L’uomo è espansivo, estroverso, generoso. Più che un procuratore sembra un fratello maggiore. Pranza con loro, ascolta i loro problemi, li guida, li consiglia, li aiuta. È fatto così Paolo Borsellino. Poi il procuratore si rivela anche a Marsala, mai violata fino a quel momento dalle indagini antimafia.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Paolo Borsellino e sull’attento di via d’Amelio a trent’anni di distanza.
È estate piena quando arriva dall’altra parte della Sicilia. Il 4 agosto 1986 Paolo Borsellino «prende possesso» come capo
della procura della repubblica di Marsala.
La sua stanza è enorme. Lui, piccolo di statura è là in fondo avvolto in una nuvola di fumo. Il pacchetto di Dunhill in mano, una sigaretta in bocca, l’altra ancora accesa e dimenticata nel posacenere.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, alla fine, ha scelto lui per guidare quella procura.
Il silenzio di una città è spezzato per sempre.
Il primo uomo che incontra in Tribunale è un maresciallo dei carabinieri. Si chiama Carmelo Canale, diventa la sua ombra. Il maresciallo è anche lui palermitano. E come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone è originario del quartiere della Kalsa.
Il nuovo procuratore capo è circondato da giudici ragazzini. Quasi tutti sotto i trent’anni, tutti freschi di concorso in magistratura.
Diego Cavaliero viene da Napoli. Antonina Sabatino e Antonio Ingroia da Palermo, Massimo Russo è di Mazara, Alessandra Camassa e Giuseppe Salvo sono marsalesi.
Dopo gli anni del pool con Antonino Caponnetto e Giovanni Falcone, questa è la sua nuova squadra.
Paolo Borsellino è un personaggio già famoso, è uno dei magistrati del maxi processo a Cosa Nostra, un mito per i suoi giovani colleghi. Se le ritrovano come loro capo e sono tutti emozionati. La vera sorpresa, però, è quando lo conoscono.
L’uomo è espansivo, estroverso, generoso. Più che un procuratore sembra un fratello maggiore. Pranza con loro, ascolta i loro problemi, li guida, li consiglia, li aiuta. È fatto così Paolo Borsellino.
Poi il procuratore si rivela anche a Marsala, mai violata fino a quel momento dalle indagini antimafia.
Vicino c’è Mazara del Vallo con la sua grande flotta peschereccia, barconi che navigano nel Mediterraneo e davanti alle coste dell’Africa occidentale. Paolo Borsellino mette gli occhi su quattro fratelli, ricchi macellai e forse anche trafficanti di eroina.
Comincia la sua prima inchiesta.
Arrivano le indagini sulla corruzione nella pubblica amministrazione. La città non è abituata a perquisizioni negli uffici, funzionari accusati di peculato, scandali.
Arrivano anche le indagini sui boss. La mafia in provincia di Trapani è Mariano Agate, uno della Cupola. È amico di Totò Riina, il suo regno è Mazara dove si nascondono molti Corleonesi latitanti e forse anche lo stesso capo dei capi di Cosa Nostra.
Paolo Borsellino trova alloggio in un appartamento sopra il commissariato di polizia di Marsala. Torna spesso a Palermo.
Incontra gli amici del pool. Ogni tanto è sua moglie Agnese che va a trovarlo nella sua nuova città.
Questa nuova avventura lo carica, lo emoziona. Le tensioni vissute durante l’istruttoria del maxi sono alle spalle, Lucia sta meglio, lui è felice del suo nuovo incarico, il grande processo alla mafia è iniziato a febbraio e tutto il mondo ha scoperto per la prima volta Cosa Nostra. Ci sono anche il suo sudore e il suo coraggio lì dentro.
Intorno a lui tutto sembra tutto più tranquillo e tutto più normale quando viene ricacciato nell’arena.
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