Mario è più ragazzo. Come me. La sera di via Scobar non riesco ad avvicinarmi al marciapiedi dove c’è il suo cadavere. Comincio a tremare. Più di venticinque anni dopo, andando in giro per San Giovanni, a Roma, una mattina mi trovo a passare per caso da via Imera. E vedo una lapide che lo ricorda e una corona di fiori appassiti.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Paolo Borsellino e sull’attento di via d’Amelio a trent’anni di distanza.
«Stasera sali a Monreale e poi ce ne andiamo su, a San Martino delle Scale, in una trattoria in mezzo al bosco», mi dice Mario un pomeriggio.
San Martino delle Scale, quasi a 600 metri, un monastero benedettino, carne alla brace, forno a legna per le pizze.
Siamo quasi coetanei, lui ha ventinove anni, io ventotto. Ci siamo conosciuti in Tribunale, ogni tanto ceniamo insieme. A volte ci sono altri due ufficiali, Diego Minnella e Tito Baldo Honorati.
Mario D’Aleo è romano. Altissimo, magro come un chiodo. Si sente solo a Monreale. Ha bisogno di compagnia.
È molto diverso da Emanuele Basile, che ho conosciuto solo fra i corridoi delle caserme e della procura. Basile era un uomo molto formale, sempre impeccabile nella sua divisa nera e le scarpe tirate a lucido, di poche parole, grande investigatore, serissimo.
Mario è più ragazzo. Come me.
La sera di via Scobar non riesco ad avvicinarmi al marciapiedi dove c’è il suo cadavere. Comincio a tremare.
Più di venticinque anni dopo, andando in giro per San Giovanni, a Roma, una mattina mi trovo a passare per caso da via Imera. E vedo una lapide che lo ricorda e una corona di fiori appassiti.
Era la sua casa.
C’è un cancello, resto lì per dieci minuti, non so cosa fare, se bussare alla porta, chiedere di qualcuno, presentarmi – come, dopo tutto quel tempo? – e raccontare a qualche parente che io lo conoscevo, che l’ho visto a San Martino delle Scale e anche in via Scobar.
Non ce la faccio. Sfioro la lapide con la mano e me ne vado.
Qualche mese fa, ho letto una piccola notizia sulle pagine di cronaca. Il 15 ottobre 2011, durante la manifestazione violenta dei black bloc a Roma, qualcuno ha preso a martellate quella targa di via Imera.
Sarà stato un ragazzo. Uno dei tanti che non sa niente di questa Italia.
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