamente debole e da sempre dipendente dalla politica degli incentivi statali e dalla gestione dei flussi di finanziamento pubblico.
Purtroppo, in questo contesto non si è mai espressa una reale volontà delle imprese di affrancarsi dalla forza pervasiva della mafia. Tanto è vero che, per quanto riguarda il pizzo “pagano tutti, commercianti, artigiani e imprese”.
Il numero delle denunce è relativo, quasi inesistente e l’associazionismo è ancora debole; le associazioni antiracket sono, infatti, meno di dieci, a differenza di quanto accade in altre regioni martoriate dalla presenza della criminalità mafiosa.
Non è un caso che Confindustria di Reggio Calabria sia stata commissariata dai vertici nazionali rendendo ancora più macroscopica la differenza con la nuova direzione della Confindustria siciliana e con le iniziative da essa adottate.
Né si può tacere la vicenda che interessa un imprenditore di Crotone il quale, rinviato a giudizio per concorso esterno e associazione mafiosa, ha chiesto al giudice il rito abbreviato ma, nel silenzio dei vertici regionali e nazionali dell’associazione, continua a mantenere la carica di presidente degli industriali di Crotone e di vicepresidente degli industriali della Calabria.
Nel reggino l’usura è diventata ormai una forma di riciclaggio indiretto delle risorse incamerate dalle organizzazioni mafiose attraverso il traffico di sostanze stupefacenti. Ma non bisogna sottovalutare anche la “funzione sociale” che purtroppo l’usura rappresenta su territori controllati dalle cosche ed investiti da forti processi di crisi economica, con le conseguenti difficoltà delle piccole e medie imprese di restare sul mercato.
Il sistema di rapporti che lega la ‘ndrangheta alle imprese appare così stretto e generalizzato da non risparmiare neanche le imprese nazionali che in Calabria riescono ad aggiudicarsi gli appalti per le grandi opere pubbliche, solo in quanto entrano o, peggio, contrattano di entrare nel “sistema di sicurezza” affidato alle famiglie mafiose che controllano il territorio e garantiscono l’impresa da incidenti e danneggiamenti in cambio del 4-5 per cento degli introiti.
Un vero e proprio “costo d’impresa” aggiuntivo. Secondo le dichiarazioni di uno dei pochi collaboratori di giustizia vi sono stati casi in cui gli accordi tra cosche e imprese non si limitavano a fissare l’importo dovuto dall’impresa per essere garantita - nel caso specifico il 5 per cento - ma si occupavano anche di come la stessa potesse recuperare quella “spesa indeducibile”.
Spesso, tale ‘recupero’ avveniva con l’assegnazione di un piccolo appalto per la realizzazione di un’opera di minor valore. Casi come questo sono emblematici ma purtroppo non isolati e dimostrano quanto i costi della criminalità, alla fine del ciclo, si ribaltino sempre sulla collettività.
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