Pio La Torre è un giovane attivista politico. Apre una sezione a pochi passi dalla sua borgata, un’altra a Boccadifalco, la terza ai Chiavelli. In famiglia ci sono sempre discussioni, liti. Il dolore un giorno diventa paura, quando bruciano la piccola stalla dei La Torre. Consigliano ai genitori che quel loro figlio «certi discorsi non li deve fare».
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie si focalizza sulle storie di Pio La Torre, di Carlo Alberto dalla Chiesa, di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Sui delitti e sulle stragi di trenta e quarant'anni, che hanno sconquassato la Sicilia.
La borgata di Altarello di Baida è dove finisce il quartiere della Cuba con i suoi laghetti ricchi di pesci – il «paradiso in terra» dei re normanni, che vi costruirono un castello per i loro sollazzi – e dove cominciano le prime alture, attraversate dai viottoli che si arrampicano verso Boccadilfalco e Mezzo Monreale.
Ultimo di cinque figli, tre maschi e due femmine, Pio La Torre cresce fra gli orti e i giardini di limone di una gola della Conca d’Oro. Una Palermo distante dai palazzi barocchi dei Quattro Canti, dalle magnifiche dimore settecentesche dei baroni e dei conti della Piana dei Colli. La sua è una famiglia di braccianti. Il padre Filippo si spacca la schiena dall’alba al tramonto nell’agrumeto, ha anche vitelli, galline e qualche pecora. Sua madre Angela è analfabeta, originaria di Muro Lucano, in Basilicata. Lì ha fatto il militare il padre di Pio.
Il fratello più grande, Luigi, porta le uova al mulino e le baratta con la farina. Pio La Torre ha otto anni quando l’Italia invade l’Abissinia, dodici quando Hitler scatena la seconda Guerra Mondiale. Frequenta la Scuola di Avviamento al Lavoro, va a piedi ogni mattina «ai Leoni», nella piazza davanti all’ingresso del parco della Favorita. Da Altarello di Baida sono più di dieci chilometri. Fa il manovale a 30 lire al giorno per pagarsi le tasse all’Istituto Tecnico Industriale. Si diploma: è la promessa fatta da bambino ai genitori. Qualche mese dopo, non ha ancora diciotto anni, è già iscritto all’Università. Facoltà di Ingegneria. E anche al Partito Comunista Italiano. È il 1945. Scriverà molti anni dopo:
«Mio padre era un contadino povero. A quell’epoca, nel 1927, nel piccolo villaggio di Altarello di Baida e fino a quando non ebbi otto anni, non c’era la luce elettrica, si studiava a lume di candela o di petrolio, e l’acqua da bere dovevamo andarla a prendere a quasi un chilometro di distanza. I contadini, la domenica mattina, quando si ripulivano, ed andavano in città dicevano: «Vaiu Palermo», come se andassero in un posto lontano. Ho vissuto nelle case dei contadini poveri del Corleonese e delle Madonie. Ho dormito con loro per intere settimane. Mancavano di tutto, del pane e delle strutture igieniche fondamentali. Nella casa di una famiglia di braccianti di Corleone, avevano un secchio che non si sapeva bene se era un secchio o una pentola perché serviva per cucinare la pasta e per lavarsi i piedi. C’era la capra che girava liberamente per la casa come un animale sacro, in quanto solo grazie al suo latte si alimentavano i bambini che altrimenti sarebbero morti di tubercolosi».
La guerra è appena finita, fame, miseria, campagne desolate, le rovine dei bombardamenti che marcano i confini dei quartieri di una città spettrale. Ci sono le vie dritte e tutte uguali che si allungano verso il mare, percorse giorno e notte dai camion e dalle jeep dell’Amgot, il governo militare alleato dei territori occupati.
Soldati al bivacco, ruffiani, borsa nera, la ripresa dei commerci mafiosi con i boss che si scoprono da un giorno all’altro tutti antifascisti. E su c’è Altarello di Baida, aggrappata alla collina, che sembra un villaggio fantasma. Dietro, fra Pioppo e Giacalone, la montagna con i suoi strapiombi fa riecheggiare le scorrerie di banditi che vogliono staccare l’isola dall’Italia. Da quelle parti un comunista in casa non è ben visto.
Pio La Torre è un giovane attivista politico. Apre una sezione a pochi passi dalla sua borgata, un’altra a Boccadifalco, la terza ai Chiavelli. In famiglia ci sono sempre discussioni, liti. Il dolore un giorno diventa paura, quando bruciano la piccola stalla dei La Torre. Consigliano ai genitori che quel loro figlio «certi discorsi non li deve fare». Il padre minaccia di cacciarlo. Pio è costretto a scegliere: o la famiglia o il partito. Sceglie il partito. La Lega dei braccianti, la Federterra, la Cgil.
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