Paolo Borsellino decide di presentare domanda per procuratore aggiunto a Palermo. Il capo è sempre Pietro Giammanco, quello che nei mesi precedenti ha ostacolato in tutti i modi Giovanni Falcone.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Paolo Borsellino e sull’attentato di via d’Amelio a trent’anni di distanza.
Paolo Borsellino decide di presentare domanda per procuratore aggiunto a Palermo. Il capo è sempre Pietro Giammanco, quello che nei mesi precedenti ha ostacolato in tutti i modi Giovanni Falcone.
«Andare a Palermo e non occuparmi di mafia? Farmi bloccare da Giammanco come è accaduto a Giovanni?», riflette Borsellino nel timore di scivolare anche lui in una trappola.
Alla fine decide. Presenta domanda per procuratore aggiunto.
Chiama Piero Giammanco e glielo annuncia. Il procuratore capo gli assicura che, quando arriverà a Palermo, sarà lui il magistrato ad indagare sulla mafia di Trapani e di Agrigento.
Con lui si trasferisce a Palermo Antonio Ingroia. Vogliono seguirlo anche Alessandra Camassa e Giuseppe Salvo, altri due dei suoi sostituti di Marsala. E pure il maresciallo Carmelo Canale.
Con qualche telefonata – una al Ros, l’altra al Comando generale dell’Arma – Canale viene «aggregato» al
Raggruppamento operativo speciale e sbarca a Palermo.
È un uomo soffocato dal dolore. La figlia Antonella, una ragazzina, ha un tumore. Paolo Borsellino gli starà vicino come un fratello sino alla fine. Qualche anno dopo il maresciallo sarà sospettato di rapporti troppo ravvicinati con i boss. Processato e assolto.
Paolo Borsellino arriva a Palermo ed entra in una procura che è immobile.
Trova quello che ha appena lasciato Giovanni Falcone.
Paolo Borsellino si «prende» le deleghe per la mafia di Trapani e Agrigento. La città di Palermo è invece affare del procuratore capo Piero Giammanco. Ci pensa lui a proteggere i suoi amici. «Per cominciare a indagare su Palermo è solo questione di tempo, bisogna avere pazienza», confida lui. Ma tempo non ce n’è più. Il 12 marzo del 1992 uccidono Salvo Lima.
La storia della Sicilia cambia per sempre.
L’omicidio del potente uomo politico rivela violentemente la rottura di antichi patti. Annuncia scenari tragici.
«Non finirà con Lima», confessa Giovanni Falcone a Paolo Borsellino barricato nella sua stanza al secondo piano del Palazzo di Giustizia di Palermo.
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